La Cina ha appena finito i festeggiamenti per i 70 anni della sua Repubblica Popolare. E viene da chiedersi: come ha fatto un paese basato sull’industria pesante e sul carbone a diventare leader nell’hi-tech, nelle rinnovabili e nell’auto elettrica?
La grande forza della Cina sta negli investimenti in ricerca e sviluppo ai quali ha destinato ingenti risorse negli ultimi decenni. E non si tratta solo di investimenti tecnologici da parte delle imprese ma anche e soprattutto di formazione del capitale umano. Per 20-30 anni sono stati mandati all’estero milioni di studenti: almeno 100.000 ogni anno, la maggior parte dei quali verso facoltà scientifiche. Una capacità, quella della Cina, di investire in innovazione sul lungo termine che ha fatto anche nascere tante controversie: ci sono stati anche molti casi di furto di proprietà intellettuale, che è parte della controversia attuale tra Usa e Cina. Ma tale capacità di investimento nel capitale umano difficilmente si trova in altri parti del mondo, tantomeno da noi. Tuttavia, è bene specificare che queste nuove industrie innovative, come nel resto del mondo, non sono in grado di sostituire le produzioni a base di carbone o di idrocarburi. Sono due cose separate. Ancora oggi, infatti, gran parte dell’energia prodotta in Cina proviene dal carbone (circa 60%) e dagli idrocarburi che, almeno sul breve termine non possono definirsi “sostituibili”. Per questa ragione l’industria pesante e del carbone non sono state smantellate, né lo saranno nei prossimi anni. Le fonti fossili sono ancora l’elemento trainante di un processo che, per quanto ben avviato, sarà ancora lungo.
Eppure il comparto “green” in Cina c’è già, e va dall’estrazione delle materie prime alle smart grid, passando dalla mobilità elettrica e le tecnologie legate al fotovoltaico.
Ad oggi la Cina è il paese che investe di più nelle energie rinnovabili - il 45% del totale mondiale nel 2017 secondo IRENA – e detiene il primato nella registrazione di brevetti nel campo delle tecnologie green. Anche sul fronte della generazione la Cina è stata di gran lunga il principale investitore globale in nuova capacità da fonti rinnovabili nell’ultimo decennio, spendendo quasi il doppio degli Stati Uniti. Si tratta quindi certamente di un settore strategico e in espansione, per quanto tuttavia non sia ancora il settore dominante. Le rinnovabili rispondono più che altro ad una necessità che nasce da un grande problema interno e internazionale: quello legato all’inquinamento che sta danneggiando pesantemente l’economia cinese. La Cina continua a essere di gran lunga il principale emettitore globale di gas a effetto serra al mondo e quello con la maggiore dipendenza dal carbone. Difficile immaginare che questo cambierà in tempi brevi.
In questo processo come si colloca la guerra tariffaria con gli Stati Uniti? Da cosa nasce lo scontro? E che effetti avrà?
C’è una contrapposizione tra questi due paesi che nasce da un problema antico fra Cina e mondo occidentale, o meglio fra Cina e resto del mondo e afferisce alla trattativa sull’ingresso della Cina nel World Trade Organization (WTO). Questo accordo, firmato alla fine degli anni ‘90, prevedeva che nell’arco di qualche anno, la Cina aprisse il suo mercato e divenisse parte di un’economia mondiale aperta. Per varie ragioni questo non è accaduto e l’accordo è finito praticamente nel dimenticatoio. Nel frattempo, però, la Cina è diventata la seconda economia del mondo e la prima potenza commerciale generando un terremoto, di bassa intensità, ma molto profondo e ampio, in tutto il commercio mondiale. Gli Stati Uniti stanno cercando di risolvere questo problema da soli – pensando erroneamente che un accordo con la Cina fosse facilmente raggiungibile - e questo fa percepire ai cinesi che il problema sia bilaterale, cioè fra Cina e USA e non fra Cina e resto del mondo. Tuttavia, a mio parere, queste due percezioni del problema, sia quella cinese che quella americana, sono sbagliate, perché c’è un problema di integrazione della Cina in un contesto mondiale. Come verrà gestita questa evoluzione non si sa, e non si può escludere il peggio, compreso un peggioramento delle relazioni bilaterali e multilaterali.
La guerra commerciale in corso favorirà la creazione di nuovi assi commerciali tra la Cina ed altre aree del globo? Quali saranno i prossimi alleati di Pechino?
È presto per dire se la guerra commerciale in corso con gli USA creerà nuovi assi commerciali. Siamo ancora alle prime battute e la posta in palio va oltre le mere questioni commerciali: c’è la questione della tecnologia, dei diritti umani, delle questioni strategiche…difficile prevedere cosa accadrà. Anche sul fronte dell’energia è difficile al momento osservare nuove alleanze, la guerra è ancora nella sua fase commerciale e non ha toccato le questioni energetiche, né sul tema delle tecnologie né su quello del procacciamento delle materie prime. Per quanto riguarda l’Europa, bisogna considerare il legame che negli anni ha stretto con gli Stati Uniti e viceversa. Immaginarsi un cambio di schieramento da parte dell’UE è impensabile.