In Europa, secondo gli ultimi dati diffusi dall’EPA, l’agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti di plastica. Una parte di questi finiscono in mare e sulle coste causando non pochi danni all’ambiente e alla biodiversità marina, sommandosi ai rifiuti spiaggiati di ogni forma, genere, dimensione e colore, frutto della cattiva gestione a monte e dell’abbandono consapevole, che continuano a invadere le spiagge del Mediterraneo e non solo: dai cotton fioc agli oggetti di plastica, dai tappi alle scatole di latta ai mozziconi delle sigarette, per non parlare di quelli che si trovano in mezzo al mare come le microplastiche o quelli che si depositano sul fondale.
Il problema dei rifiuti in mare - marine litter e microlitter - dimostra la gravità della situazione. Se continuiamo di questo passo rischiamo di far soffocare mari e oceani da plastica e pattumiera galleggiante. Per questo, ben venga la battaglia mondiale intrapresa contro la plastica che vede ormai uniti i Paesi d’Europa e di tutto il mondo. Proprio in questi giorni è arrivata da Bruxelles la proposta di una tassa sulla plastica che mira a ridurne il consumo. Mentre dalla Gran Bretagna, Teresa May ha annunciato di voler rendere il Regno Unito plastic-free entro il 2042. Tra le misure annunciate dal Premier britannico c’è l’imposta di 5 pence sui sacchetti della spesa monouso per tutti i rivenditori del Regno (non più solo per le grandi catene), l’introduzione nei supermercati di corridoi con prodotti alimentari (in particolare verdure) liberi da imballaggi di plastica, l'impegno ad aiutare i Paesi in via di sviluppo nello smaltimento dei rifiuti.
In questa partita anche l’Italia svolge un ruolo importante e centrale: il nostro paese è stato infatti il primo in Europa ad approvare la legge contro gli shopper non compostabili, entrata pienamente in vigore nel 2012, confermandosi così Paese leader al mondo nella lotta all’inquinamento da plastica e nella promozione di produzioni industriali innovative e rispettose dell’ambiente.
Dal 1° gennaio 2018 l’Italia ha inoltre deciso di mettere al bando anche i sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri utilizzati per imbustare frutta e verdura, carne, pesce e affettati. Al loro posto, da qualche settimana, hanno debuttato gli shopper biodegradabili e compostabili a pagamento (da 1 a 3 centesimi), alimentando non poche polemiche tra i cittadini, sui social e nei salotti televisivi. C’è chi parla di tassa occulta, chi di monopolio aziendale: affermazioni smentite da Legambiente. Siamo convinti che la nuova disposizione, sicuramente più restrittiva rispetto alle altre adottate in Europa, deve essere un vanto per l’Italia nella battaglia contro l’inquinamento da plastica non gestita correttamente. Il nostro Paese, fino a sei anni fa, era tra i maggiori consumatori in Europa di sacchetti di plastica per l’asporto merci, ma grazie alla legge del 2012 è stato possibile ridurre del 55% l’uso degli shopper. Il costo dei sacchetti serve proprio a disincentivare l’uso di sporte usa e getta. Siamo di fronte a una norma sacrosanta, finita però nel tritacarne mediatico per alcuni errori imperdonabili commessi dal governo che l’ha approvata: la legge è della scorsa estate, non è possibile che ancora non sia chiaro ai supermercati e agli stessi cittadini quali sporte riutilizzabili è possibile usare. La questione del riutilizzo dei sacchetti monouso si può facilmente superare emanando una circolare ministeriale che permetta a chi vende frutta e verdura di distribuire le merci in sacchetti riutilizzabili, come ad esempio le retine, quel che già avviene in alcuni paesi dell’Europa Settentrionale.
Per questo è fondamentale che i ministeri dell’Ambiente e della Salute la smettano di praticare un incomprensibile rimpallo di responsabilità sulla vicenda delle retine riutilizzabili per frutta e verdura. Serve con urgenza una nota ufficiale congiunta dei due dicasteri che autorizzi la grande distribuzione a garantire ai cittadini un’alternativa riutilizzabile alle buste compostabili monouso. Non ci si risulta che in Germania, Svizzera e negli altri paesi europei ci siano mai state epidemie causate dalla contaminazione da sacchetti o retine riutilizzabili nei supermercati. E poi i reparti dell’ortofrutta dei supermercati non sono sterili come camere operatorie. È ora di mettere la parola fine a questa assurda vicenda, prevedendo un’alternativa gratuita e riutilizzabile anche per i sacchetti della frutta e della verdura, spiegando ai cittadini la vera grande portata di questa legge. Se questo non sarà possibile, allora è meglio togliere dalla legge l’obbligo di pagamento per il consumatore dell’acquisto dei sacchetti compostabili, che tornerà in carico alle aziende della Grande Distribuzione Organizzata.