Nel contesto attuale, caratterizzato da una accesissima competizione geopolitica internazionale e una sistemica crisi climatica, i temi della sicurezza nazionale e della transizione energetica emergono quotidianamente, in tutte le loro complesse sfaccettature, nelle decisioni implementate dal governo statunitense. Non stupisce quindi, che all’interno del sempre più frammentato quadro internazionale, la competizione tra Washington e Pechino in vari settori della cosiddetta economia verde sia divenuta il perno centrale attorno al quale l’Amministrazione Biden sta agendo per sostenere un reshoring e decoupling della green industry, gettando le fondamenta per la creazione di catene di valore sufficientemente robuste.

Tuttavia, riuscire a garantirsi una affidabile e continuativa offerta di questi materiali, è un’esigenza che esula dai confini degli States e che riguarda indiscriminatamente ogni paese che debba sostenere lo sforzo nel processo di transizione energetica. A titolo di esempio, si consideri che l’input di risorse minerarie destinate ad un singolo veicolo elettrico equivale a quello necessario per la costruzione di sei auto a combustione, mentre il quantitativo destinato alla realizzazione di un parco eolico corrisponde a circa tredici volte quello di un impianto a gas della stessa capacità. Se si guarda nello specifico alle terre rare, circa 100.000 tonnellate di magneti permanenti sintetizzati con questi materiali sono annualmente impiegati nell’industria rinnovabile, oltre che ad altri settori come robotica, macchine utensili, mobilità e tecnologie per la comunicazione e informazione.

Le stime dei principali istituti di ricerca convergono tutte nella medesima direzione: l’ammontare di risorse richiesto è ingente. Secondo S&P a livello mondiale, nel corso dei prossimi 22 anni saranno necessari circa 700 milioni di tonnellate di rame: un quantitativo pari a quello estratto negli ultimi 5.000 anni di storia. Secondo il Think Tank americano Silverado, invece, entro il 2030 sarà necessaria l’apertura di circa 300 nuove miniere in tutto il pianeta per sostenere questi sforzi. Dal litio al cobalto, dal nickel alla grafite, passando ovviamente per le terre rare.

Eppure, guardando al Vecchio Continente, la chiara necessità di ulteriori investimenti nel settore minerario soltanto recentemente è stata materia di dibattito. L’annuncio riguardante lo sfruttamento del giacimento svedese di Per Geijer ha acceso i riflettori sull’esigenza di approfondire l’impegno e il coordinamento europeo. Il progresso tecnologico potrà, nel futuro, aumentare l’efficientamento nell’utilizzo di questi materiali, ma la strada appare in salita.

Le tecnologie pulite necessitano di complessi e diversificati approvvigionamenti di metalli e minerali

Fonte: Clean Energy Manufacturing Analysis Center

Ma torniamo agli Stati Uniti, e al perché negli ultimi 20 anni l’attenzione dei governi nei confronti di queste materie prime sia stata via crescente, in parallelo alla sempre più accesa contrapposizione con il gigante cinese.  Se già ai tempi della presidenza di George W. Bush la questione della sfida strategica con la Cina aveva attirato l’attenzione della Casa Bianca, è stato, però, soltanto durante l’era di Obama che il riorientamento verso il teatro dell’Asia-Pacifico ha acquisito centralità. La successiva amministrazione guidata da Donald Trump ha trasformato la competizione in un vero e proprio tentativo di smantellamento del modello di interdipendenza dalle reti di approvvigionamento stabilite con Pechino, innescando processi di reshoring e friendshoring, rinazionalizzazione e decoupling i cui effetti sono destinati ad amplificarsi nel prossimo futuro. Ordini esecutivi come il Threat to the domestic supply chain from Reliance on Critical Minerals from Foreign Adversaries, del 2020, e i piani di collaborazione siglati con l’Australia e la compagnia Lynas, dal 2019 in poi, segnano un punto di non ritorno e un marcato passo in avanti, ma non risolutivo (vedi fig. seguente), nella de-sinizzazione delle supply chain americane.

La dipendenza degli Stati Uniti nelle materie prime critiche cinesi

Fonte: Silverado

Influenzati dalla crisi energetica globale, dal 2022, infatti, gli Stati Uniti hanno impresso un’accelerazione di questi processi che non ha precedenti e le cui ripercussioni saranno globali. Con il Fact Sheet Securing a Made in America Supply Chain for Critical Minerals la Cina viene indicata chiaramente come competitor sistemico, una fonte di preoccupazione per la “dipendenza crescente da fonti esterne.” Il che spiega perché il Senato americano abbia imposto ai contractor dell’industria della difesa di interrompere l’acquisto di terre rare dalla Cina entro il 2026 e abbia indicato il Pentagono come ente destinato alla creazione di stoccaggi permanenti di minerali strategici.

Con l’Inflation Reduction Act (IRA), invece, approvato dal Congresso lo scorso agosto, si mira a incentivare nuovi investimenti nelle energie pulite, agevolando un coordinamento tra i vari soggetti federali e attori privati, smuovendo un’enorme massa di investimenti, nell’ordine di centinaia di miliardi di dollari, sotto forma di incentivi e prestiti.

Entrambi gli atti sono un chiaro segnale di maggiore ambizione della Casa Bianca nel promuovere un modello di transizione più vicino a valori e processi costitutivi della società americana, rimarcando come business, stati federali, comunità locali e singole famiglie potranno beneficiare, secondo le parole dello stesso Biden, “di una delle più significative leggi nella nostra storia”. Tuttavia, al momento, senza alcuna capacità interna nel processare terre rare negli Stati Uniti, tocca al privato avvalersi del volume senza precedenti di capitali messi a disposizione dall’Amministrazione Biden e difendere gli interessi nazionali.

A gennaio 2023, General Motors ha deciso di investire 650 milioni di dollari nella miniera di litio di Thacker Pass, nel Nevada, con l’obiettivo di riportare negli Stati Uniti la produzione di sufficienti risorse per sostenere un’industria locale di batterie. Reshoring americano, per l’appunto, mentre le società aspirano a difendersi dalla guerra di prezzo che si intravede all’orizzonte tra i principali attori nel mercato, incluse le compagnie cinesi. MP Materials, invece, ha iniziato la costruzione di uno stabilimento per la separazione e purificazione di terre rare a Fort Worth, in Texas. Qui, nel corso dei prossimi anni, i minerali estratti nel solitario giacimento di Mountain Pass, in California, produrranno metalli, leghe e magneti.

La strada da percorrere verso una maggiore autonomia dalla Cina rimane ancora lunga e, secondo Washington, gli investimenti nel settore sono ancora insufficienti. Un fattore di “grande preoccupazione” per il coordinatore speciale della Casa Bianca alla sicurezza energetica Amos Hochstein, secondo il quale l’IRA vuole “rendere sicura, dalla prospettiva americana” la creazione e stabilizzazione di “una catena di valore per gli Stati Uniti” nei settori delle materie prime critiche. Per difendere gli interessi di Washington, al momento non vi sono strade alternative.