Sale a 3 miliardi di euro il conto dei danni causati dalla siccità che assedia città e campagne, con autobotti e razionamenti; il Po in secca peggio che a Ferragosto, i laghi svuotati e i campi arsi dove i raccolti bruciano sui terreni senz’acqua. Esplodono i costi per le irrigazioni di soccorso per salvare le piantine assetate e per l’acquisto del cibo per gli animali con i foraggi bruciati dal caldo.

È quanto afferma la Coldiretti nel tracciare l’ultimo drammatico bilancio di un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate e produzioni agricole devastate. Un panorama rovente che peggiora con l’ondata di calore che porta le temperature oltre i 40 gradi, con le falde sempre più basse, mentre si moltiplicano le ordinanze dei comuni per il razionamento dell’acqua. In questa situazione di profonda crisi idrica – continua Coldiretti - oltre a prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti, è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso dell’acqua disponibile, dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, in un momento in cui, a causa degli effetti della guerra in Ucraina, l’Italia ha bisogno di tutto il suo potenziale produttivo nazionale.

Con l’Italia che perde ogni anno l’89% dell’acqua piovana serve subito una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione. “Accanto a misure immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo” come afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Quest’ultimo, nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi, chiede “che, a fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati con l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”. Una richiesta fatta propria dalle Regioni, con l’appello al Governo per lo stato di emergenza nel Nord Italia e per avere il supporto, a livello nazionale, della Protezione Civile.

Più di ¼ del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione con una situazione di grave siccità che riguarda le regioni del Sud e del Nord, dove la grande sete minaccia un territorio del bacino padano che rappresenta più del 30% del Made in Italy agroalimentare. Il Po al Ponte della Becca (Pavia) è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, più basso che a Ferragosto di un anno fa, con la siccità che colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le produzioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali.  L’assenza di precipitazioni – precisa la Coldiretti – colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo.

Una emergenza nazionale che riguarda coltivazioni ed allevamenti travolti da una catastrofe climatica che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003,la quale aveva decimato le produzioni agricole nazionali. La tendenza all’innalzamento della colonnina di mercurio è ormai strutturale in Italia dove – spiega la Coldiretti - la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine il 2018, il 2020, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003. Intanto l’Italia brucia con gli incendi triplicati nell’ultimo anno rispetto alla media storica, con un più di un rogo ogni due giorni dall’inizio del 2022, in un’estate che arriva dopo una primavera che si è classificata come la sesta più calda di sempre sul pianeta, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Effis.

Le alte temperature e l’assenza di precipitazioni hanno inaridito i terreni nelle aree più esposte al divampare delle fiamme. Una situazione drammatica spinta dal cambiamento climatico che favorisce incendi più frequenti e intensi, con un aumento globale di quelli estremi fino al 14% entro il 2030 e del 50% entro la fine del secolo secondo l’Onu. Una situazione devastante con un 2021 che in Italia ha visto – conclude Coldiretti – ben 150mila ettari di territorio da nord a sud del Paese inceneriti da 659 tempeste di fuoco.