La transizione energetica verso fonti rinnovabili, già percepita nel settore elettrico grazie allo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico, si sta progressivamente estendendo ad altre fonti dal potenziale “bio” ancora inespresso, che tanto possono dare in ottica di decarbonizzazione e di raggiungimento degli obiettivi sovranazionali. Tra queste vi è il biometano che, a seguito degli ultimi sviluppi sia della normativa primaria - con l’uscita del nuovo decreto 2 marzo 2018 per la promozione dell’utilizzo del biometano nei trasporti - sia della normativa tecnica di settore - con le norme CEN che hanno concluso il mandato M/475 sulla qualità - risulta finalmente pronto a dare il proprio contributo green nel processo di sostituzione dei carburanti tradizionali.
Il carattere innovativo del nuovo decreto prevede il riconoscimento di un incentivo al biometano immesso in consumo nei trasporti. Un riflesso, questo, della volontà ministeriale di aggredire i target europei di abbattimento delle fonti fossili nel settore, ad oggi il meno performante rispetto a quelli dell’efficienza energetica e della generazione elettrica da FER, sui quali, invece, l’Italia è – come noto - allineata agli obiettivi 2020.
Fermo restando il principale obiettivo dello strumento, il decreto rimanda a molteplici opportunità di investimento, agevolando non solo i nuovi impianti realizzati successivamente al decreto, ma anche quelli esistenti a biogas che decideranno di riconvertirsi alla produzione di biometano. Alcune simulazioni mostrano la convenienza della riconversione in prossimità della fine dell’incentivo elettrico, anche al fine di prolungare la vita utile degli impianti.
Il decreto prevede inoltre le riconversioni parziali, ammettendo l’opzione di continuare a beneficiare di una quota di incentivi sulla parte elettrica. Questo apre a diverse combinazioni sinergiche, sia sul piano finanziario, con l’intersezione di diverse forme di finanziamento, sia con riferimento al portafoglio energetico, mixando fonti rinnovabili distinte all’interno di uno stesso sito. Non sfuggiranno ai business planner più innovativi le combinazioni trasversali realizzabili nell’attuale contesto energetico con le più moderne soluzioni tecnologiche e logiche disponibili. Ad esempio assemblando tecnologie quali il reverse flow del gas (già messo a punto in Francia e puntato da Snam) e lo storage per la parte power, oppure abbordando nuove frontiere concettuali, sempre più prossime, come gli aggregatori di mercato o la partecipazione delle rinnovabili ai mercati energetici in qualità di risorse flessibili di energia per il dispacciamento. Così come non passano inosservati i ricavi conseguibili utilizzando la frazione organica da rifiuti urbani (FORSU), il ritiro della quale permetterebbe di accelerare di gran lunga il ritorno degli investimenti per gli impianti di produzione, senza considerare, inoltre, gli altri potenziali benefici per l’intera filiera dei rifiuti.
Il decreto fornisce anche un forte impulso alla realizzazione degli impianti di distribuzione di carburante e supporta anche i biocarburanti avanzati diversi dal biometano.
In definitiva, il decreto rende possibile il grande traguardo - raggiunto un pò in ritardo rispetto ad alcuni paesi vicini - di poter immettere il biometano anche nelle reti tradizionali del gas, beneficiando di infrastrutture vettoriali già esistenti e senza necessitare di virtuosismi per lo storage, come invece richiesto per l’elettrico, facendone una vera fonte strategica per la gestione di situazioni di emergenza, poiché certa, flessibile e rinviabile nel tempo.
Il GSE si inserisce nel nuovo contesto quale gestore del meccanismo incentivante nonché come soggetto facilitatore che intermedia: da un lato, tra i produttori di biometano e le reti del gas (tramite lo shipper) offrendo un servizio di ritiro dedicato, che punta a pragmatizzare (soprattutto) le scelte dei produttori più piccoli; dall’altro tra soggetti obbligati e produttori, garantendo il trasferimento delle risorse finanziarie dai primi, che comprano CIC (certificati di immissione in consumo) a fronte delle quote d’obbligo da assolvere (quantificate sui volumi erogati alla pompa), ai secondi, che ricevono un controvalore di 375 €/CIC (in proporzione ai metri cubi prodotti). Tra le innovazioni del decreto c’è, infatti, anche quella dell’autofinanziamento dell’incentivo senza gravare sulle bollette.
Ad oggi, con il previgente decreto, c’è un solo impianto di biometano allacciato alla rete di trasporto nazionale e incentivato, ma stanno arrivando al GSE altre richieste di qualifica. E se ne attendono ancora di più dopo la pubblicazione delle procedure da parte dello stesso GSE, previste per giugno, che daranno le indicazioni di dettaglio per l’applicazione del meccanismo. Così come si attende un aggiornamento delle regole tecniche nazionali sulla qualità del gas e della regolazione in tema di connessioni, da parte dell’Autorità, come previsto dal decreto.
In via generale, si ha il sentore che la platea degli interessati sia molto ampia: il gestore della rete di trasporto nazionale, Snam, ha informato che vi sono state centinaia di manifestazioni di interesse per la connessione degli impianti alla rete nazionale e numerosissime sono anche le manifestazioni di interesse sulle reti di distribuzione.
Attualmente gli impianti a biogas in ambito agricolo incentivati, o con incentivo in scadenza nei prossimi 10 anni, sono oltre 700, per un totale di circa 570 MWe installati, a cui corrisponde un potenziale annuo di oltre 1 miliardo di Smc di biometano.
Le potenzialità di generazione di biometano sono però ancora più significative. Snam Rete Gas ha annunciato di avere ricevuto manifestazioni di interesse per connettere ca. 3 miliardi di Smc di biometano alle proprie reti; RSE ne stima 4 miliardi già economicamente sostenibili; CIB porta queste cifre “potenziali” a ca. 8 miliardi di Smc. In ogni caso i volumi in gioco risultano ben superiori alla soglia di 1,1 miliardi previsti dal decreto; quindi il tema dell’immediato futuro sarà non tanto quello della fonte (che sia la valorizzazione della FORSU o le riconversioni di impianti biogas agricoli), quanto quello dell’utilizzo del biometano prodotto: quali settori aggredire, anche e oltre quello dei trasporti?
In tutti i casi il potenziale del biometano non si ferma alla pura produzione e immissione in rete della molecola, ma va contestualizzato in un circolo virtuoso che si apre con il riutilizzo di materia prima riciclabile da scarti agro/zootecnici o da FORSU, e si chiude con i veicoli basso emissivi alimentati a “gas rinnovabile” (vedi figura). Il tutto passando per reti infrastrutturali già esistenti che non richiedono particolari investimenti ad hoc e per le quali, anzi, il biometano rappresenta un’opportunità rispetto al problema delle reti “scariche”, nonché prestandosi a soluzioni all’avanguardia quali il power to gas, che coniuga risorse rinnovabili elettrico e gas con processi di metanazione dell’idrogeno derivante da produzione di energia elettrica in eccesso.
Non si esclude, infine, che per il futuro, quando il biometano avrà già attivato il potenziale del settore trasporti, i ministeri interessati possano prevedere la possibilità di promuoverne l’utilizzo anche per la produzione elettrica, ampliando la filiera e plasmando e direzionando la molecola, comunque green, in base alle esigenze che si manifesteranno in futuro.
Indicatori WTT (wheel to tank) e TTW (tank to wheel) per 3 scenari di sviluppo tecnologico, ibridazione, plug-in e elettrificazione
Fonte: Elaborazioni RSE per veicoli Euro 5 su dati ISPRA, MiSE, EEA e DOE