I drammatici eventi degli ultimi giorni hanno reso evidente alla pubblica opinione il ruolo essenziale svolto dal gas naturale nella nostra vita. La paventata interruzione delle forniture dalla Russia avrebbe effetti devastanti nei settori in cui il gas naturale è attualmente la fonte prevalente di energia (in pratica: tutti, ad eccezione dei trasporti in cui dominano incontrastati i derivati del petrolio): i settori domestico e industriale, dei servizi e del commercio e, soprattutto, della produzione elettrica.
La domanda ricorrente è la seguente: è possibile sostituire il gas naturale con altre fonti (o vettori) energetici? In quali settori, in quali tempi e con quali costi?
Prima di cercare di rispondere a queste domande, è utile ricordare alcune premesse. L’idea dominante alla base della transizione energetica è quella di sostituire il gas naturale (e le altre fonti fossili) con il vettore elettrico; questo comporterebbe necessariamente una (enorme!) domanda “addizionale” di elettricità, che dovrebbe essere interamente soddisfatta, nell’ottica della decarbonizzazione, da una produzione “addizionale” da fonti rinnovabili.
Ad oggi, però, la produzione di energia elettrica da rinnovabili in Italia (e nel mondo) è lungi dal coprire la domanda anche dei soli settori in cui l’utilizzo di energia elettrica è “obbligato” (ad esempio, l’azionamento di motori elettrici, l’illuminazione, ecc.). Inoltre, ancora nessuna nazione al mondo è mai riuscita a realizzare un cammino virtuoso che coniughi un incremento della domanda elettrica con la contestuale diminuzione delle emissioni di CO2. Il motivo è semplice: quando la domanda elettrica diminuisce (un esempio si è verificato in occasione della pandemia), il sistema elettrico risponde riducendo la produzione del parco termoelettrico (non quella delle rinnovabili) e le emissioni diminuiscono, ma quando la domanda cresce si verifica l’effetto opposto e la domanda “addizionale” è soddisfatta da centrali termoelettriche, con conseguente aumento delle emissioni. La quota percentuale di rinnovabili sulla domanda elettrica in Italia non registra aumenti significativi da parecchi anni (era 38,6% nel 2014 e 36,4% lo scorso anno); nel 2021, la produzione di eolico e fotovoltaico è stata rispettivamente pari a 20.619 e 25.068 GWh, a fronte di una produzione da fossile molto superiore (162.347 GWh).
Sono convinto che l’impressionante incremento dei prezzi del gas naturale (e del conseguente aumento dei prezzi dell’elettricità) registrato negli ultimi mesi modificherà questa situazione di quasi stallo nello sviluppo delle rinnovabili in Italia, e che si verificherà una forte accelerazione nell’installazione di nuovi impianti eolici e fotovoltaici, vuoi per i provvedimenti di semplificazione delle procedure, vuoi per l’aumentata competitività economica. Ciò non toglie che, anche nelle ipotesi più ottimistiche (ad esempio quelle di Elettricità Futura, che promette 60 GW di nuove rinnovabili in tre anni, con 90.000 GWh/anno di produzione), rimarrà comunque una quota importante di elettricità che dovrà essere prodotta da centrali termoelettriche programmabili, alimentate dal combustibile fossile che consente le minori emissioni e i migliori rendimenti: il gas naturale.
Chiarito che il gas naturale continuerà a essere una fonte energetica fondamentale per la produzione elettrica, in grado di sopperire con la flessibilità delle sue centrali all’imprevedibile variabilità della produzione eolica e solare, sarebbe utile avviare una graduale sostituzione degli attuali cicli combinati, di tecnologia oramai obsoleta, con moderni impianti basati sulla tecnologia di turbine a gas H, che consente rendimenti di conversione superiori di oltre il 10% rispetto agli impianti esistenti, con un risparmio annuo a pari produzione di circa 3 miliardi di mc di gas naturale, un risparmio che agli attuali costi del gas naturale rende attraente l’investimento anche in termini economici.
Dove è possibile sostituire il gas naturale con il vettore elettrico? Certamente nelle applicazioni che richiedono calore a bassa temperatura, grazie alle pompe di calore.
Un primo, importante settore con queste caratteristiche è quello del riscaldamento degli ambienti abitati: si tratta di sostituire le caldaie a gas naturale con pompe di calore ad azionamento elettrico. Naturalmente, a fronte del gas risparmiato con l’eliminazione delle caldaie, si avrebbe un contestuale incremento della domanda elettrica, che, come illustrato precedentemente, sarebbe soddisfatta da un’aumentata produzione di centrali alimentate a gas naturale. L’effetto complessivo è positivo: con pompe di calore con coefficiente di performance (COP) pari a 4, si ridurrebbe il consumo complessivo di gas del 40%. Di fatto, un abbattimento dei consumi complessivi di gas naturale ancora superiore si otterrebbe dalla sostituzione di caldaie con cogeneratori abbinati a pompe di calore, una soluzione impiantistica di grande flessibilità, basata su componenti di tecnologia italiana, che consente di produrre o solo calore, oppure di coprodurre elettricità e calore, con grandi risparmi in termini di energia primaria. La rivoluzione tecnologica in atto nel settore elettrico comporterà sempre più il passaggio da una generazione concentrata su grandi centrali a una pluralità di produttori distribuiti. Ad oggi, questo passaggio è avvenuto quasi unicamente grazie al diffondersi di impianti basati su fonti di energia non programmabili (sole e vento) che comportano, oltre a una sovraproduzione estiva, grandi difficoltà nella gestione “intelligente” della rete, con un incremento dei costi per lo stoccaggio dell’energia e per la gestione delle punte. La possibilità di disporre di un gran numero di prosumers alimentati a gas naturale, in grado di gestire il flusso di energia elettrica alla/dalla rete, cedendo o assorbendo energia a seconda della richiesta, potrebbe fornire un contributo essenziale alla risoluzione dei problemi di bilanciamento e approvvigionamento della rete elettrica provocati dalla non programmabilità delle fonti rinnovabili.
In conclusione, il gas continuerà ad avere un ruolo centrale nel panorama energetico nazionale per molti anni, accompagnando e favorendo la transizione energetica verso la decarbonizzazione. Fondamentale sarà utilizzarlo sfruttando appieno le potenzialità di efficienza energetica offerte dalla tecnologia. Più a lungo termine, il gas naturale potrà svolgere un ruolo importante anche nell’ottica di una futura economia totalmente decarbonizzata, basata sui soli due vettori energetici “puliti”, il vettore elettrico e l’idrogeno. Tutti gli scenari energetici basati sullo sviluppo sostenibile prevedono, infatti, a fianco delle rinnovabili e del nucleare, l’adozione di impianti alimentati da combustibili fossili (in primis il gas naturale) associati alla cattura e al sequestro della CO2 che producano, separatamente o anche congiuntamente, elettricità e/o idrogeno.