A ventiquattro anni dal Decreto Letta, le gare per la distribuzione gas restano una svogliata promessa. E a venticinque anni dal Decreto Bersani, le gare per la distribuzione elettrica sono ancora una remota speranza. Sebbene la storia sia diversa, come in un romanzo, i due versanti si fondono perché ci sono forze economiche, tecnologiche e politiche che li spingono in tale direzione. Tuttavia, non è ancora chiaro quale sarà il capitolo finale e chi lo scriverà. Infatti, siamo di fronte a una biforcazione narrativa: i due settori potrebbero convergere, come vorrebbe la ragione, oppure potrebbero prendere due sentieri uguali ma divergenti, come vorrebbe la ragion politica.

La ragione dice tre cose. Primo: sia nel settore della distribuzione gas, sia nel settore della distribuzione elettrica, le economie di scala sono modeste oltre una dimensione di qualche centinaio di migliaia di utenze. Quindi non c’è un particolare beneficio nel forzare un consolidamento oltre quella soglia né nel fare della grandissima dimensione un totem indiscutibile.

Secondo: entrambi i settori sono caratterizzati da fortissime asimmetrie informative. Quindi l’unico modo per i regolatori di mitigare questo fenomeno (e fare bene il proprio mestiere) è sfruttare le evidenze che derivano dalla presenza di una pluralità di operatori (concorrenza per confronto) e dalla periodica organizzazione di gare in cui gli operatori sono costretti a rivelare i propri costi (concorrenza per il mercato). L’ordinamento italiano fornisce al regolatore entrambi questi strumenti: anzi, nel caso della distribuzione elettrica, il Bersani saggiamente prevede la ridefinizione del perimetro delle concessioni a partire dal 2030 in modo tale da superare l’attuale situazione di monopolio.

Terzo: il progresso tecnologico e gli obiettivi climatici contribuiscono a rendere i due settori sempre più interdipendenti, anche (se non soprattutto) al livello della distribuzione. Ignorare questo fatto rischia di porre le premesse per sostanziali duplicazioni di costi, che potrebbero essere scaricati soprattutto sui clienti gas (dato il declino di lungo termine della domanda) e, tra questi, su coloro che hanno minore possibilità di elettrificare completamente i propri consumi, in particolare le famiglie a basso reddito. Ne segue che un maggiore coordinamento – strategico e operativo – costituisce non solo un’importante occasione di ottimizzazione delle risorse, ma anche un elemento importante per rendere più efficace ed efficiente il percorso della transizione.

Tutto ciò dovrebbe spingere verso interventi che vadano nel senso, da un lato, di accelerare le gare e, dall’altro, di promuovere il coordinamento dei due settori. In questo contesto può avere senso una revisione degli ambiti gas, riducendone il numero, se si accompagna a una moltiplicazione degli ambiti elettrici, in modo da consentire gare comuni e potenzialmente una gestione congiunta.

La ragione politica, invece, sembra andare in tutt’altra direzione. Le oggettive difficoltà nelle gare gas sembrano stimolare una reazione conservatrice anziché pungolare a risolvere i problemi (che sono molti ma evidenti). Le altrettanto oggettive complessità della riforma della distribuzione elettrica – per la quale non a caso il Bersani prevede un periodo quinquennale tra l’avvio delle procedure (2025) e la loro conclusione (2030) – paiono suggerire di conservare lo status quo. E ciò significa che, nel nome della pigrizia politica, si rischia di rinunciare ai potenti strumenti di efficienza e sostenibilità che l’ordinamento ci mette a disposizione.

Tutti questi temi, che hanno natura ampia e generale, si scaricano in questi giorni su un caso concreto: l’acquisizione di 2i Rete Gas da parte di Italgas. Diversamente da altre operazioni simili, questa ha davvero una valenza di sistema. Autorizzare l’operazione, data la dimensione e i valori coinvolti, significa nella sostanza mettere una pietra tombale sulle gare gas; e tale messaggio sarebbe ancora più forte nel caso in cui fosse simultaneamente ridotto il numero degli ambiti. E, parallelamente, tirare il freno a mano sulle gare gas si porterebbe appresso anche la soppressione in culla delle gare elettriche. Per questo, alle consuete considerazioni che l’Antitrust dovrà compiere sugli effetti anti-competitivi della concentrazione tra i due principali operatori della distribuzione gas, si deve aggiungere una riflessione sulle sue conseguenze politiche.