Di Enrico Mattei molto si è scritto e dibattuto in passato da fronti nettamente contrapposti. In modo talora agiografico - sino a sfiorarne la mitologia - più di sovente in modo denigratorio: quale simbolo negativo della politica italiana e del capitalismo di Stato. Di queste due raffigurazioni, è la seconda, quella negativa, che ha preso ad attecchire. Come testimoniato da quanto scritto qualche anno fa da un Senatore della Repubblica che si augurava che non avessero a nascere altri Mattei: indispettito del fatto che managers di imprese pubbliche continuassero a conseguire buoni risultati, col “rischio” che ciò allentasse la via della loro privatizzazione.

E d’altra parte, non sarà un caso che i maggiori punti di forza della nostra industria siano rappresentati da aziende in cui lo Stato ha preservato una posizione di controllo – Eni, Enel, Fincantieri, Snam – mentre la cessione ai privati ha comportato talora indubbie perdite.

Di Enrico Mattei imprenditore poco o nulla si è invece detto dopo la sua morte. Un silenzio paradossale, perché è sul terreno dei risultati che avrebbe dovuto essere giudicato, e imbarazzante, perché se quel bilancio fosse stato stilato, l’imprenditore marchigiano ne sarebbe uscito a testa alta. I fatti - e non è retorico dire la storia - gli hanno dato pienamente ragione, mentre hanno sconfessato chi in vita, ad iniziare da Indro Montanelli, lo attaccò sul ‘Corriere della Sera’ con inusitata asprezza dandogli dell’incapace, dell’imbroglione, “del traditorello e truffatore da strapazzo”.         

A quelle accuse la storia ha dato una risposta inequivocabile. La conclusione è che il Primo Presidente dell’ENI è stato un personaggio scomodo: da morto non meno che da vivo. A lui si devono molte intuizioni geniali, ad iniziare dall’obiettivo di valorizzare lo sfruttamento, il trasporto, l’impiego estensivo del metano: strategia industriale che le grandi compagnie petrolifere allora esecravano,  preferendo bruciarlo in atmosfera o abbandonare i campi in cui lo si ritrovava, perché troppo costoso estrarlo, ingabbiarlo, trasportarlo a grandi distanza.

Mattei era convinto del contrario: bisognava massimizzare la produzione nazionale di metano e porre le premesse per avviarne progetti di importazioni da grandissime distanze – dalla Russia, dall’Algeria, dall’Olanda – che avrebbero assegnato all’Eni e Snam posizioni di leadership mondiali di cui l’intero paese ha potuto avvalersi nella recente ‘guerra del gas’.

L’esperienza e il ruolo guadagnati da Eni e Snam nel mercato del metano hanno infatti consentito al nostro Paese di ridurre enormemente le importazioni di gas dalla Russia, attingendo ad altri fornitori (specie Algeria) o alle importazioni di gas naturale liquefatto rafforzando, grazie a Snam, la nostra capacità di rigassificazione. Si è così ‘riscoperta’ la grande valenza strategica delle società ancora sotto il controllo pubblico, con grande scorno di chi ne sosteneva la privatizzazione, magari – come qualcuno propose – cedendo Snam a Gazprom allo scopo, si disse assurdamente, di rafforzare la concorrenza nel mercato!

L’altra grande scelta avviata da Mattei è la strategia politica e industriale verso i paesi produttori in cui operava Eni o le sue controllate. Strategia tesa a garantire loro un pieno diritto allo sfruttamento delle risorse di cui disponevano destinando parte dei proventi al loro sviluppo interno. I rapporti paritari declinati da Mattei avrebbero rivoluzionato il mondo del petrolio: avviando quel processo di affrancamento dalle potenze coloniali e dalle grandi compagnie che ne erano espressione e strumento.

Attingendo alle strategie matteiane su delineate il governo ha proposto e il Parlamento approvato per legge il 10 gennaio 2024 il “Piano Mattei” per lo sviluppo di Stati nel Continente africano centrato su cinque pilastri: agricoltura, energia, acqua, istruzione, salute  – che dovrebbero consentire, da un lato, attraverso copiosi investimenti di rafforzarne lo sviluppo interno trasferendo loro il know-how di cui disponiamo e, dall’altro, di migliorare non solo la nostra sicurezza energetica ma anche la gestione dei flussi migratori verso il nostro paese.

Ai condivisibili potenziali contenuti di questa rinnovata partnership tra Italia e paesi africani dovranno far seguito atti concreti da parte delle nostre autorità pubbliche e delle imprese, pubbliche o private, che vorranno avvalersene. Essersi rapportato alle idee di Enrico Mattei è un fatto estremamente positivo, perché significa, ad oltre sessant’anni dalla sua scomparsa, riconoscerne la lungimiranza e la rivoluzionaria capacità di ridisegnare su basi paritarie i rapporti tra Nord e Sud del mondo. Riteniamo, tuttavia, che della sua visione dell’energia non possano estrarsi, come in un puzzle, solo gli elementi che aggradano ma debba essere considerata nella sua interezza.

La sua visione aveva un obiettivo superiore: garantire al nostro paese le migliori condizioni per l’approvvigionamento di energia: in termini di sicurezza, convenienza, affidabilità. Quel che avrebbe comportato un pieno sfruttamento delle risorse minerarie di cui disponiamo ed una solida ed efficiente industria petrolifera nazionale. Ciò non sta avvenendo: con l’incapacità o non volontà di estrarre gas e petrolio nelle quantità di cui pure potremmo disporre (raddoppiandone le quantità in tempi brevi) e lo ‘sfarinamento’ dei nostri asset petroliferi, specie nella raffinazione, col disimpegno da parte di operatori italiani e il palesarsi di rischi che riteniamo non attentamente valutati.