Da più di due mesi il mondo sta vivendo una crisi che non ha precedenti: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato ad un contrasto, che non trova riscontro nella storia recente, e che vede opporsi la Russia, da una parte, e Stati Uniti ed Europa dall’altra, mentre il resto del mondo è diviso tra posizioni di neutralità e di condanna dell’intervento delle truppe russe.
Dopo una prima fase di incredulità, il conflitto, che nasce dalla profonda insoddisfazione della Russia per l’evoluzione del quadro geopolitico che è emerso dopo la fine dell’Unione Sovietica, con molte repubbliche entrate nell’orbita occidentale oltre a tutti i paesi dell’Europa dell’est, si è fatto sempre più aspro.
Lo scenario di un intervento lampo, con la destituzione del governo ucraino a favore di una dirigenza filo russa, si è rivelato irrealizzabile grazie alla resistenza dell’esercito ucraino e della popolazione gelosa della propria indipendenza, nonché del sostegno sul piano economico e militare dell’Occidente. Il fallimento delle trattative iniziali ha lasciato il campo all’allargamento e all’intensificarsi del conflitto sul piano economico e su quello militare, con l’Ucraina alla riconquista della propria integrità territoriale e la Russia alla ricerca di un successo adeguato al ruolo di grande potenza messo seriamente in discussione dall’andamento delle operazioni.
Il settore energetico è stato coinvolto dalla guerra sin dalle prime battute, anche se quella che stiamo vivendo non può essere considerata una crisi energetica come quelle che hanno visto contrapposti paesi consumatori e paesi produttori nel loro insieme (OPEC) o un singolo paese (Iraq).
In questo caso, la variabile energia è entrata in gioco per il ruolo delle importazioni russe di gas, di petrolio e di carbone nell’approvvigionamento dell’Europa: ruolo enormemente aumentato negli ultimi anni, anche a causa del declino della produzione indigena.
Nel momento in cui i paesi occidentali hanno deciso di sostenere la resistenza ucraina con misure economiche e finanziarie, l’idea di realizzare un embargo sulle importazioni di petrolio e di gas è apparso come uno strumento di fondamentale importanza per convincere la Russia a tornare indietro.
La messa in pratica di questa strategia si è, però, rivelata molto più difficile del previsto nonostante la ritrovata unità di intenti tra UE e Stati Uniti. Molti paesi europei si trovano nella condizione di non poter procedere in tempi brevi ad una completa riorganizzazione del loro sistema di approvvigionamento di gas e petrolio; da qui i continui rinvii nell’adozione di misure valide per tutti.
Dato il maggior peso delle importazioni di gas, è stata questa fonte ad attirare la maggiore attenzione anche per l’eccezionale aumento dei prezzi sul mercato internazionale, mentre il petrolio è stato considerato un tema più facile da affrontare, anche date le maggiori possibilità di diversificazione.
Con il passare del tempo e l’inseverimento della crisi, le conseguenze sul mercato petrolifero si sono però andate accentuando fornendo un notevole supporto alla lievitazione dei prezzi, in coincidenza con il problema del progressivo disinteresse a nuovi investimenti in vista della transizione energetica e delle speranze di un ben più rapido ingresso sul mercato delle fonti rinnovabili.
In contrasto con le speranze maturate nel corso del 2021, il nuovo anno è iniziato con molte nubi all’orizzonte sul piano economico e geopolitico; queste si sono riflesse sul prezzo del Brent che, a gennaio, ha chiuso in media a 86 doll/bbl rispetto alla media di dicembre di 74,4 doll/bbl. Una prima significativa scossa che ha riportato il mercato ai valori del 2014, l’anno dell’invasione della Crimea da parte della Russia su cui affondano le radici della attuale crisi.
Quotazioni Brent da gennaio a maggio 2022
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata
Anche sul mercato dei prodotti si sono manifestate le prime avvisaglie di difficoltà. La quotazione della benzina, sempre molto sensibile alle tensioni internazionali, a gennaio, è balzata in media mensile a 809,9 doll/ton contro i 721 del mese precedente, a sottolineare la rapida progressione della escalation dei prezzi arrivati a livelli di allarme per gli utenti finali. Il diesel si è portato a 748,3 doll/ton rispetto ai 650,4 di dicembre, ulteriore campanello di allarme per il prodotto che assicura il trasporto delle merci. La quotazione dell’olio combustibile, a basso tenore di zolfo, è salita a 548,3 doll/ton, mentre l’olio combustibile ad alto tenore di zolfo è stato quotato 469,1 doll/ton: in entrambi i casi si tratta di livelli che non si registravano dal lontano 2014.
A febbraio, con l’inizio dell’”Operazione Speciale”, secondo la definizione russa, cominciava un nuovo drammatico capitolo delle relazioni tra Russia ed Occidente con implicazioni negative e preoccupanti per tutta l’economia mondiale. Il mercato del petrolio si è mosso con sensibili rialzi scontando più un ulteriore peggioramento della situazione, che una effettiva mancanza di greggio e prodotti secondo il modello delle grandi crisi energetiche.
A marzo, quindi, il Brent si è attestato in media mensile a 117,2 doll/bbl: valore che ben sottolinea lo spessore della crisi che ha indotto il presidente Biden, preoccupato anche dalla forte riduzione degli stoccaggi commerciali, ad annunciare l’immissione sul mercato, nel periodo maggio-ottobre, di 180 milioni di barili tratti dalla riserva strategica, mentre i paesi OPEC hanno mostrato di non volersi impegnare sulla strada di forti aumenti produttivi con il pericolo di crolli che potrebbero danneggiare i loro interessi, ma anche quelli dell’alleata Russia.
Ad aprile la situazione si è fatta ancor più difficile con l’estensione delle operazioni militari, diventate sempre più massicce sino all’intero lato nord del Mar Nero ed al territorio della Transnistria, mentre i tentativi di mediazione non sono arrivati a risultati concreti. La quotazione media mensile è stata di circa 106 doll/bbl per il Brent, in riduzione rispetto a marzo, ma comunque indicativa dello stato di incertezza e di preoccupazione che si sta vivendo. Il tutto, tra l’altro, in un contesto che vede un certo rallentamento della domanda cinese.
Il mercato dei prodotti ha continuato a risentire negativamente della crisi, che sta avendo un fortissimo impatto sulla logistica e sul sistema di raffinazione europeo dove sta venendo meno la componente fondamentale dei semilavorati e dei prodotti forniti tradizionalmente dagli impianti russi. In questi ultimi anni, infatti, l'industria europea ha subito un importante ridimensionamento, lasciando spazio ad un crescente ruolo delle importazioni di prodotti provenienti dalla Russia nella misura di circa il 50%. Gli aumenti dei prezzi dei prodotti, superiori a quelli del greggio, sono la cartina di tornasole degli squilibri produttivi che hanno in particolare interessato il diesel, ma anche prodotti importanti per la petrolchimica ed il jet kerosene che alimenta gli aerei.
La quotazione della benzina Cif Med è stata pari, in media mensile, a 1.068,5 doll/ton, a non molta distanza dal valore record di marzo di 1.081,6 doll/ton, mentre la media del diesel è stata di 1.137,9 doll/ton. Il premio sulla benzina si è consolidato su un valore di circa 70 doll/ton, a tutto vantaggio dei margini di raffinazione che hanno toccato livelli ben superiori alle medie di lungo periodo con valori a doppia cifra.
Quotazioni Benzina, Diesel, Olio combustibile Btz e Atz Cif Med da gennaio a maggio 2022
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata
Nel corso delle prime due settimane di maggio, infine, si sono registrati alcuni fatti positivi che potrebbero facilitare l’apertura di un dialogo, ma la situazione sul campo è rimasta molto complessa e solo un incontro tra i Presidenti dell’Ucraina, degli Stati Uniti e della Russia può modificare la situazione di stallo che si è creata. Nell’attesa, i mercati energetici sono rimasti nervosi con prezzi su livelli molto elevati.
Il mercato del petrolio sta reagendo con preoccupazione alla prospettiva di una riduzione dell’apporto russo al bilancio mondiale: l’ipotesi di dirottare il greggio russo verso nuove destinazioni come India e Cina, a causa dell’embargo decretato da Stati Uniti e UK e in prospettiva dai paesi UE, si sta rivelando più difficile del previsto anche per problemi di tipo logistico.
Nella seduta di venerdì 13 maggio il Brent si è attestato attorno ai 110 doll/bbl, livelli decisamente d’allarme. Sul mercato dei prodotti, l’approssimarsi della stagione estiva ha aumentato la tensione sulla benzina che, sempre nella giornata di venerdì, ha toccato quota 1263,5 doll/ton, ovvero il massimo da inizio anno. Il diesel si è attestato a 1.142,8 doll/ton, dopo otto settimane di vantaggio sulla benzina. In questa particolare situazione, i margini di raffinazione si stanno muovendo su livelli ben superiori alle medie di lungo periodo e questo fenomeno, insieme a quello degli alti prezzi dell’energia, è destinato a manifestarsi sino a quando la grande crisi geopolitica che stiamo vivendo non si avvierà ad una soluzione. Il cammino non sarà facile.
Margini di raffinazione TRC (medie settimanali) per un greggio tipo URAL
(gennaio 2021-maggio 2022 e media mobile a tre termini)
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata