Nonostante i progressi compiuti e il ruolo svolto dall’ARERA nel miglioramento di un settore critico sotto diversi aspetti, i dati più recenti evidenziano un divario significato nel livello di servizio idrico e nella capacità di realizzazione degli investimenti fra alcune aree - localizzate in gran parte nell’Italia Meridionale e Insulare - e il resto del paese. Questo, pur in presenza di significative risorse a fondo perduto concentrate nelle aree deboli. Per ridurre questo “Water Service Divide”, le ultime Leggi di Bilancio hanno introdotto alcuni interventi strutturali, che dovrebbero essere resi operativi nei prossimi mesi.
A livello nazionale, tra il 2007 e il 2015 l’andamento degli investimenti realizzati dai gestori del servizio idrico (escluse le gestioni svolte direttamente dai Comuni “in economia”, che comunque hanno realizzato investimenti marginali rispetto a quelle dei gestori affidatari) evidenzia un trend crescente, con una decisa ripresa successivamente al 2013, a conferma dell’efficacia della regolazione tariffaria introdotta dall’Autorità alla fine di quello stesso anno. Nel 2015 si raggiunge il massimo del periodo, con un valore di 1,8 miliardi su base nazionale. Nel Mezzogiorno le stime complessive mostrano un andamento simile a quello nazionale, tuttavia con valori inferiori rispetto alle altre aree del Paese. Il dettaglio proposto nella successiva tabella evidenzia come buona parte del contributo degli investimenti per le Regioni meridionali derivi da contributi e fondi pubblici.
Tabella 1- Stima degli investimenti realizzati al lordo dei contributi
(Milioni di euro – Moneta 2015; Anni 2007-2015)
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Investimenti totali dei gestori, proiezione nazionale Mln€ |
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2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
Sud |
262 |
344 |
328 |
243 |
273 |
575 |
360 |
342 |
400 |
Italia |
1.581 |
1.728 |
1.726 |
1.766 |
1.714 |
1.789 |
1.528 |
1.604 |
1.820 |
Fonte: Elaborazioni Utilitatis su dati Blue Book 2017
Tabella 2- Stima degli investimenti realizzati al netto dei contributi
(Milioni di euro – Moneta 2015; Anni 2007-2015)
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Investimenti al netto dei contributi dei gestori, proiezione nazionale Mln€ |
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2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
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Sud |
140 |
193 |
224 |
169 |
173 |
251 |
115 |
178 |
165 |
|
Italia |
1.257 |
1.356 |
1.427 |
1.440 |
1.463 |
1.258 |
1.064 |
1.257 |
1.392 |
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Fonte: Elaborazioni Utilitatis su dati Blue Book 2017
Il livello medio pro capite degli investimenti totali realizzati dai gestori mostra valori inferiori alla media nazionale per il Sud (26 €/ab/anno rispetto ai 34 €/ab/anno), pur a fronte di un apporto decisamente più elevato di contributi pubblici (13 €/ab/anno al Sud a fronte di 7 €/ab/anno a livello nazionale).
Rispetto al fabbisogno di investimenti stimato dall’OECD di 80 €/ab/anno, i valori registrati a livello nazionale mostrano ancora un forte divario: l’analisi su un campione di gestori per il biennio 2014-2015 mette in evidenza come sia gli investimenti programmati che quelli realizzati (rispettivamente 47 €/ab e 35 €/ab in media nel biennio 2014-2015) siano ben al di sotto del reale fabbisogno di investimento. Infatti il livello di investimenti nei Paesi occidentali si colloca per anno tra lo 0,35% e l’1,2% del PIL. Nel caso dell’Italia, pur attestandosi al limite inferiore della forchetta, si dovrebbe investire nei servizi idrici circa 80 euro/ab/anno. Questa stima, lungi da essere sovradimensionata, è confermata dal confronto con la spesa di investimento degli altri paesi europei che si pone in una fascia compresa tra gli 80 e i 120 euro/ab/anno, a prescindere dagli assetti proprietari, organizzativi e regolatori del servizio.
Altro aspetto che evidenzia una difficoltà del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese riguarda la capacità di realizzare investimenti pianificati: il tasso di realizzazione per il biennio 2014-2015 si attesta intorno al 79% nel Nord, al 91% per il Centro e al 51% per il Sud, rispetto ad una media nazionale del 75%. Recenti elaborazioni effettuate da Utilitalia su un campione di gestori che servono circa 30 milioni di abitanti confermano sostanzialmente questa situazione, anche se si registra un leggero miglioramento; infatti la media nazionale degli investimenti annui realizzati nel biennio 2016-17 è stata di 36,8 €/ab (di cui il 70% pari a 26 €/ab da tariffa), mentre quella relativa agli investimenti pianificati nel biennio 2018-19 è di 50,5 €/ab, con un aumento del 18% in parte indotto dagli obiettivi introdotti dalla Qualità Tecnica (Deliberazione ARERA 917/17/R/IDR), comunque lontani dal fabbisogno stimato di 83 €/ab/anno. Gli investimenti realizzati dalle gestioni in economia nel biennio 2015-16 sono invece di soli 4,0 €/ab/anno.
La Relazione ARERA 2018 fornisce anche un quadro sulla programmazione di investimenti nel quadriennio regolatorio 2016-2019, nel quale si applica il metodo tariffario MTI-2, limitatamente ad un campione di 50.626.331 abitanti, con la solita carenza dei dati relativi alle gestioni in economia.
Gli investimenti pro-capite complessivi previsti nel quadriennio al netto e al lordo dei finanziamenti pubblici sono:
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Netti |
Lordi |
Nord – Ovest |
159 |
175 |
Nord – Est |
177 |
210 |
Centro |
211 |
235 |
Sud e Isole |
131 |
257 |
Italia |
166 |
218 |
Quindi, anche in questo periodo, gli investimenti nel Sud e nelle Isole sono in buona parte a carico dei finanziamenti pubblici, anche se rimane ancora da dimostrare ex-post la capacità di spesa dei soggetti che fruiscono di questi finanziamenti.
Il divario tra Nord e Sud nel paese trova conferma anche nell’analisi del settore fognario-depurativo, ove le condanne dell’Italia per violazione delle direttive comunitarie riguardano in gran parte le regioni del Mezzogiorno e in particolare la Sicilia. Anche le altre procedure di infrazione aperte successivamente interessano molti agglomerati meridionali e in ogni caso, al di là delle procedure, esistono aree - quale il Golfo di Napoli - dove la depurazione è assolutamente insufficiente da molti decenni o presentano problemi complessi di smaltimento dei reflui depurati e dei fanghi.
Infatti se il ritardo e le inadempienze in tutta Italia sono puntualmente rispecchiate dalle procedure di infrazione per il mancato adempimento agli obblighi dalla direttiva 91/271/CEE in materia di fognatura e depurazione, la situazione del Mezzogiorno risalta per la sua specifica negatività. In totale, su 1.122 agglomerati in procedura di infrazione 757 (67,5%) riguardano il Mezzogiorno: in particolare, le regioni dove si riscontrano le maggiori criticità sono nell’ordine Sicilia (263 agglomerati), Calabria (190 agglomerati), Lombardia (185 agglomerati, ma secondo recenti dati MATTM, questi ultimi si sono ridotti notevolmente) e Campania (118 agglomerati), dove ancora in larga parte la gestione della rete fognaria e degli impianti di depurazione è ancora in economia su base comunale.
Si tratta di una situazione di enorme ritardo e drammatica inadempienza rispetto ad uno degli obblighi comunitari basilari che riguarda, appunto, la depurazione degli scarichi. L’Italia ha cercato di attivare adeguati strumenti per evitare o quanto meno ridurre le pesantissime conseguenze di questa situazione. Uno di questi è stata la Delibera CIPE n. 60 del 30 aprile 2012 che ha assegnato 1.643,1 milioni di euro, a valere sulle risorse regionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione e sulle risorse «liberate» derivanti dalla programmazione comunitaria 2000-2006, a 183 interventi prioritari nel settore ambientale della depurazione delle acque reflue urbane in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Ad integrazione di queste risorse, la Delibera CIPE n. 87 del 3 agosto 2012 ha assegnato 121,2 milioni di euro a ulteriori 19 interventi prioritari nel servizio idrico integrato in Puglia.
Tuttavia, la situazione reale dello stato di progettazione era molto diversa da quella prevista. Infatti molti progetti erano allo stato preliminare, alcuni da rivedere profondamente, ed inoltre erano presenti situazioni progettuali complesse che necessitavano di tempistiche molto lunghe per le quali la conclusione delle opere infrastrutturali che consentono l’uscita dalla procedura di infrazione è stimabile anche adesso in alcuni anni: una tempistica che richiede un processo efficace di impegno della spesa e ulteriori risorse finanziarie, anche azionando la leva tariffaria oltre a quelle previste nelle delibere CIPE.
La grave carenza del Mezzogiorno è quindi principalmente la capacità organizzativa e gestionale piuttosto che la mancanza di fondi. Non è secondaria la considerazione che la maggiore capacità di spesa delle risorse finanziarie assegnate con la Delibera CIPE 60/2012 si sia registrata dove esistono grandi gestori industriali di ambito regionale (AQP in Puglia e Abbanoa in Sardegna).
Di contro, dove le risorse sono state affidate in gran parte direttamente ai comuni piuttosto che perseguire l’organizzazione del servizio idrico integrato ai sensi della legislazione vigente, come in Sicilia e Calabria, tale scelta si è rivelata in genere fallimentare.
A causa dei gravi ritardi che continuavano ad accumularsi, nel giugno 2017 è stato nominato il “Commissario Straordinario Unico” per il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali a garantire l’adeguamento alle sentenze di condanna. Le competenze del Commissario Unico Nazionale per la Depurazione, con l’art.4-septies del Decreto Legge 18 aprile 2019 n.32 (Decreto Sblocca Cantieri) sono state recentemente estese a tutte le procedure di infrazione in essere relative alle problematiche dei sistemi fognari e depurativi, oltre al perimetro originario degli agglomerati oggetti di condanna.
Entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione le regioni, avvalendosi dei rispettivi enti d’ambito, dovrebbero trasmettere una relazione riassuntiva delle iniziative attivate per superare le procedure d’infrazione e delle risorse finanziarie disponibili.
La necessità di assegnare ad un commissario nazionale i compiti di coordinamento e realizzazione degli investimenti è sintomatica della inefficienza di molti soggetti che operano nel servizio idrico integrato, e purtroppo conferma la incapacità che la pubblica amministrazione mostra in molte occasioni di organizzazione strutturale e non episodica ed emergenziale del processo degli investimenti.
La mancanza di un servizio affidato a gestori efficienti in molte aree è inoltre fonte di giustificata preoccupazione per il futuro, quando il commissario, dopo il collaudo dei lavori e la verifica della loro funzionalità per l’uscita dalla procedura di infrazione, procederà alla consegna degli impianti alle regioni in mancanza del soggetto legittimo ai sensi del Dlgs. 152/2006. Il pericolo che questi impianti non vengano gestiti correttamente e che si inneschi un accelerato processo di degrado, vanificando in tempi brevi gli effetti degli investimenti fatti, è reale.