In Italia contribuiscono attualmente alla produzione elettrica circa 850.000 impianti a fonte rinnovabile. Tra dieci anni saranno più di due milioni. Il 22% dell’intera produzione nazionale di energia elettrica proviene da impianti connessi alle reti di distribuzione. Tra dieci anni salirà al 40%. La diffusione dei sistemi di accumulo distribuiti, in abbinamento ad impianti a fonti rinnovabili non programmabili o aggregati in storage park, ridurrà, senza però eliminarla, la non programmabilità del sistema elettrico. Inoltre, se non adeguatamente governato, il contemporaneo rilascio di una parte cospicua dell’energia immagazzinata in una miriade di accumuli distribuiti potrebbe provocare un burn-out della rete.
Il recepimento delle nuove Direttive europee concernenti le rinnovabili e il mercato elettrico promuoverà la diffusione dell’autoconsumo collettivo, a partire dal livello condominiale (già normato dall’articolo 42 bis dell’ultima Legge Milleproroghe) fino a quello delle comunità rinnovabili e delle comunità dei cittadini. Secondo uno studio di Elemens, la diffusione sarà tale da quintuplicare l’autoconsumo nei prossimi dieci anni. Sempre in base alle nuove Direttive, la possibilità per la domanda, per tutti gli impianti di produzione e per gli storage park di partecipare, in forma individuale o aggregata, ai servizi di rete comporterà un notevole cambiamento nella gestione del sistema elettrico rispetto al tradizionale svolgimento di queste funzioni da parte di un limitato numero di centrali tradizionali. La diffusione dei veicoli elettrici, che le reti di distribuzione “vedono” come accumuli mobili distribuiti, è destinata a introdurre ulteriori fattori di aleatorietà. Alla variabile “domanda di ricarica” si aggiungerà quella indotta della tecnologia bidirezionale vehicle to grid (V2G), destinata a rendere più complesso l’interscambio di energia elettrica con la rete.
Inoltre, un eventuale sciopero dei mezzi pubblici aumenterà improvvisamente il numero di autovetture alimentate da batterie in circolazione e, nei fine settimana, il trasferimento dai centri urbani a località montane o marine di una parte significativa dei milioni di veicoli elettrici immatricolati tra dieci anni comporterà un rilevante incremento della domanda di energia in zone dove nei giorni feriali è molto più bassa. Oltre tutto, questi effetti saranno presumibilmente accentuati dallo sviluppo di batterie e di sistemi di ricarica che ridurranno drasticamente il tempo richiesto per fare il pieno di elettroni.
L’insieme di tutti questi cambiamenti aumenta la necessità di informazioni fornite in tempo reale ai gestori delle reti, che a loro volta dovranno essere in grado di prendere decisioni altrettanto tempestive. Nell’ultima frase ho usato il verbo al presente, perché si tratta di una trasformazione già in corso, che prevede l’integrazione tra rete informatica, rete di comunicazione e rete elettrica, resa possibile da una sempre più spinta digitalizzazione del sistema, con un ruolo crescente assunto da Internet delle cose (IoT), che consente altresì di:
- predire o rilevare quando una macchina richiede manutenzione, riducendo o eliminando arresti non programmati, dilazionando i cicli di manutenzione, con conseguente riduzione dei costi;
- garantire il continuo monitoraggio dello stato dell’inventario (ad esempio temperatura, umidità ed eventuali danneggiamenti) e della catena delle forniture, consentendo alle aziende di intervenire rapidamente e ottimizzando le dimensioni dell’inventario.
Le potenzialità della digitalizzazione saranno moltiplicate dall’avvento del 5G, una tecnologia non solo in grado di assicurare un evidente miglioramento delle performance fin qui garantite dal 4G, ma addirittura di rivoluzionarle. Il 5G consente infatti una velocità di trasferimento dei dati molto più elevata (latenza dell’ordine del millisecondo) e l’utilizzo di un largo intervallo di frequenze (da 400 MHz a 100 GHz), permette di gestire un milione di dispositivi in un chilometro quadrato e di offrire sostegno e supporto garantito contemporaneamente a centinaia di migliaia di connessioni senza fili.
La digitalizzazione dei sistemi elettrici non va però annoverata sbrigativamente tra i costi aggiuntivi. Secondo un’analisi di Bloomberg New Energy Finance, i ritorni economici per le utility (ma anche per i consumatori), derivanti dalla digitalizzazione, passeranno dai 18 miliardi di dollari del 2017 a 38 nel 2025, di cui 18 grazie alla disponibilità di contatori digitali di seconda generazione (rendono ad esempio disponibili informazioni sui consumi dei clienti, che consentono di offrire loro servizi di razionalizzazione energetica).
Questi benefici matureranno solo se le decisioni del top management di una utility in merito alla sua digitalizzazione saranno tempestive e adeguate. Si tratta però di scelte che possono essere condizionate dalla difficoltà di reperire le risorse finanziarie e le competenze richieste.
Non è quindi da escludere che l’accelerazione dei processi di digitalizzazione porti all’assorbimento da parte dei big di aziende di media dimensione o ad aggregazioni tra loro. Probabilmente potrebbe essere una concausa delle iniziative in tal senso in corso tra le aziende dei servizi pubblici locali.
Last, but not least, l’inserimento crescente negli organici aziendali di personale con qualifiche radicalmente diverse dalla forza lavoro tradizionale è destinato a modificare la cultura imprenditoriale delle utility.