Il 180° numero di RiEnergia è dedicato alle risorse energetiche e minerarie del nostro Paese. Abbiamo voluto inserire tra le risorse anche le persone, i lavoratori, e tutti coloro che ogni giorno ci permettono di sfruttare e valorizzare queste risorse. Un patrimonio umano e professionale di cui la transizione energetica che ci apprestiamo ad intraprendere deve tenere conto. Per questo motivo abbiamo organizzato una tavola rotonda virtuale con i tre segretari dei principali sindacati che rappresentano questo patrimonio di risorse: Filctem-Cgil; Femca Cisl; Uiltec Uil. Di seguito il contributo di Marco Falcinelli, segretario generale Filctem-Cgil.
Si parla spesso di risorse naturali ed energetiche ma troppo poco di chi quelle risorse ci consente ogni giorno di sfruttarle e valorizzarle. La pandemia ha fatto emergere in maniera evidente la fragilità del nostro sistema produttivo, nonostante gli investimenti fatti negli ultimi anni sull’innovazione di processo e nelle reti (non diffusi in maniera omogenea nel Paese). Il patrimonio umano, in particolare in questa fase di emergenza sanitaria, ha dimostrato di essere un valore aggiunto dimenticato, invisibile. A partire dal personale sanitario impegnato in prima linea, passando dal contributo dei lavoratori dei servizi essenziali quali acqua, luce e gas, che rappresentiamo, i quali hanno garantito ai cittadini la continuità di tali servizi lavorando direttamente sul posto, in quanto vi sono attività che non sono remotizzabili.
Nei differenti settori che compongono il comparto energia sono occupati circa 130.000 addetti con compiti tra loro molto differenziati, ma con un tratto comune: l’alto livello di professionalità e di specializzazione. Il “patrimonio umano “, composto da operai, tecnici, ingegneri e ricercatori ha contribuito fortemente allo sviluppo di un paese privo di grandi risorse energetiche facendolo diventare una delle maggiori potenze industriali del mondo, fornendo tutta l’energia di cui aveva bisogno per la propria crescita.
Questo patrimonio umano sarà fondamentale anche nella fase di transizione energetica, che si caratterizza non solo per il forte ricorso alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica, ma anche per l’introduzione di nuove tecnologie in tutti i settori: tecnologie che dovranno essere padroneggiate da personale esperto e qualificato.
La transizione in chiave green al 2050 e la contemporanea eliminazione del carbone al 2025 porterà il sistema industriale a trasformare radicalmente l’attuale modello produttivo. Siamo di fronte ad un cambio di modello di sviluppo che rispetto alle precedenti tre rivoluzioni industriali sarà molto più rapido e agirà in un arco temporale più breve. Per questo motivo va garantito il monitoraggio degli effetti sociali che la transizione genererà. E non solo dal punto di vista occupazionale. Bisognerà infatti chiedersi quali competenze è necessario assicurare alle persone per essere protagoniste della transizione e garantire che la formazione diventi un elemento centrale per vincere la sfida.
I passaggi delicati sono molti e riguardano tutti i settori dell’energia: l’elettrico (phase-out dal carbone e interventi strutturali sulle linee di trasmissione e distribuzione); il gas (adeguamento della rete metanodotti, potenziamento dello stoccaggio, la realizzazione di punti di accumulo del GNL); raffinazione (estensione del numero delle bioraffinerie e realizzazione di carburanti avanzati e sperimentali); l’utilizzo di risorse nazionali di idrocarburi (riutilizzo produttivo dei giacimenti esauriti, ricerca e produzione). Bisogna attuare tutte le misure necessarie indicate dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per realizzare una giusta transizione, a partire dalle risposte ai problemi occupazionali ed economici per i lavoratori e per i territori che saranno investiti dalla decarbonizzazione.
In ogni settore c’è un cambiamento strutturale in atto con immediati riflessi sul personale e sul suo ruolo nel processo produttivo.
Per evitare ricadute occupazionali occorre quindi guardare al re-impiego produttivo dei siti dismessi o in dismissione, così come è necessaria una progettualità che privilegi il riutilizzo in ambito energetico, guardando anche a prospettive in altri campi industriali diversi dalla produzione energetica. È fondamentale monitorare gli effetti della transizione sull’occupazione, guidandola sul terreno della specializzazione e della formazione e riqualificando i profili; è urgente prevedere interventi specifici di tutela occupazionale; infine, è necessario sfruttare le opportunità offerte dalla bonifica dei siti dismessi, da intendersi come nuova attività produttiva e quindi foriera di nuovi posti di lavoro.
Gli attuali strumenti e le risorse messe a disposizione dall’Unione Europea per fronteggiare la crisi economica e sociale generata dalla pandemia sono un buon inizio, specie se saranno destinati a politiche anticicliche in termini di investimenti e sviluppo, volte a ridurre al minimo il gap infrastrutturale, gli squilibri sociali e territoriali esistenti nel nostro paese.
Dei 750 miliardi previsti, 209 sono destinati all’Italia, di cui 80 a fondo perduto ed il resto a basso tasso di interesse e con tempi di restituzione compresi tra il 2026 e il 2058.
Vi è la necessità di un programma nazionale di sviluppo che guardi in particolare al Sud, il cui rilancio costituisce una grande opportunità per sostenere le filiere produttive strategiche attraverso nuovi investimenti, rafforzando infrastrutture per la mobilità e realizzando nuove reti telematiche (banda larga e 5G, attivando scelte che sono determinanti per favorire un rilancio economico ed occupazionale.
La questione fondamentale in campo energetico resta quella del completamento infrastrutturale (elettricità e gas) necessario per conseguire gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili ma anche per rispettare i tempi di uscita dal carbone, garantendo la sicurezza della rete. Il gas naturale assicura la fase di transizione dall’energia fossile a quella rinnovabile, senza rischi per la continuità della fornitura per il settore manifatturiero.
Vai al contributo di Nora Garofalo, Segretario Generale Femca-Cisl
Vai al contributo di Paolo Pirani, segretario generale Uiltec-Uil