La situazione attuale della siccità in Italia registra una inversione di ruoli rispetto all’immaginario atteso che vede colpita da questo fenomeno l’Italia Meridionale e Insulare, mentre il Nord Italia è esente da questa piaga. Prendendo spunto dal titolo di un famoso film, il titolo di questo articolo potrebbe essere “Benvenuti al Sud”. Ma non c’è alcun motivo di dare il benvenuto a chi subisce gli effetti di questa situazione, in quanto più che mai in questo caso il mal comune non ispira alcun gaudio. Piuttosto vanno approfondite le cause per cui la siccità in Italia diventa troppo spesso emergenza cercando anche di proporre rimedi.
In realtà parlare di emergenza nel caso dei fenomeni di siccità prolungate è una contraddizione in termini. Infatti, la siccità si manifesta in un lungo raggio temporale e fornisce informazioni continuative sul suo progressivo aggravarsi. La mancanza di precipitazioni nevose e di precipitazioni nei periodi attesi, il grado di riempimento dei serbatoi di accumulo, il degrado qualitativo degli acquiferi sono tutti segnali che, con largo anticipo, indicano l’evidenza di probabili se non certe situazioni di significativa riduzione delle disponibilità idriche nei successivi periodi. Il confronto statistico con le serie storiche pregresse, combinata con la disponibilità di modelli matematici che prevedono l’andamento dei fenomeni climatici nel breve-medio termine, sono le informazioni essenziali che consentono, a chi gestisce i sistemi idrici anche complessi, di capire per tempo l’entità dello sbilanciamento fra offerta e domanda idrica e di identificare le opportune azioni per ridurre l’impatto negativo della siccità, anche con l’ausilio delle disponibilità dei modelli di simulazione e ottimizzazione che la tecnica mette a disposizione come supporto decisionale.
Allora perché situazioni come quella che stiamo vivendo nell’Italia Settentrionale, che si sono anche presentate più volte in passato anche se con intensità differenziate diventano regolarmente emergenze e spesso si trasformano in provvedimenti di protezione civile? Cosa non funziona? Pur con la coscienza che la risposta necessiterebbe di un ragionamento più organico di quello che può essere sviluppato in questa sede, si può affermare senza temere di essere smentito che la carenza principale sta nella mancanza di un livello decisionale corretto dove analizzare le informazioni e prendere per tempo le decisioni, sia nella fase programmatoria delle opere infrastrutturali atte al bilanciamento fra offerta e domanda nel medio- lungo termine che nella fase gestionale nel breve termine quando occorre ragionare a situazione infrastrutturale non modificabile. L’architettura istituzionale italiana è barocca e si è rilevata inadatta alla identificazione per tempo della probabilità del verificarsi per tempo di queste situazioni e più ancora nella capacità di identificare soluzioni che logicamente richiedono la composizione di interessi contrapposti, come quelli dell’agricoltura e della produzione idroelettrica nel caso specifico che stiamo vivendo, anche se esistono situazioni locali di difficolta di approvvigionamento ad uso civile.
Infatti, il trasferimento delle competenze dallo Stato centrale alle Regioni e il frazionamento delle competemze residue dello stato fra i diversi ministeri ha provocato un indebolimento del processo decisionale di fronte a fenomeni che hanno impatti su territori vasti che coprono molteplici regioni nel loro episodico manifestarsi, ma che prospetticamente, come cambiamento climatico, devono essere affrontati a livello nazionale e sovranazionale.
In realtà la legislazione italiana assegna alle Autorità di Distretto Idrografico il ruolo di composizione degli interessi nell’uso delle risorse idriche sia nella fase programmatoria che gestionale, ma in pratica queste istituzioni, dopo quasi venti anni dalla loro istituzione, si sono rivelate nella maggior parte dei casi deboli come capacità operativa e decisionale, e piuttosto complementari alle competenze istituzionali delle regioni. Anche la divisione delle competenze fra i diversi Ministeri (MIMS, MITE, MIPAFF, MISE) ha indebolito la capacità istituzionale dello stato centrale, anche nella fase di programmazione delle risorse economiche necessarie per la risoluzione delle problematiche di approvvigionamento idrico. È tempo di pensare ad una Agenzia unica statale dedicata alla pianificazione e gestione delle acque, guidata da un comitato permanente composto da rappresentanti dei diversi ministeri e con la partecipazione anche della Conferenza delle Regioni e delle Autorità di Distretto. Delle quali vanno ridefiniti compiti e strumenti attuativi.
Tornando alla situazione attuale è evidente che il cambiamento climatico sta estremizzando i fenomeni metereologici per cui nel Nord Italia la mancanza di infrastrutture idriche di compenso pluriennale non consente quel bilanciamento fra annate caratterizzate da precipitazioni molto diversificate quantitativamente. Quest’anno la presenza di queste strutture e una piovosità ordinaria consente di avere nel Sud Italia riserve idriche sufficienti per l’approvvigionamento per il periodo estivo e autunnale. Tuttavia, si tratta sempre di un equilibrio precario, in quanto se la prevista tendenza ad una diminuzione delle precipitazioni si consolidasse nella misura ipotizzata dagli scenari dell’IPCC, lo sbilanciamento fra domanda e offerta diventa strutturale. Anche se attualmente è difficile prevedere la reale intensità di questi fenomeni nel tempo, il loro verificarsi è altamente probabile e siamo già in ritardo rispetto alle soluzioni, che richiedono tempo e adeguati finanziamenti.
Cosa fare è presto detto: recuperare l’efficienza e la funzionalità delle infrastrutture esistenti, affidandone la gestione a soggetti con adeguate capacità, ridurre drasticamente le perdite nelle reti idriche civili e irrigue, migliorare l’efficienza dei sistemi di irrigazione, sviluppare il riuso delle acque trattate, verificare la necessità e la fattibilità di nuove infrastrutture di accumulo e produzione dove necessarie, valutandone i costi e i benefici partendo da scenari di raggiunta efficienza delle infrastrutture esistenti. In altre parole, l’analisi va sviluppata in un’ottica complessiva e non sulla singola proposta. Nel PNRR le misure di investimenti e riforme vanno in questa direzione, ma senza una regia centrale autorevole continuativa la loro efficacia risulterà effimera.