Siamo consapevoli che l’attuale momento storico ci impone di coniugare sicurezza energetica e salvaguardia ambientale, con la inevitabile necessità di adottare un approccio neutrale rispetto alle possibili tecnologie e fonti per la decarbonizzazione. Siamo altresì consapevoli che tale approccio merita delle riflessioni, affinché sia realmente perseguibile da ogni settore interessato e che il gas – nelle sue evoluzioni green - si conferma coprotagonista delle sfide energetico ambientali nei settori hard to abate, includendo tra questi anche il settore residenziale. 

La transizione verso un sistema di generazione elettrica, caratterizzato da percentuali sempre più elevate di fonti rinnovabili, richiede – infatti - lo sviluppo in parallelo di sistemi secondari di bilanciamento della rete, in grado di assicurare la continuità delle attività produttive, lo sviluppo economico ed il mantenimento dei livelli occupazionali. Lo scenario ottimale prevede una combinazione di stoccaggi, avvalendosi delle diverse tecnologie disponibili, carburanti a ridotte emissioni quali idrogeno, biocarburanti e biometano, e centrali a gas con cattura delle emissioni. L’integrazione di queste soluzioni, tra loro complementari, non solo riduce i costi totali della decarbonizzazione del sistema energetico, ma contribuisce ad assicurare quella sicurezza energetica per troppi anni trascurata e che come, occorso nel 2022, ha provocato conseguenze molto pesanti sull’economia.

Se i numeri confermano che il gas sarà indispensabile per i prossimi anni risulta, altresì, vero che all’infrastruttura del gas è già richiesto di assumere nuove connotazioni, visto l’obbligo di lavorare in condizioni decisamente diverse rispetto a quelle vissute negli ultimi decenni. Rispetto all’impostazione del D. Lgs Letta, infatti, sono cambiati gli obiettivi e il contesto: non più sviluppi ed ampliamenti della rete, ma immissioni di gas rinnovabili, contenimento delle emissioni fuggitive, digitalizzazione, progressiva sincronizzazione con la distribuzione elettrica, solo per citarne alcuni.

Anche il mestiere del distributore sta cambiando e questo non può non impattare sulla struttura del mercato e sulla dimensione tecnica e finanziaria idonea ad affrontare tale sfida. Se oggi (dati aggiornati al 2023, Relazione annuale ARERA 2024) abbiamo 186 operatori di cui 138 con meno di 50.000 punti di riconsegna, domani tale sfida necessita di una capacità gestionale diversa benché la stessa Arera confermi livelli ottimali di sicurezza e qualità del servizio anche da parte dei distributori di minori dimensioni.

Con la Delibera 570/2019/R/gas l’Autorità ha orientato il sistema tariffario verso un unico costo efficiente standard, senza salvaguardare le specificità delle diverse classi dimensionali. Quasi al termine dell’attuale periodo regolatorio - e grazie a studi di settore conclusi recentemente da Assogas (Audizioni | Assogas) – si conferma il dato oggettivo secondo cui il gap costi operativi riconosciuti/costi operativi effettivi sembra seguire un andamento tendenzialmente inversamente proporzionale rispetto alla dimensione degli operatori. In altri termini, il vigente sistema tariffario riconosce ai distributori piccolissimi all’incirca la metà dei costi realmente sostenuti. A questo si aggiunge il peso di quei costi fissi non riconosciuti, svincolati dalle dimensioni degli operatori. Come noto, inoltre, la remunerazione delle immobilizzazioni si basa sul riconoscimento di un WACC unico e indipendente dalle dimensioni degli operatori, che per logica dovrebbe essere, invece, differenziato per classi dimensionali in modo da garantire l’equa remunerazione del capitale investito, unitamente ad un risparmio in tariffa. Lato investimenti, i piccoli subiscono, pertanto, un’ulteriore penalizzazione.

È evidente che per questi non è possibile alzare lo sguardo e competere con gli sforzi ambientali richiesti al comparto – al contempo - sempre più ambiziosi: basti pensare alla recente pubblicazione del Regolamento europeo Methane Emissions, secondo cui anche i distributori del gas sono chiamati a misurare, quantificare, comunicare e ridurre le perdite di emissioni fuggitive derivanti dalle reti. Questi obblighi ambientali si sovrappongono a quelli attualmente vigenti e legati al contenimento delle dispersioni ai fini della sicurezza gas. La qualità del servizio diventa multilivello e può essere realizzata solo grazie ad una forte spinta tecnologica supportata da maggiori investimenti.

Vista l’attuale frammentarietà dei distributori gas da un lato, e la necessità di maturare nuove competenze tecniche dall’altro, appare necessaria oggi una riflessione politica, legislativa, regolatoria ed industriale sul ruolo della distribuzione gas; non farlo, espone al rischio di costi inefficienti per i consumatori, investimenti rinviati o non ammortizzati, a seconda delle ipotesi, per i distributori, e comunque alla permanenza di un disegno ed assetto del mercato non coerente con il processo di decarbonizzazione già in corso.

Alla luce dei fallimentari risultati delle gare gas, oggi più che mai, serve riprogettare il mercato del gas per consentire a tutti gli operatori del settore di fornire attivamente il loro contributo in termini di competenze tecniche e forza economica nell’affrontare le nuove sfide energetico- ambientali.

Per facilitare tale disegno, si ritiene che le aggregazioni tra gli operatori, siano uno strumento concorrente al raggiungimento del nuovo assetto di mercato. Incentivarle consentirebbe ai nuovi operatori di gestire – e non subire - il processo di transizione energetica del nostro Paese, oltre a consentire ai soggetti più piccoli di reinvestire le loro risorse economiche in nuove attività concorrenti al raggiungimento degli obiettivi europei, oltre che nazionali, di decarbonizzazione.

In linea con quanto ipotizzato nel documento di consultazione ARERA n. 170 del 2019, Assogas  aveva condotto uno studio in base al quale il processo di aggregazione, stimolato dagli incentivi proposti, avrebbe condotto a pochi nuovi soggetti, grandi e medi, il cui contributo pro-competitivo avrebbe conseguito risultati più efficienti nel processo di gare per l’aggiudicazione del servizio di distribuzione del gas, senza impatti significativi sotto l’aspetto tariffario, e quindi sul cittadino. Dopo anni il tema sembra essere ritornato nei to do dell’Autorità: lo scorso anno il DCO 423/2023/R/EEL promuoveva meccanismi stimolanti volti a favorire le aggregazioni nel settore della distribuzione elettrica, ponendo con adeguata chiarezza il tema della convergenza opportuna delle diverse dimensioni tra le distribuzioni elettrica e del gas, a partire da quella concessoria. A distanza di un anno, il DCO 427/2024/R/gas – in corso di analisi - riguardante la rideterminazione dei costi operativi in ottemperanza alle varie sentenze del Consiglio di Stato, anticipa l’avvio di nuova consultazione tesa a favorire le aggregazioni degli operatori di minori dimensioni partendo dall’incentivazione sia degli Opex che dei Capex. La consapevolezza sembra oggettiva.

Per la prima volta, sembra prioritario il tentativo di ridisegnare l’assetto degli ambiti territoriali, tema assai delicato alla luce dell’acquisizione Italgas-2i Rete Gas con cui il soggetto unico acquisirebbe la copertura superando il 50% del mercato nazionale a fronte della restante quota ripartita tra i 184 operatori.

Tale acquisizione rende urgente il processo di consolidamento degli operatori per evitare frammentarietà da un lato e dominanza dall’altro. Quello da approfondire è sicuramente la modalità, per consentire ai piccoli una adeguata valorizzazioni dei loro impianti e ai medi di permanere sul mercato con stabilità. La modifica alla dimensione degli Atem deve essere, pertanto, preceduta da un'attenta valutazione volta a trovare il giusto equilibrio tra la ricerca di un'efficienza minima dal punto di vista industriale e la garanzia di una sufficiente partecipazione degli operatori alle gare.