Cosa di positivo ci ha lasciato in dote il 2024 e quali sono le difficoltà che invece ancora si stagliano all’orizzonte delle rinnovabili nel nostro Paese? Abbiamo da poco presentato i risultati del nostro Renewable Energy Report 2025 che è stato appunto l’occasione per tirare le fila di un percorso che, tra alti e bassi, ha però indubbiamente ridisegnato il sistema energetico del nostro Paese.

La buona notizia è che abbiamo consolidato una “nuova normalità” nel livello di installazioni da rinnovabili attorno ai 6 GW all’anno. Certo in larghissima parte questo dipende dal fotovoltaico ed il contributo dell’eolico (che si è fermato 612 MW di installazioni, anche se facendo segnare un +26% rispetto all’anno precedente) è risultato ancora troppo limitato. È però indubbio che siamo usciti dal mercato asfittico che ha caratterizzato il lungo periodo di transizione dal 2014 al 2022 e abbiamo ripreso con più decisione il cammino.

Tra le ragioni è opportuno sottolineare alcune positive dinamiche strutturali. In primo luogo, la progressiva crescita delle taglie medie degli impianti: nel 2024 il 43 % della potenza fotovoltaica autorizzata proviene da installazioni di scala pari o superiore al MW, quasi il doppio della quota registrata soltanto un anno prima. Tale salto dimensionale, combinato con un’evoluzione favorevole delle curve di costo dei moduli e dei sistemi di accumulo, ha contribuito a stabilizzare il Levelised Cost of Electricity (LCOE) del solare utility‑scale fra 55 e 75 €/MWh, mentre per l’eolico on‑shore il range si colloca fra 70 e 95 €/MWh. All’interno di questi intervalli, la componente incentivante continua a svolgere un ruolo dirimente: l’ultima tornata di gare del FER‑1 è stata saturata soltanto dopo l’elevazione della base d’asta a 75 €/MWh, mentre lo schema transitorio FER‑X — che mette in asta 14 GW tra fotovoltaico ed eolico con tetti remunerativi fino a 95 €/MWh — promette di rilanciare ulteriormente la redditività, spingendo il tasso interno di rendimento (IRR) dei progetti verso soglie che si possono considerare adeguate.

Sul versante infrastrutturale, il Piano di Sviluppo 2025‑34 predisposto da Terna mobilita investimenti per 23 miliardi di euro destinati all’ammodernamento della rete di trasmissione e alla digitalizzazione dei nodi di scambio, con l’obiettivo di liberare circa 39 GW di capacità di transito aggiuntiva tra le zone di mercato.

Certo non mancano le difficoltà. Il cumulato nazionale raggiunge 50 GW di capacità solare e 13 GW di eolica, valori ancora distanti dai 107 GW complessivi auspicati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) al 2030. Un semplice esercizio prospettico mostra che sarebbe necessario incrementare il passo attuale di almeno il 40% in ciascun esercizio residuo per colmare il gap nell’intervallo temporale residuo.

Ed i presupposti per l’accelerazione ulteriore purtroppo non ci sono ancora. Il segmento residenziale ha sperimentato un marcato rallentamento a seguito della progressiva riduzione delle aliquote del Superbonus, con un decremento di 629 MW nell’arco di dodici mesi. Gli incentivi per il comparto autoconsumatori collettivi e le comunità energetiche rinnovabili (CACER) non hanno ancora prodotto volumi significativi. L’iniziativa «Energy Release» — volta a fornire energia da fonte rinnovabile a prezzo calmierato attraverso contratti di lungo termine — ha registrato una domanda superiore alle aspettative, ma l’accesso è stato circoscritto alle sole imprese a forte consumo di energia, lasciando scoperta la platea ben più ampia delle PMI e dei soggetti non energivori. Contestualmente, la cessazione dello storico meccanismo di scambio sul posto introduce un elemento di incertezza per i soggetti industriali di piccola e media taglia, i quali devono ora valutare forme alternative di valorizzazione dell’energia in un contesto di volatilità dei prezzi e di esposizione al rischio merchant sempre più pronunciato. Permane, inoltre, l’indeterminatezza in merito alla definizione delle cosiddette aree idonee: la normativa di rango primario è stata adottata, ma la mappatura puntuale, cui è demandata l’efficacia del meccanismo di fast‑track autorizzativo, risulta tuttora aggrovigliata tra corsi e ricorsi. Similmente, il FER‑X rimane un dispositivo temporaneo, in attesa di un nuovo decreto “a regime” (previsto inizialmente per questa estate) il cui ritardo rischia di determinare vuoti di programmazione e una ulteriore finestra di incertezza.

A ciò si aggiungono i 161 GW di progetti già depositati presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, una pipeline che, se opportunamente filtrata per maturità autorizzativa, risulterebbe largamente eccedente rispetto al fabbisogno teorico di breve‑medio periodo, ma che invece ingolfa il sistema e rende i tempi di autorizzazione multipli di anni.

Dobbiamo seriamente affrontare questi blocker per fare l’ulteriore “scalino” nelle installazioni da rinnovabili. Abbiamo le competenze, i capitali e la consapevolezza necessaria per farlo. Ho però il timore che per fare questo salto ci serva qualcosa in più che un semplice aggiustamento delle basi d’asta, servirebbe un ridisegno davvero più coraggioso della normativa e dei processi autorizzativi, e soprattutto un nuovo “patto nazionale” che superi l’attuale dicotomia tra centralizzazione e decentralizzazione e indirizzi in maniera efficace i diversi livelli amministrativi del nostro Paese in vista di un obiettivo condiviso.