Il 180° numero di RiEnergia è dedicato alle risorse energetiche e minerarie del nostro Paese. Abbiamo voluto inserire tra le risorse anche le persone, i lavoratori, e tutti coloro che ogni giorno ci permettono di sfruttare e valorizzare queste risorse. Un patrimonio umano e professionale di cui la transizione energetica che ci apprestiamo ad intraprendere deve tenere conto. Per questo motivo abbiamo organizzato tavola rotonda virtuale con i tre segretari dei principali sindacati che rappresentano questo patrimonio di risorse: Filctem-Cgil; Femca Cisl; Uiltec Uil. Di seguito il contributo di Paolo Pirani, segretario generale Uiltec-Uil.

Mai come ora la nostra industria, soprattutto dal punto di vista della transizione energetica, da quello della produzione chimico-farmaceutica e dell’assistenza sanitaria sul territorio, necessita di risorse certe ed investimenti mirati. Dove questo avviene, la produttività del lavoro aumenta e migliorano le condizioni di benessere della comunità.

In tal senso, i fondi comunitari che saranno disponibili con il “Recovery Fund” risultano fondamentali così come lo sono quelli del Meccanismo economico di stabilità - Mes che il governo italiano dovrà decidersi a chiedere. Simultaneamente sarà indispensabile porre in essere una vera e propria cabina di regia composta dai rappresentanti dell’esecutivo, delle Regioni, dei sindacati e delle imprese per indirizzare al meglio questa ingente mole di capitali, tenendo presente che sarebbe il caso di creare una struttura, con tecnici assunti dall’amministrazione governativa, dedita a progettare le opere infrastrutturali materiali ed immateriali, da realizzare poi con il coinvolgimento di aziende pubbliche e private. Insomma, ci vuole una strategia comune, affinché i citati investimenti vadano a buon fine e la transizione, soprattutto in campo energetico, diventi un pilastro fondamentale del sistema economico sostenibile verso cui tendere.

Il rispetto dei criteri di economia circolare e la semplificazione dei processi autorizzativi saranno determinanti per rilanciare gli investimenti volti alla crescita delle filiere innovative e alla riconversione, all’adattamento e alla trasformazione degli asset esistenti, proprio nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e sociale. A seguito dell’emergenza sanitaria, dovuta alla diffusione in Italia e nel mondo del Covid-19, è emersa con virulenza una grave crisi economica da cui si dovrà uscire al più presto, garantendo livelli produttivi e crescita occupazionale. Solo per fare un esempio, uno studio di Confindustria Energia prefigura al 2030 investimenti per ben 110 miliardi di euro, esclusivamente privati, rivolti ad infrastrutture energetiche. Si tratta di un’azione che tiene conto di quanto previsto dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e dal “Green New Deal”, ma che proietta il nostro Paese nel cuore del Mediterraneo, come hub strategico della transizione energetica e dell'economia sostenibile dell'Europa.

Nello specifico, per quanto riguarda gli investimenti, si tratta di 8,2 miliardi di euro nella produzione di idrocarburi; 12 nel biometano; 36,8 nelle energie rinnovabili elettriche; 3,3 nella generazione a turbogas; 11,1 nella raffinazione di biocarburanti; 14,8 nella rete gas; 4,2 nello stoccaggio di gas naturale, GNL, GPL; 14,5 nella rete elettrica; 4,9 negli accumuli elettrici. Tutte risorse che non appesantiranno il debito pubblico nazionale, perché provenienti dal capitale delle aziende private. Secondo le proiezioni esaminate, la mole di investimenti previsti potrebbe determinare entro il 2030 ben 160 miliardi di euro di valore aggiunto con un PIL che, a seguito degli investimenti programmati, crescerà di almeno l’1% entro alla fine del prossimo decennio. Anche l’occupazione potrebbe avere dei risvolti postivi, con in media circa 160.000 occupati da qui al 2030 e con 40.000 nuovi addetti dopo questa data, necessari all’avvio e alla tenuta in funzione delle infrastrutture realizzate.

Ma ci sono tante altre iniziative in campo. Snam e Saipem hanno firmato un ‘memorandum of understanding’ per dare vita a una collaborazione sulle nuove tecnologie focalizzate sulla transizione energetica: dall'idrogeno verde alla cattura e al riutilizzo della CO2, al fine di contrastare i cambiamenti climatici e contribuire all'avvio del mercato dell'idrogeno, supportando la “Hydrogen Strategy” della Commissione Europea.

Ancora, ad inizio anno, Eni ha lanciato una nuova strategia di lungo termine che, al 2050, la porterà ad essere leader nella fornitura di prodotti decarbonizzati, riducendo significativamente la propria impronta carbonica.

Da parte sua, Enel chiuderà tutti i suoi impianti a carbone in Italia entro il 2025, spingendo ed investendo sul fronte delle energie rinnovabili. Chiudere le centrali a carbone è possibile purché la sostituzione, per garantire l’adeguatezza del sistema elettrico, si realizzi grazie a nuovi impianti rinnovabili e a gas, che dovranno ricevere le correlate autorizzazioni entro la metà del 2021. Le reti di distribuzione, poi, dovranno consentire l’efficienza e la resilienza del sistema, in modo che i nuovi impianti rinnovabili possano essere collegati alla rete senza riscontrare criticità.  

Anche le multiutility vogliono giocare la loro partita realizzando progetti concreti, che siano in grado di attrarre le importanti risorse messe a disposizione dal “Recovery Fund”. Nello scenario nazionale ed in quello europeo - caratterizzato dalle forti differenze nella gestione di servizi ad alto impatto sulla qualità della vita delle persone - le multiutility hanno deciso di colmare il gap rispetto agli altri paesi europei registrato nei settori dell'energia, della gestione dei rifiuti e del ciclo idrico. In questa ottica, il gruppo A2A presenterà tra qualche mese un nuovo piano industriale di durata decennale, basato sulla transizione sostenibile con importanti investimenti in infrastrutture strategiche per la crescita del Paese.

Il sindacato è pronto a fare la propria parte con senso di responsabilità e azione di prospettiva, ma al Paese occorre una comunità di intenti che poggi sull'intesa tra sindacati, imprese ed istituzioni nazionali e locali. Si tratta di un accordo che dovrà avere come base di partenza lo sviluppo economico garantito da una coerente transizione energetica. Solo così l’Italia può ritrovare il percorso della crescita.

Vai al contributo di Marco Falcinelli, segretario generale Filctem-Cgil

Vai al contributo di Nora Garofalo, Segretario Generale Femca-Cisl