In occasione di OMC, Assorisorse e RiEnergia hanno organizzato due pomeriggi di interviste ad autorevoli esperti del mondo dell’energia. I talk show sono stati divisi per argomenti; durante la prima giornata si è parlato dei diversi pezzi che compongono l’articolato puzzle della transizione energetica. Con Francesco Somma, Presidente di Confindustria Basilicata, abbiamo parlato di transizione e territori, la cui integrazione risulta fondamentale per uno sviluppo pienamente sostenibile.
In un’ottica di sostenibilità a 360° gradi, le attività energetiche non possono prescindere da una strutturata integrazione con il territorio e le sue risorse naturali e umane. Esemplare il caso della Basilicata, piccola regione italiana per estensione ma centro nevralgico per la produzione di energia tradizionale e rinnovabile.
La Regione, principalmente conosciuta per ospitare sul proprio territorio il più grande giacimento petrolifero onshore d’Europa, dà anche un contributo determinante all’energy mix italiano. In materia di rinnovabili (fotovoltaico ed eolico), gode di un primato rilevante su scala nazionale in termini di capacità installata rispetto alla popolazione e alla superficie del territorio.
Il modello di sviluppo implementato risulta virtuoso, in parte per le buone policy avviate, in parte perché è nato e cresciuto in modo spontaneo e la speranza è che possa mantenersi tale ancora a lungo.
Come Confindustria puntiamo a perseguire l’interesse nazionale, locuzione tornata di forte attualità dopo la pandemia e la crisi energetica, ma per tanti anni ritenuta politically uncorrect. Serve, però, un maggiore slancio soprattutto in materia di autorizzazioni, ancora troppo lente a causa dei numerosi rischi paventati, in maniera spesso ingiustificata: in termini di sicurezza sul lavoro e di tecnologie, l’industria italiana dell’Oil&Gas è tra le più avanzate al mondo. Serve, inoltre, un impegno delle classi dirigenti lucane a valorizzare al massimo queste due fonti essenziali, anche perché con le risorse economiche che ne derivano si possono mettere in atto quelle misure necessarie alla transizione energetica che, vale la pena ricordarlo, non è un pasto gratis. La transizione, per essere tale, non può considerare solo gli impatti ambientali ma anche le ricadute economiche e sociali. Questo per evitare di farsi mordere dalle crisi e di dover conseguentemente fare delle scelte draconiane e insostenibili.
Le grandi aziende energetiche come Eni, Shell e Total stanno orientando i loro investimenti all’indirizzo della decarbonizzazione, divenendo attori centrali della trasformazione in atto. Bisogna altresì aiutare tutte le imprese dell’indotto ad essere sempre più competitive sui mercati nazionali e internazionali.
Infine, ma non meno importante, serve investire nella formazione delle risorse del futuro, in quei profili professionali che guideranno la transizione. Occorre compiere uno sforzo enorme perché la Basilicata, ma in generale tutto il Mezzogiorno d’Italia, versa in una condizione di declino demografico e di spopolamento, aspetti che rischiano di compromettere qualsivoglia modello di sviluppo. Serve, quindi, stravolgere in maniera copernicana il modello di riferimento, creando le condizioni per una formazione di alta qualità e di alto livello per i nostri giovani. E per farlo uno degli strumenti più potenti è la formazione terziaria professionalizzante, vale a dire corsi che intercettino le esigenze delle imprese per le attività tradizionali e nuove, come potrebbe essere l’idrogeno. La Basilicata è stata scelta come una delle nove Hydrogen Valley italiane, ma per diventarlo bisogna creare le condizioni per cui ogni fase della catena del valore - dalla ricerca allo stoccaggio, dal trasporto al suo utilizzo finale - possa contare su una classe dirigente solida e su maestranze qualificate disponibili in loco.
Già in Basilicata esiste un Istituto Tecnico Superiore a cui aderiscono quasi tutte le associazioni imprenditoriali anche molte imprese singole, ma bisogna fare di più per frenare lo spopolamento che attanaglia una regione interna come la nostra. Serve trattenere le next generation e supportare e formare nuove professionalità evidenziando come la qualità del capitale umano locale sia centrale nel processo di transizione.