La ripresa delle grandi economie mondiali (Stati Uniti, Cina e India in particolare) ha determinato un forte aumento della domanda di gas. Il quadro geopolitico, con le crisi in Kazakistan e Ucraina, sta esacerbando le tensioni sui prezzi. Il costo dell’energia elettrica sale perché è aumentato di oltre quattro volte il prezzo del gas rispetto alla media degli ultimi anni (oggi è di 85 €/MWh a fronte di 20 €/MWh in media negli scorsi anni) con cui viene prodotta la maggior parte dell’elettricità in Italia e in molti Paesi europei.

Se sulle cause del caro prezzi l’Italia non ha controllo, così non è per le soluzioni.

Certamente non è una soluzione la misura di taglio dei ricavi introdotta dal Governo con il DL Sostegni Ter, attualmente in corso di conversione in Parlamento. Si tratta di un meccanismo che in estrema sintesi mette a grave rischio il corretto svolgimento delle dinamiche di mercato, riduce l’attrattività del nostro Paese per gli investitori e non risolve minimamente la situazione emergenziale in corso.

Il DL rappresenta un vero e proprio bastone tra le ruote nel processo di riforma strutturale del sistema elettrico per stimolare la crescita delle fonti rinnovabili, le uniche che stanno già riducendo i prezzi e che contribuiscono a contenere l’impatto della volatilità del prezzo del gas.

Auspichiamo che il Governo possa rivedere la sua posizione e coinvolgere le associazioni dei produttori di energia in un tavolo di lavoro insieme ai consumatori e alle associazioni ambientaliste al fine di evitare i probabilissimi contenziosi a cui si andrà incontro e che già in passato hanno visto giudizi di incostituzionalità da parte della Consulta su misure simili come la Robin Tax.

Tra le misure strutturali e più efficaci per ridurre i costi in bolletta ci sono i contratti di acquisto a lungo termine di energia elettrica da fonti rinnovabili, i Power Purchase Agreements (PPA). Sono gli strumenti che la Commissione europea nel suo Toolbox for action and support dell’ottobre scorso ha indicato tra le misure che gli Stati Membri devono promuovere nel breve termine per contenere gli aumenti dei prezzi dell’elettricità.

Il suggerimento dell’Unione europea calza a pennello per l’Italia, un Paese che è un netto importatore di energia. L’acuirsi della volatilità del prezzo del gas ricorda la necessità di una visione più lungimirante - tanto da parte delle imprese quanto da parte delle Pubbliche Amministrazioni - nelle scelte di approvvigionamento dell’energia. Tali scelte porteranno inevitabilmente verso contratti a lungo termine per l’acquisto di elettricità rinnovabile piuttosto che un’ottica a corto raggio che finora ha fatto prediligere acquisti sul mercato spot.

I PPA, infatti, grazie all’elevata flessibilità in base alle esigenze e disponibilità di clienti e produttori, presentano più vantaggi:

  1. 1.    garantiscono al produttore la sostenibilità economica dell’investimento per realizzare l’impianto rinnovabile (nuove installazioni e/o ripotenziamento degli impianti esistenti) tramite una remunerazione certa a medio-lungo termine e
  2. 2.    offrono al consumatore una fornitura duratura e continua di energia verde a un prezzo predefinito perché sganciato dalla volatilità dei prezzi sul mercato.

C’è anche un terzo beneficio di grande importanza.

I contratti di lungo periodo possono dare una forte accelerazione alle nuove installazioni rinnovabili, un cambio di marcia necessario considerando il forte ritardo accumulato nel percorso di transizione dall’Italia che deve installare almeno 70 nuovi GW di capacità rinnovabile per centrare il target europeo del Green Deal.

In Italia oggi è già possibile sottoscrivere dei PPA con un prezzo fisso per 20 anni inferiore a 68 €/MWh, come dimostra il prezzo assegnato dalle aste del DM FER 1 per eolico e fotovoltaico.

Se oggi avessimo già raggiunto l’obiettivo del Green Deal al 2030 – ossia il 72% di rinnovabili nel mix elettrico – la bolletta elettrica nazionale avrebbe un costo di 45 miliardi di euro e non di 75 miliardi di euro per il 2021.

Ovvero l’Italia risparmierebbe 30 miliardi!

In altre parole, se avessimo il mix elettrico al 72% di rinnovabili la nostra bolletta elettrica sarebbe stata al riparo dagli sbalzi fuori controllo del prezzo del gas.

I dati di Re-Source, piattaforma europea per il monitoraggio dei corporate PPA, indicano che l’Italia è tra i fanalini di coda dell’Unione europea per contratti a lungo termine sottoscritti: nel 2021, a fronte di 8 TWh di nuova energia contrattualizzata in Europa, la quota italiana ammonta a circa 0,4 TWh (5% del totale).

L’arretratezza italiana si deve all’assenza di piattaforme apposite per facilitare la stipula dei PPA e di strumenti per mitigare i rischi di controparte (finanziari e di mercato) e i costi legati alle garanzie. Quest’ultimi rappresentano infatti una delle principali, se non la principale, barriera attuale allo sviluppo dei PPA in Italia.

Da un lato, l’art. 28 del DL 8 novembre 2021, n.199 per l’attuazione della Direttiva UE RED II compie dei passi in avanti per la promozione dei PPA perché prevede la realizzazione di strumenti di gara per gli acquisti energetici verdi della Pubblica Amministrazione e l’aggiornamento delle linee guida per i gruppi di acquisto.

Dall’altro, fa un passo indietro. La piattaforma per la stipula di PPA (inizialmente prevista dall’art. 18 al DM FER 1, ora abrogato), indispensabile per far decollare questi contratti, verrà realizzata solo dopo la creazione di una Bacheca informativa per l’incontro tra potenziale domanda e offerta, e solo se si registrerà un consistente interesse a finalizzare i contratti.

Le gare di fornitura di energia da FER tramite PPA alla Pubblica Amministrazione e la Bacheca PPA sono appena state oggetto di due consultazioni, da parte di Consip e GME, a cui l’Associazione ha inviato un proprio contributo. Sulle linee guida per i gruppi di acquisto invece si è in attesa di novità dall’ARERA.

Secondo Elettricità Futura, occorre procedere subito a pianificare e implementare la Piattaforma, per la quale era stata già svolta una consultazione con gli operatori nel 2020.

Per essere realmente efficace, la Piattaforma dovrà incorporare una soluzione per mitigare i costi di transazione e i rischi di controparte, introducendo una controparte neutrale (ad es. il GME) a cui verrebbero affidati i compiti di rispondere direttamente dell’adempimento di ciascun operatore, gestire il sistema di garanzie, sovrintendere alla corretta implementazione delle procedure di pagamento e consegna. A questo meccanismo potrebbe essere affiancato anche un acquirente di ultima istanza (ad es. GSE) che subentrerebbe nel contratto in caso di fallimento della controparte acquirente.

Il caro prezzi dell’energia può e deve essere per l’Italia un’ulteriore leva propulsiva della transizione verso le rinnovabili piuttosto che una minaccia per le nostre imprese. Come ha di recente sostenuto anche la Presidente della BCE Lagarde, produrre energia rinnovabile nel nostro Paese è la strada maestra per aumentare l’indipendenza energetica dell’Italia e la competitività delle nostre industrie, rispettando il target clima stabilito dall’Unione Europea.