La siccità, che sta interessando in queste ultime settimane il  bacino de Po e non solo, sta avendo un impatto notevole anche sulla produzione delle centrali elettriche che sorgono nei pressi dell’area.

Per quanto l’emergenza sembra essere esplosa solo da poco, in realtà, gli effetti sulla produzione di elettricità derivanti dalla crisi idrica risalgono già a inizio anno, quando le centinaia di centraline idroelettriche di piccole dimensioni installate sui canali di bonifica e sugli affluenti minori vedono la loro produzione ai minimi storici degli ultimi 20 anni. Se questa miriade di impianti puntualmente non sposta il bilancio nazionale, è altresì vero che la loro mancata produzione o ancora peggio il fermo macchina, genera un ammanco energetico di portata non trascurabile.

Ad oggi, con l’acqua del Po si produce il 40% del Pil nazionale e il 55% dell’energia generata dall’idroelettrico. Parliamo, infatti, del bacino con la maggior potenza idroelettrica installata nel paese.  Un comparto, l’idroelettrico, messo in forte crisi dalla siccità, tanto che molti gestori,  a causa delle portate esigue per produrre energia, hanno deciso di non turbinare la rimanenza d’acqua degli invasi e di lasciarla defluire a valle a soccorso dell’agricoltura.

La genesi di questo scenario trova le sue origini già nell’anno passato, quando a partire da ottobre fino ad oggi, fatta eccezione per il mese di novembre, le medie precipitative sono sempre state abbondantemente inferiori alla norma, sia in termini di pioggia ma soprattutto di accumulo nevoso.

L’indice SWE, che mostra l’anomalia di manto nevoso, restituisce una situazione drammatica: gli accumuli annuali si sono attestati su valori più bassi del 70% rispetto alle medie e ad oggi ci troviamo nelle stesse condizioni che si verificherebbero ad agosto in un anno medio.

Questo ha fatto sì che tutti i bacini regolati fossero ai minimi storici, impedendo di fatto la generazione idroelettrica, sia nel caso delle centrali idroelettriche a bacino che di quelle ad acqua fluente, entrambe ai minimi storici di produzione. L'esempio più significativo è sicuramente la centrale idroelettrica di Isola Serafini, dove i quattro gruppi di produzione alimentati dalle turbine, a causa della bassa portata che si registra alla stazione idrometrica di Piacenza, sono tutti fermi. La centrale, la più grande per potenza nominale installata sul Po (80 MW), non può produrre con portate inferiori ai 200 m³/s e ad oggi la portata registrata all'idrometro di Piacenza è di soli 164 m³/s, al di sotto del minimo storico di lungo periodo di 180 m³/s ed anche molto inferiore rispetto alla media di 1.270 m³/s che dovrebbero transitare in questo periodo.

Se da un punto di vista del consumatore finale, lo spegnimento di una centrale non comporta di per sé un problema, da un punto di vista ambientale la criticità è di vasta scala, in quanto ci troviamo nella condizione in cui una fonte rinnovabile, come l'idroelettrico, deve essere sostituita da un'altra, che potrebbe essere anche una fonte fossile, andando così a gravare sulle emissioni di CO2 del distretto. Ma non è solamente l'idroelettrico a preoccupare, visto che molte centrali termoelettriche utilizzano l'acqua del grande fiume per il raffreddamento dei macchinari.  Le portate e i livelli così bassi di quest'ultimo periodo non permettono, infatti, alle pompe di pescaggio di riuscire a garantire un flusso costante di acqua, riducendo o fermando l'attività di queste centrali. Ad oggi le più importanti centrali sul Po sono spente o fortemente limitate. La centrale di Sermide risulta già inattiva da una settimana; Ostiglia ha fortemente ridotto la sua produzione, mentre Castel San Giovanni è l'unica che attualmente riesce ancora ad operare, se pur prossima a valori di allerta. Anche le centrali sugli affluenti, come le centrali termoelettriche di Cassano Tavazzano e Turbigo, operano con difficoltà a causa delle portate molto basse degli affluenti del Po, che soprattutto nella sponda di destra rasentano i minimi con valori prossimi al Deflusso minimo vitale/deflusso ecologico (DMV/DE), inteso come il minimo quantitativo d’acqua che serve per mantenere integra la vita.

Lo scenario che ci aspettiamo nei prossimi giorni è quello di una stabilizzazione delle portate attuabile solamente con una riduzione dei prelievi a scopo irriguo: questo per garantire un approvvigionamento potabile sicuro nella zona del Delta, come sancito dalle leggi europee, che vedono nella gerarchia degli usi, l'idro potabile al vertice della piramide, seguito da habitat, agricoltura e solo in ultimo utilizzi industriali, di cui il comparto energetico fa parte. Tuttavia, andrebbe sottolineato, come secondo altre norme europee le fonti rinnovabili dovrebbero avere priorità sugli altri utilizzi.

La situazione è preoccupante e il comparto idroelettrico o in generale il comparto energetico non potrà riprendere la produzione nel breve periodo, ma sarà necessario un recupero importante in termini di portate e conseguenti precipitazioni. Nel frattempo, l'autorità di bacino monitora costantemente la situazione e  ha un colloquio quotidiano con tutti i gestori delle centrali, allo scopo di amministrare nel migliore dei modi questo particolare stato di crisi.