Fanno discutere le ultime decisioni di Trump contro la Russia. Sono tanti gli osservatori internazionali che si stanno occupando del tema, mostrando non poche preoccupazioni per quelle che potrebbero essere le conseguenze sugli altri paesi. Ma andiamo con ordine. Il 14 luglio, il presidente americano ha annunciato la sua decisione di imporre nuovi dazi, che, se la Russia non negozierà con l’Ucraina, andranno a colpire, non direttamente Mosca, ma i paesi che essa fanno affari, soprattutto nel settore energetico. Praticamente, gli stati che comprano gas e petrolio dalla Russia potrebbero essere colpiti da “tariffe secondarie” fino al 100%. La decisione presidenziale diventerà effettiva entro 50 giorni a partire dalla sua dichiarazione, ovvero il 2 settembre. Come se non bastasse, anche il Senato americano si sta muovendo in tal senso. È in discussione infatti, il Sanctioning Russia Act, una proposta di legge che prevede dazi punitivi contro chi fa affari con Mosca, anche al di fuori del settore energetico. Ma le conseguenze saranno incalcolabili. I nuovi dazi si andranno a sommare alle sanzioni che dal 2022 colpiscono la Russia, ma questa volta l’impatto potrebbe essere diverso. Questo è un attacco indiretto che però, colpisce uno dei settori chiave dello sviluppo economico russo: l’energia.
Da quando è iniziato il conflitto tra Russia e Ucraina nel 2022, il mondo non è più lo stesso, e questo è risaputo. Molti paesi, in particolare quelli del cosiddetto “blocco occidentale” e quelli in orbita NATO, hanno progressivamente interrotto i rapporti con Mosca e approvato una serie di sanzioni che hanno inflitto alla Russia importanti flessioni economiche e commerciali. In particolare poi, i principali partner commerciali di Mosca, ovvero quei paesi che compravano petrolio, ma soprattutto gas, hanno eliminato del tutto o in parte l’energia russa dalle proprie importazioni. Non bisogna dimenticare che la Germania, ad esempio, era il principale importatore di GNL russo in Europa, dipendente per il 50% del suo fabbisogno interno, e che proprio per la Germania passava il Nord Stream 1, il gasdotto che attraverso il Mar Baltico faceva confluire il gas dalla Russia direttamente a Greifswald. Ma anche l’Italia, la Francia e i Paesi Bassi dipendevano tantissimo da Mosca per gas e petrolio. Dal 2022 gli stati europei hanno cominciato a diversificare gli approvvigionamenti, causando per la Russia, un crollo delle vendite europee di oltre l’80%. Da allora quindi, i principali acquirenti dell’energia russa sono diventati Cina e India che, approfittando della situazione di crisi, sono riuscite ad ottenere petrolio e GNL a prezzi vantaggiosi.
Proprio Cina e India potrebbero essere i paesi maggiormente impattati dai nuovi dazi che Trump imporrà su chi compra energia da Mosca. Dazi elevatissimi, che colpiranno i partner per danneggiare a loro volta Putin. Il petrolio russo rappresenta il 36% delle importazioni dell’India e circa un quinto di quelle cinesi. A sorpresa, tra gli altri paesi importatori, ci sono Turchia, Brasile e Arabia Saudita, ma anche alcuni Stati europei che non sono riusciti a staccarsi del tutto dall’energia russa. Secondo le fonti statunitensi questa è solo una strategia per convincere Putin a giungere a miti consigli e accettare le condizioni per la pace imposte da Washington. Ma al momento la cosa certa con questi dazi è che ci saranno conseguenze gravi su larga scala, e non solo in Russia. L’impatto più evidente sarà sicuramente sull’economia russa, ma anche sull’intero mercato petrolifero. È facilmente prevedibile che il prezzo del greggio aumenti e, di conseguenza, i principali partner commerciali di Mosca dovranno trovare delle soluzioni. Ma c’è un’altra domanda che gli analisti si pongono: qualora la Russia dovesse smettere di fornire petrolio, limitando finanche la produzione, e dovesse contrarre il proprio volume di esportazione, il mondo riuscirebbe a fare a meno della sua energia? Al momento sembra abbastanza improbabile, stando anche alle esperienze del recentissimo passato: tutti i paesi che hanno scelto di non importare più da Mosca e di diversificare l’importazione si sono dovuti rivolgere a più paesi produttori, perché nessun paese al mondo è in grado di produrre ed importare la stessa quantità di energia che la Russia produce.
Ad oggi, la mossa di Trump di colpire indirettamente la Russia, viene percepita dai mercati internazionali, come una semplice minaccia, una delle tante del tycoon; ma c’è da stare all’erta. Per il momento i mercati non hanno reagito, l’India non ha rilasciato commenti e la Cina ritiene inutile questa forma di coercizione, se lo scopo è fermare il conflitto in Ucraina. È bene sottolineare però che le conseguenze di queste decisioni potrebbero avere impatto anche su altri stati, e persino sullo stesso mercato statunitense: molte aziende della filiera produttiva che lavorano con l’energia potrebbero subire il contraccolpo, con non pochi danni. Tutto questo senza contare le conseguenze che l’aumento dei prezzi dell’energia avrebbe sia sugli importatori che sui consumatori finali. Praticamente l’effetto boomerang, che porterebbe a reazioni a catena dell’intera filiera, sarebbe dietro l’angolo. Proprio per questi motivi, le decisioni americane non trovano il sostegno globale, anzi. È più facile ipotizzare che aumenti la frattura nelle relazioni tra Washington e paesi come la Cina, l’India o il Brasile. La cosa potrebbe anche ritorcersi contro gli Stati Uniti e spingere i paesi del cosiddetto Sud Globale verso Mosca e verso Pechino. In sostanza, lo strumento delle sanzioni e quello dei dazi potrebbe rivelarsi inefficace, se lo scopo è raggiungere la fine del conflitto. Non solo: potrebbe anche essere l’inizio di un’escalation che porti verso un periodo di forte incertezza e criticità globale, soprattutto nel settore energetico.



















