Dopo aver chiuso il 2019 con un incoraggiante +3%, in gennaio le immatricolazioni di auto a metano hanno fatto registrare un aumento del 136% rispetto a gennaio 2019, con un totale di 4.114 unità e una quota di mercato più che doppia rispetto alle auto elettriche pure. Segnali di ottimismo per il comparto, dopo anni difficilissimi – in particolare il biennio orribile 2016-17.

Segnali corroborati dalla crescita delle immatricolazioni di mezzi pesanti a GNL, grazie soprattutto alle politiche di incentivazione confermate anche quest’anno dal Governo: nel 2019 si sono venduti in Italia oltre mille Tir a gas liquefatto, con un aumento di quasi il 50% rispetto al 2018.

Crescono sempre più gli impianti (i progetti, a dire il vero) di produzione di biometano, una garanzia vitale per il futuro del gas – che secondo molti nel lungo termine o sarà verde o non sarà. Tanti anche i progetti di microliquefattori di biometano per produrre bioGnl e dare così ancora più flessibilità alla rete.

Rete di distribuzione che continua a crescere, sia per quanto riguarda il metano compresso (GNC) che per il liquido (GNL), nonostante il punto debole della mancanza di logistica primaria. Per il metano gassoso siamo intorno ai 1.400 punti vendita, per il GNL oltre i 60.

Sul fronte delle infrastrutture di approvvigionamento, ad agosto si avrà il primo deposito costiero di GNL in Sardegna, il prossimo anno il primo sul Continente a Ravenna.

Tutto bene, dunque? Attenzione a non cedere a un facile ottimismo. Per la questione degli approvvigionamenti di GNL sembra apparire una luce in fondo al tunnel, ma non bisogna dimenticare che, dopo i gravi problemi registrati un anno fa, quando diversi punti vendita rimasero a secco per via degli scioperi nei terminali francesi di rigassificazione (da dove arriva la quasi totalità del GNL per i punti vendita italiani), quest’anno si è rischiato il bis con le agitazioni dei sindacati d’Oltralpe contro la riforma delle pensioni. Pochi i punti vendita rimasti senza prodotto, ma la fragilità del sistema può rallentare la crescita del trasporto pesante a GNL.

Restando sul GNL, come già successo per la rete del metano compresso, il problema è che sempre più spesso i nuovi impianti sorgono in zone dove c’è già domanda e quindi – di solito – c’è già anche l’offerta: i punti vendita, in altri termini, rischiano di cannibalizzarsi a vicenda, in un mercato in cui la domanda è ancora in via di sviluppo.

Quanto al mercato dell’auto, oltre alla (poco temibile, per il momento) concorrenza dell’elettrico, resta la questione della disponibilità di modelli. Il settore ha mostrato grande vivacità negli ultimi tempi: tante le iniziative che hanno visto coinvolte Snam, Eni, Landi Renzo, Iveco, IP e tanti altri operatori. Continua però a spiccare la sostanziale assenza di Fca. Sul totale delle auto a metano vendute in Italia nel 2019, appena il 10% erano modelli italiani. Il mercato è ormai dominato dai tedeschi. Una beffa vera e propria, considerando che la tecnologia a gas è come poche altre made in Italy.

Se inquinamento e clima non hanno nazionalità, i profitti e l’occupazione ancora sì. E considerando che il Piano energia e clima (Pniec) pone un obiettivo davvero molto ambizioso per le auto (quasi raddoppio dei mezzi a metano in circolazione al 2030 rispetto a oggi, da 1,3 a 2,4 milioni), bisognerebbe pensare a come sfruttare questo obiettivo in termini di crescita.