Nel ciclo di incontri con la politica la federazione ribadisce la necessità di investimenti e regolazione.
I prossimi appuntamenti il 26 febbraio con il Partito Democratico e il 1 marzo con Forza Italia
L'economia circolare, la sostenibilità, una regolazione che offra un quadro stabile entro cui muoversi con maggiore sicurezza per gli investimenti e che al tempo stesso garantisca sia i cittadini che le aziende, infine l'innovazione e l'attenzione particolare verso le città. Sono questi i capisaldi della visione di Utilitalia che si stanno affermando con il ciclo di incontri pre-elettorali che la federazione ha organizzato da dicembre ad oggi.
A tutte le forze politiche - dopo Di Maio (M5S), Salvini (LEGA), e Grasso (LeU), gli ultimi due saranno Ettore Rosato il 26 febbraio per il partito Democratico e Renato Brunetta il 1 marzo per Forza Italia - il sistema delle utilities locali operanti nei settori dell’energia, dell’ambiente, dell’acqua, sta sottoponendo le stesse riflessioni insistendo sulla necessità di investimenti e regolazione.
Come ha ricordato il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti in un recente intervento sul Corriere della Sera, “il nostro è il Paese dei piccoli comuni. Il 70% di questi ha una popolazione pari o inferiore ai 5 mila abitanti. Ma nel 3,4% dei comuni ad alta urbanizzazione risiede il 33,4% della popolazione. I trend demografici prevedono un processo di nuova urbanizzazione, le città sono diventate e diventeranno sempre più attrattive per i giovani, per le nuove famiglie e per gli anziani bisognosi di servizi”.
E’ per questo che la nostra federazione sta concentrando nelle città le proprie proposte di sviluppo dei sistemi economici e sottolineando il ruolo trainante delle aziende di servizi pubblici locali.
Sono infatti le città per prime a conoscere le più gravi emergenze ambientali e gestionali (dal superamento delle soglie di inquinamento dell’aria, alla gestione della siccità dell’estate trascorsa, dalla crisi dai rifiuti, allo smog per traffico e riscaldamenti). È per questo che proprio a partire dalle città si può valutare la lungimiranza di una buona politica e quindi il progresso del Paese.
C’è un’Italia iniqua, a più velocità, che rende i cittadini di serie A o di serie B a seconda di dove si nasce e risiede. C'è un pezzo d'Italia che attraverso le aziende efficienti fa fronte ogni giorno alle sfide ambientali, climatiche, idriche, ed energetiche (come dimostra il censimento 'UTILI ALL’ITALIA' con il quale la federazione ha catalogato oltre 270 progetti realizzati dalle nostre imprese negli ultimi tre anni) e c’è una parte del Paese in grave un ritardo.
Per rendere omogeneo il territorio servono efficienza e qualità aziendali, ma anche una visione saggia della politica ed una partecipazione più diretta dei cittadini. Un “piano per i centri urbani”, ad esempio, che integri le Strategie Nazionali energetiche idriche e ambientali, sarebbe un buon punto di partenza. Significherebbe programmazione, investimenti, industria, capacità ingegneristiche e progettuali. Sfide per le quali le utilities impegnate sul territorio costituiscono il partner ideale.
I dati economici e sociali già oggi dimostrano che dove le imprese sono industrialmente “forti”, si riesce a investire adeguatamente e a offrire performance di eccellenza. Indipendentemente dal proprio assetto proprietario, le imprese dovranno essere giudicate dal livello di efficienza.
Diventa fondamentale, in questo, il ruolo della regolazione, soprattutto per dare stabilità ai settori, per le infrastrutture e per i mercati, e anche come garanzia per i consumatori e per una sana 'concorrenza'.
L'ARERA, l'Autorità di regolazione, deve rappresentare il tassello centrale di un sistema di tutele che garantisca i cittadini - con un’attenzione particolare alle fasce svantaggiate - e che nel tempo spinga le imprese all’efficienza con conseguente riduzione dei costi.
Per quanto riguarda l'energia, alla maturità industriale del settore si affiancano le novità imposte dalle nuove tecnologie, che a regime permetteranno di avere energia più pulita a costi minori, con minore dipendenza da importazioni e maggiore centralità del cittadino anche nelle fasi di produzione e non solo di consumo. Tra le sfide da cogliere: rendere il consumatore centrale nel processo di apertura del mercato e nella diffusione delle nuove opportunità tecnologiche, in modo da valorizzare il suo contributo per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale; investire nell’efficienza energetica come volano per la decarbonizzazione e il rilancio economico; sostenere gli investimenti infrastrutturali, in particolare per quanto riguarda le applicazioni nelle reti di distribuzione, essenziali per la gestione in sicurezza delle reti.
Il settore idrico deve invece fare i conti con gli effetti, ormai evidenti nel nostro Paese e non solo, dei cambiamenti climatici, ragionando in un’ottica di prevenzione e pensando a soluzioni strutturali sia per le crisi legate alla mancanza d'acqua sia per gli eventi estremi e le alluvioni. Non si tratta più di eventi da considerare eccezionali bensì vanno intesi come una diversa condizione strutturale con cui ci si dovrà confrontare sempre più spesso. L’attuale stato delle infrastrutture idriche non consente più di affidarsi al caso, serve piuttosto un cambio di passo. Se la siccità è colpa del cambiamento climatico, la crisi idrica è invece una colpa nostra come del resto dimostra lo stato di vetustà delle reti (il 25% di esse presenta un’età superiore ai 50 anni) e le correlate dispersioni idriche ammontanti in media al 38%.
Si deve pensare per esempio a concretizzare una Strategia Idrica Nazionale (SIN), ovvero un Piano di opere destinate ad elevare la resilienza del sistema idrico italiano nella sfida ai cambiamenti climatici. Di certo un aumento sostanziale del volume degli investimenti (almeno 5 miliardi all'anno) è essenziale per far fronte all’inadeguatezza dell’attuale infrastruttura ed adattarsi al nuovo contesto climatico.
C'è poi l'economia circolare, che per il settore ambientale diventa il nucleo attorno al quale costruire strategie e pianificazioni dedicate. In questa prospettiva la raccolta differenziata diventa una fase fondamentale del ciclo di gestione dei rifiuti e delle risorse. Efficienza ed economicità delle raccolte, ma anche fattibilità tecnica e sostenibilità economica del riciclo sono strettamente connesse sia alla riciclabilità dei prodotti, sia alla presenza di impianti di recupero dei rifiuti. E dove il riutilizzo non sarà possibile, l’unica possibilità di recupero è la valorizzazione energetica. Per arrivare anche in quest'ambito a una vera industrializzazione è necessario estendere e rendere più efficace la responsabilità estesa del produttore affinché i costi ambientali della gestione dei rifiuti ricadano sui produttori, promuovere la transizione a una tariffa corrispettiva in luogo della tassa (con l'importante ruolo di ARERA, nel pieno rispetto del principio dal respiro europeo del 'chi inquina paga') e promuovere e favorire il passaggio da tanti piccoli operatori a un gestore unico per ogni ambito territoriale.
Perché tutto questo possa davvero succedere serve una politica lungimirante. Serve uscire dalle contrapposizioni tra livelli di governo ed ambiti di specifica responsabilità, serve un patto per lo sviluppo, capace di mettere attorno allo stesso tavolo tutti gli attori principali: lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali, le Imprese di pubblici servizi.