In Italia il problema della gestione dei rifiuti “nucleari”, più correttamente definiti “rifiuti radioattivi”, riguarda i rifiuti provenienti dalla produzione di energia e dalle operazioni di decommissioning delle quattro centrali nucleari, chiuse all’indomani del disastro di Chernobyl nel 1987 a seguito di un referendum popolare. Oltre a quest,i vi sono poi i rifiuti prodotti da un limitato numero di reattori di ricerca, alcuni dei quali ancora attivi, e quelli generati da attività scientifiche, mediche e industriali.

I rifiuti radioattivi lasciati in eredità dagli usi civili del nucleare sono ancora stoccati presso i rispettivi siti di produzione (sedi di centrali nucleari o impianti sperimentali di ricerca) inclusa una piccola parte di combustibile irraggiato, la maggior parte del quale inviato all’estero per essere riprocessato. Per renderne più agevole e sicuro lo stoccaggio, tali rifiuti sono stati condizionati o sono in corso e sono programmate operazioni di condizionamento.

Ogni anno l’ISIN, Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione, operativo dal 2019, pubblica l’Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi, report che fornisce un quadro completo della situazione in Italia ed è presentato attraverso schede descrittive degli impianti che al momento ospitano rifiuti radioattivi, combustibile esaurito, sorgenti dismesse e materie nucleari. Grazie al nuovo sistema informatico di acquisizione dei dati relativi a produzione e stoccaggio (STRIMS), entrato in funzione a gennaio 2022, dall’inizio del 2023 sarà possibile disporre di informazioni sempre più precise e, soprattutto, in tempo reale sulla produzione e movimentazione dei rifiuti radioattivi; attualmente dall’ultima edizione pubblicata, aggiornata al dicembre 2020, emerge che, in totale, il volume dei rifiuti radioattivi presenti in Italia è pari a 31.751,6 metri cubi.

Inoltre, dalla sua istituzione l’ISIN ha costantemente evidenziato, indicato e monitorato, attraverso l’esercizio delle proprie funzioni di regolazione, vigilanza e controllo, le misure e gli obiettivi fondamentali da perseguire. In particolare ciò è avvenuto con uno sguardo al lungo termine, per garantire che la gestione dei rifiuti radioattivi avvenga nel rispetto dei criteri tecnici di sicurezza stabiliti a livello nazionale, comunitario e internazionale.

A tal fine, lo snodo centrale è giungere in tempi rapidi alla localizzazione e poi alla realizzazione del Deposito nazionale, per stoccare in condizioni di massima sicurezza i rifiuti radioattivi ancora detenuti nei diversi impianti e al tempo stesso per consentire il rientro in Italia dei residui prodotti dal riprocessamento in Francia e in Gran Bretagna del combustibile irraggiato, e inviare per il riprocessamento in Francia la quota residua di combustibile irraggiato ancora stoccato in Italia.

Per quanto riguarda la realizzazione del Deposito Unico Nazionale che la Direttiva Comunitaria 2011/70 sulla gestione responsabile e sicura dei rifiuti radioattivi impone all’Italia di avere, l’anno scorso siamo entrati nella fase più importante e delicata, quella della individuazione del sito ove costruire l’impianto.

Si tratta di un sostanziale cambio “di orizzonte”. I rifiuti radioattivi, attualmente stoccati nei 24 siti temporanei sparsi sul territorio nazionale, rappresentano una soluzione costosa e che inevitabilmente fornisce meno garanzie di sicurezza rispetto a un Deposito realizzato ad hoc, su un’area individuata sulla base di attente analisi e valutazioni di sicurezza. Un processo che impone altresì l’ascolto dei territori e la realizzazione di infrastrutture con i più rigidi standard dettati dalle organizzazioni internazionali del settore in questa tipologia.

L’iter per la realizzazione del deposito, indicato dalla normativa vigente, ha subito un’accelerazione nel gennaio del 2021 con la pubblicazione della CNAPI (Carta delle aree potenzialmente idonee), che è stata discussa nel corso di un lungo seminario nazionale a cui hanno preso parte tutti i soggetti interessati e i rappresentati dei territori ricompresi nelle 67 aree indicate dal documento. Al Seminario ha partecipato, nel suo ruolo di autorità indipendente e “terza”, anche l’ISIN. A conclusione di questa fase di condivisione e confronto, la SOGIN - la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari - ha elaborato la CNAI (Carta delle aree idonee) che oggi è in via di analisi e validazione da parte dell’ISIN, dopo che ci sono stati trasmessi gli approfondimenti che avevamo richiesto. Ultimata la verifica ed emesso il parere tecnico da parte dell’ISIN, la CNAI sarà trasmessa ai ministeri competenti e quindi pubblicata.

Una volta pubblicata la CNAI, la SOGIN avrà il compito di raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle Regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee per avviare quelle verifiche in campo necessarie per completare la parte finale della procedura prevista per la realizzazione dell’impianto.

L’auspicio che ci sentiamo di fare è che l’iter per la realizzazione del deposito possa procedere speditamente, nonostante uno scenario nazionale ed internazionale indubbiamente complesso. Si tratta di un impegno che richiede tempo ed energie importanti per la soluzione di un problema “strutturale” che non è ulteriormente procrastinabile.