Nonostante gli effetti devastanti del Covid-19 sull’economia, sia diretti (lockdown) che indiretti, il 2020 ha globalmente registrato un ulteriore record nella stipula di PPA. Secondo i dati resi noti da Bloomberg: 23,7 GW, con incremento del 17,9% sul 2019 (20,1 GW).  Un risultato oltre tutto conseguito malgrado il robusto calo dell’apporto del continente americano: 13,6 GW contro i 16,3 GW dell’anno precedente, su cui ha soprattutto pesato la diminuzione dei PPA stipulati negli Stati Uniti (11,9 GW), che erano i tradizionali motori della loro crescita. Un rallentamento certamente influenzato dalle incertezze sull’esito delle elezioni presidenziali, con ripercussioni negative sulla politica energetico-climatica in caso di vittoria di Trump. Anche l’America latina, per quanto numericamente poco influente, non è però stata da meno (1,5 GW vs. 2 GW nel 2019).

A più che compensare il calo americano è stato il volume di PPA in EMEA (Europe, Middle East, Africa), di fatto in Europa: 7,2 GW, quasi triplicato rispetto ai 2,6 GW del 2019. Un exploit che va attribuito soprattutto alla Spagna, passata da 0,3 GW dell’anno precedente a 4,2 GW: 58% del totale EMEA.

Il boom spagnolo è conseguenza diretta dell’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, molto competitivi anche grazie alla loro numerosità, come confermano sia i risultati delle aste competitive, sia il prezzo medio di compravendita dell’energia nei contratti stipulati con PPA: 35,63 €/MWh, contro 41,61 in Germania, 42,60 in Francia, 42,86 in Italia.

Anche se rimane ancora modesta (2,9 GW) la capacità dei PPA stipulati nell’area APAC (Asia Pacific) è stata 2,4 volte quella del 2019, con Taiwan a fare la parte del leone: 1,25 GW.

Malgrado la crescita del volume di PPA, il numero di venditori è rimasto piuttosto ristretto e, non a caso, al primo posto si è classificata la spagnola Iberdrola che, insieme a pochi altri operatori - Lightsource BP, RWE, Orsted, WPD – ha controllato quasi il 60% del mercato.

Nel 2020 i più grandi acquirenti di PPA erano invece tre giganti del web: Amazon, Google e Facebook, con i primi due attivi anche nella produzione di elettricità rinnovabile. Sono, infatti, proprietari di circa un quinto della capacità degli im­pianti americani a fonti rinnova­bili, realizzati da aziende private o da investitori istituzionali.

Inoltre, nella parte alta della classifica erano presenti imprese che in tal modo realizzano il “greening” di attività a elevato impatto ambientale diretto o indiretto, come Total, General Motors, Dow Chemicals, Verizon.

Secondo il rapporto IEA “Renewables 2021”, nei primi undici mesi del 2021 i volumi di PPA sono rimasti sostenuti, specialmente in Europa e in Nord America, in misura tale da realizzare a fine anno un nuovo record di capacità. Questo, malgrado l’elevata inflazione che ha colpito queste due aree e, in Europa, l’impatto dell’eccezionale rincaro dell’energia elettrica.

Evidentemente agli occhi dei produttori e dei grandi consumatori di energia proprio queste improvvise e - da molti impreviste- fiammate dei prezzi hanno rivalutato il “fattore certezza”.  

Viceversa, in passato, quando per molto tempo i prezzi dei contratti a lungo termine sono rimasti un pò più elevati di quelli spot, ha prevalso la scelta di dismettere i primi a favore dei secondi. È accaduto con i contratti “take or pay” per l’approvvigionamento del gas, di cui oggi paghiamo le conseguenze. Nel caso del mercato elettrico, malgrado la prima Direttiva europea in alternativa alla contrattazione a pronti prevedesse un’asta competitiva per l’acquisto a lungo termine di kWh a prezzo predeterminato, quest’opzione è stata rifiutata a priori dagli operatori, diffondendo dovunque, anche nelle istituzioni europee, il convincimento che la contrattazione a pronti fosse lo strumento più efficiente ed efficace.

Gli effetti negativi dell’incertezza in un business capital intensive, caratterizzato da investimenti che richiedono decenni per ripagarsi, sono oggi accentuati dalla crescita di eolico e fotovoltaico, con un costo dell’energia determinato quasi per intero dagli oneri di capitale. Tendono quindi a privilegiare un mercato alternativo a quello spot, oltre tutto destinato a crescere automaticamente con la progressiva realizzazione di nuovi impianti rinnovabili, la cui bancabilità sarà per lo più resa possibile soltanto dalla partecipazione ad aste competitive o dalla stipula di PPA, come peraltro sta già avvenendo in Spagna con prezzi del kWh contenuti.

Inoltre, a ridurre ulteriormente le incertezze create dalla non sempre prevedibile produzione eolica e fotovoltaica, provvederà l’abbinamento agli impianti di batterie a flusso, in cui un elettrolita liquido contenuto in un serbatoio a monte fluisce nelle celle elettrochimiche, dove l’energia elettrica è convertita in energia chimica, che a sua volta viene accumulata in un serbatoio a valle, da cui ritorna nelle celle per essere riconvertita in energia elettrica. Le celle elettrochimiche sono dimensionate sulla potenza dell’impianto a fonti rinnovabili cui vanno abbinate, mentre il volume e la densità energetica degli elettroliti contenuti nei serbatoi definiscono l’energia che si riesce ad accumulare. In diversi paesi, fra cui l’Italia, non siamo lontani dalla commercializzazione di soluzioni in grado di portare la densità energetica dell’elettrolita a valori tali da consentire a costi competitivi accumuli di durata da 12 ore in su, in modo da rendere più programmabile la produzione eolica e fotovoltaica.