In questi giorni è all’esame del Senato per l’approvazione, pare definitiva, la prima Legge annuale della Concorrenza. Un provvedimento complesso e dall’iter tormentato, nato da una segnalazione del 2014 dell’Autorità Antitrust, che tra le molte previsioni ne contiene una particolarmente dibattuta: la cancellazione dei cosiddetti prezzi tutelati dell’energia elettrica e del gas.

Attualmente la gran parte dei piccoli consumatori e in particolare delle famiglie italiane - quasi due casi su tre - acquista l’elettricità e il gas naturale a condizioni interamente fissate dall’Autorità di regolazione mentre solo un terzo ha scelto un fornitore sul mercato libero.

Questo significa che per questi clienti l’authority definisce e aggiorna periodicamente non solo le porzioni dette “amministrate” della bolletta - ossia tariffe di rete e componenti fiscali, per il cliente domestico pari a poco più della metà dell’importo totale - ma anche i corrispettivi per l’acquisto delle commodity energia elettrica e gas, che sul mercato libero sono invece definiti discrezionalmente dai diversi fornitori in concorrenza tra loro.

Si tratta di una forma di protezione che l’ordinamento riconosce a particolari categorie di clienti (domestici e piccoli business) considerati più vulnerabili perché dotati di un minor potere contrattuale e minor conoscenza del mercato.

A questi viene garantito per legge l’acquisto di energia a prezzi ragionevoli e coerenti con l’andamento dei mercati all’ingrosso di riferimento, condizione assicurata nel gas da un’indicizzazione del prezzo al mercato olandese, benchmark dell’Europa continentale, e nell’elettricità attraverso l'acquisto centralizzato dell'energia destinata ai clienti finali da parte di un grossista pubblico, l’Acquirente Unico.

La normativa europea sull’energia identifica nella concorrenza nel mercato libero il modello “normale” di funzionamento del settore e, pur ammettendo la possibilità di prezzi regolamentati per motivi di interesse pubblico, precisa – come si legge in una sentenza della Corte Ue del 2010 – che ciò è accettabile solo per un periodo transitorio.

Per questo, pur con un atteggiamento flessibile e senza mai indicare scadenze stringenti, le istituzioni europee da tempo incoraggiano il loro superamento, già avvenuto in un certo numero di Paesi, come Regno Unito e Olanda, a cui dovrebbe ora aggiungersi l’Italia.

È per la verità dibattuto se i prezzi tutelati italiani equivalgano tout court a prezzi regolati, considerato il loro ancoraggio ai mercati all'ingrosso (altrove come in Francia i prezzi regolati sono fissati direttamente dal governo con ampia discrezionalità). Tale distinzione non ha in ogni caso fermato il legislatore, che col ddl Concorrenza, presentato nel 2015 su iniziativa del governo, punta a cancellarli dal luglio 2019 con l’obiettivo di promuovere la concorrenza.

Il dibattito sulla norma è stato in questi anni molto acceso, in primo luogo tra sostenitori e contrari, oltre che sulle modalità della transizione.

Tra i detrattori ci sono numerose associazioni dei consumatori preoccupate per il venir meno di un paracadute che oggi assicura prezzi equi a chi tra i piccoli clienti non ha voglia o capacità di avventurarsi alla ricerca di offerte migliori. E che vedono il mercato libero come un mare pieno di insidie - a cominciare dall’esperienza quotidiana di pratiche commerciali scorrette nel porta a porta e nei call center - e poche opportunità di risparmio.

Favorevoli sono invece le imprese di vendita dell’energia che considerano la concorrenza sul retail un’opportunità mancata proprio per la presenza dei prezzi tutelati, la cui mera esistenza distorce il mercato (per di più calmierandolo) e riduce la propensione al cambiamento dei clienti finali. I quali invece, se più motivati, scoprirebbero offerte vantaggiose, che pure non mancano ad esempio tra quelle vendute online.

L’Autorità di regolazione in questi anni ha assunto una posizione mediana. Da un lato mettendo in evidenza i segnali di un differente livello di preparazione al mercato libero tra le varie categorie di clienti - maturo o quasi per la fine della tutela il settore non domestico, ancora indietro le famiglie – e suggerendo tempi differenziati per l'uscita. Dall'altro ha lavorato a misure di accompagnamento e protezione durante la transizione.

È il caso ad esempio della Tutela Simile, regime di tutela “leggera” varato dal regolatore, che riproduce molti caratteri del mercato libero con minori rischi e forti sconti (ma che nonostante ciò è stato scelto finora da un numero molto limitato di clienti). Più di recente l’AEEGSI ha varato un’offerta con caratteristiche standard (detta PLACET) che nel post-tutela, pur fatta salva la libera determinazione del prezzo, i venditori dovranno obbligatoriamente offrire ai clienti finali, facilitando la comprensione e la comparazione.

Nell’ultimo anno poi la discussione si è concentrata sulle modalità della transizione, essenzialmente sotto un profilo di concorrenza: considerato che il servizio di tutela è fornito dagli operatori storici, ossia le società collegate al distributore – quella del gruppo Enel serve da sola circa tre quarti del mercato tutelato – i venditori “nuovi entranti” chiedono che il relativo vantaggio competitivo degli incumbent nell’acquisizione di nuovi clienti sia mitigato con misure asimmetriche (es. tetti alle quote di mercato o assegnazioni all'asta di pacchetti di clienti ex tutelati).

Posizioni molto diverse, come si vede, che negli ultimi due anni si sono andate confrontando, ma tra le quali sembra esserci un denominatore comune. Tutte sembrano fare in qualche modo i conti con uno stesso problema: lo scarso coinvolgimento e interesse dimostrato dai consumatori per questo mercato, che in realtà già da tempo offre loro opportunità di scelta che però, come visto, in buona parte non esercitano.

È la cosiddetta “inerzia” del cliente finale. La libertà di scelta per le famiglie esiste da un decennio nell'elettrico e da quattordici anni nel gas e ancora oltre il 60% non l’ha esercitata (e in Europa si trovano percentuali anche peggiori). Non solo, anche dove la fine dei prezzi regolati è già avvenuta da un pezzo, come in UK, il problema sembra continuare a porsi, con percentuali analoghe di clientela che si è fermata alle offerte standard, nonostante sul mercato si trovino soluzioni molto più vantaggiose.

Per qualche ragione, insomma, i consumatori sembrano molto meno attratti dal cambiamento di fornitore nell’energia che in una quantità di altri settori. Spingono forse in questa direzione la relativa esiguità dei risparmi (pur a volte non così esigui), l’incomprensione di bollette e offerte, a volte perfino l’irrazionale timore per la continuità della fornitura, ma anche la difficoltà a conti fatti nel vedere differenze decisive tra un fornitore e l’altro, a dispetto degli sforzi creativi anche notevoli del marketing in questi anni.

Nei prossimi anni per la verità quest’ultimo aspetto potrebbe cambiare. La diffusione sul mercato delle tecnologie digitali di ultima generazione sta accrescendo le opportunità di offrire servizi a valore aggiunto che almeno per alcune categorie di clienti potrebbero iniziare a fare la differenza. Le grandi utility ci scommettono con decisione e già in questi anni si vedrà se il mercato è pronto a ballare su una nuova musica.