L’Italia non ha ancora recepito la Energy Performance of Buildings Directive, avrà tempo sino al gennaio 2026. Tra le ragioni di questa attesa – si consideri che la direttiva è del maggio 2024 – vi è sicuramente la portata dell’impatto sul nostro Paese che, anche per le particolari caratteristiche del nostro patrimonio edilizio, è probabilmente tra i più forti in Europa.

Il nostro studio sul tema (l’Energy Efficiency Report, che vedrà a breve la sua nuova edizione 2025) ha considerato i target per gli edifici residenziali previsti dalla Direttiva – ossia la riduzione del 16% dei consumi di energia primaria al 2030 rispetto al 2020 – e ha stimato il suo impatto per l’Italia. La riduzione dei consumi dovrà essere uguale a 6,32 Mtep, di cui il 55% dovrà riguardare i consumi di energia primaria provenienti da edifici nelle peggiori condizioni (i cosiddetti edifici in classe G).

La riduzione dei consumi di energia primaria da edifici in condizioni peggiori inoltre dovrà coinvolgere almeno il 43% del parco edilizio degli edifici in peggiori condizioni, in termini di metrature o numero di abitazioni.

Fonte: Elaborazioni Energy & Strategy, Politecnico di Milano

Quale dovrebbe essere l’investimento necessario per raggiungere l’obiettivo? Per stimarlo abbiamo realizzato un modello ad hoc che considera 6 casi abitativi rappresentativi della classe energetica G, dall’appartamento monofamiliare in condominio nelle zone geografiche Nord, Centro e Sud Italia, alla villetta monofamiliare nelle medesime zone.

Prendendo come esempio una villetta monofamiliare di 120 m² situata nel Nord Italia, con un consumo medio annuo di 3.000 kWh di energia elettrica e 34.000 kWh di energia termica, l’investimento può variare sensibilmente: si parte da circa 5.000 € per l’installazione di una caldaia a condensazione (che riduce i consumi del 20%), fino ad arrivare a quasi 60.000 € per un intervento completo con cappotto termico e sostituzione degli infissi (che permette un taglio dei consumi di circa il 70%).

Questi valori, estesi a un condominio di 10 unità abitative localizzato al Nord, corrispondono a un investimento minimo di circa 30.000 € e a uno massimo di 400.000 €.

Per intervenire sul 43% degli edifici di classe G nel nostro Paese sarebbero dunque necessari tra i 93 ed i 103 miliardi di €, così distribuiti.

Fonte: Elaborazioni Energy & Strategy, Politecnico di Milano

Se si considera poi che è indispensabile completare il raggiungimento degli obiettivi con analoghi interventi sugli edifici delle altre classi energetiche il conto complessivo raggiunge i 169 – 187 miliardi di €

Fonte: Elaborazioni Energy & Strategy, Politecnico di Milano

Si tratta di un valore – per dare un termine di paragone – comparabile con quando complessivamente speso nell’ultimo triennio tra superbonus, ecobonus e bonus casa, ma ovviamente non è scontato che queste risorse siano ancora disponibili – e da trovare nelle pieghe della finanza pubblica italiana – per il periodo che intercorre tra qui ed il 2030.

Sarebbe inoltre necessario, a differenza di quanto fatto nel recente passato, intervenire in maniera molto più estensiva sul territorio in termini di numero di edifici, con la conseguente complessità di disporre della “capacità produttiva” del comparto dell’edilizia di poter gestire un numero enorme di cantieri in così pochi anni; per tacere poi della disponibilità di prodotti e materiali ad un prezzo in linea con quanto previsto dalle nostre stime, e non “maggiorato” per effetto della corsa alle realizzazioni.

Si badi bene tuttavia al fatto che senza interventi sul patrimonio edilizio gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese non saranno sicuramente raggiunti e che quindi, anche se eventualmente spalmati su un periodo più lungo, l’Italia dovrà comunque fare i conti con la necessità di dotarsi delle risorse necessarie per effettuare quegli investimenti.

Se sino a qualche tempo fa si poteva pensare che parte di queste risorse potevano giungere da un nuovo grande piano di finanziamenti europei sull’onda lunga del Green Deal, le maggiori cautele sulla spesa introdotte dal Clean Industrial Deal del febbraio 2025 e la necessità di destinare fondi al nuovo piano di riarmo oggi in discussione, mettono ancora più in difficoltà il possibile raggiungimento degli obiettivi.

Nonostante quindi il nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima  (PNIEC), recentemente rivisto, fissi al rialzo i target di riduzione dei consumi annuali di energia finale al 2030, unitamente agli obblighi di risparmio annuo, appare quanto mai necessaria una nuova fase di pianificazione attenta e la messa a punto di strumenti di supporto alla riqualificazione energetica degli edifici che oggi – purtroppo – non è parte della nostra agenda politica.