Il dibattito che si continua a sviluppare sull’industria della raffinazione italiana è stantio e basato su luoghi comuni vecchi di decenni. Si sente ripetere della bassa redditività che allontana ogni possibilità di nuovi investimenti e che porta inevitabilmente alla chiusura degli impianti. Non sono state mai individuate le cause profonde della crisi del settore e soprattutto non si è mai definita una prospettiva per il futuro. Nell’era della comunicazione, le chiusure di impianti vengono chiamate spesso riconversioni (in depositi, in bioraffinerie, in supporti logistici), ma comunque prevedono la fermata permanente degli impianti industriali ed il loro smantellamento.
Nell’ambito del “Green Deal”, una delle legislazioni più dibattute a livello europeo è il Regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari: la cosiddetta “tassonomia” dell’Unione Europea, un sistema di classificazione a base scientifica che dovrà diventare il riferimento globale per definire se un’attività economica può essere considerata sostenibile da un punto di vista ambientale.
Come noto, decarbonizzare il settore dei trasporti rappresenta una delle priorità strategiche e delle principali sfide a livello globale, e quindi anche dell’Unione Europea e degli Stati Membri. Le soluzioni sono necessariamente diverse a seconda del comparto in esame: trasporto privato, mezzi pesanti, settore marittimo ed aeronautico. In particolare, il ricorso ai combustibili alternativi sostenibili si pone, almeno nel breve-medio termine, come un’opzione necessaria per gli ambiti dove l’introduzione dell’energia elettrica e dell’idrogeno rinnovabili risulta più complessa, e cioè – appunto – sui mezzi aerei, nelle navi e nei mezzi pesanti.