Qual è l’impatto ambientale del GPL riscaldamento rispetto a fonti energetiche alternative e qual è la metodologia di valutazione più corretta? Lo studio che Assogasliquidi-Federchimica ha commissionato al gruppo Aware del Politecnico di Milano punta a rispondere a questi quesiti centrali attraverso un’analisi solida ed esaustiva. Ma facciamo un passo indietro, evidenziando le motivazioni che ci hanno spinto ad effettuare questo tipo di analisi.
Come noto, il settore che rappresentiamo è intimamente coinvolto nelle dinamiche di profonda trasformazione che stanno interessando il settore energetico. In questo contesto, il processo di revisione del framework comunitario, attraverso le misure integrate nell’ormai famoso pacchetto “Fit for 55”, si è giustamente orientato verso le tematiche del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale.
Nell’ambito di un percorso di transizione di così immane portata, che pone come ambizioso traguardo il raggiungimento della neutralità carbonica al 2050, sembrerebbe quasi scontata l’adozione di un approccio di tipo inclusivo che, basandosi sull’analisi delle evidenze scientifiche, massimizzi i contributi delle singole filiere energetiche, senza esclusione di nessuna fonte, nell’ottica di garantire che ogni “mattoncino” possa essere valorizzato e possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi sfidanti di decarbonizzazione.
Purtroppo, le posizioni che si stanno portando avanti a livello europeo risultano ben distanti dall’adozione di un approccio di questo tipo, manchevoli nel definire - nei diversi dossier comunitari – una politica che risulti coerente e soprattutto rispondente al principio di neutralità tecnologica, troppe volte richiamato ma del quale non si vede ancora una concreta applicazione.
Ritengo di poter affermare con estrema ragionevolezza che in molte delle iniziative comunitarie si rileva la prevalenza di una componente ideologica sull’incontrovertibilità delle evidenze scientifiche. Nella mia veste di Presidente di Assogasliquidi parlo ovviamente come portatore di interessi, ma voglio sottolineare come l’attività istituzionale della nostra Associazione si sia sempre svolta, e continuerà a svolgersi, con il pieno supporto di dati scientifici: ne sono la prova i numerosi studi che abbiamo sostenuto, tra cui quello più recente sopra menzionato.
Sono infatti dell’opinione che un approccio di tipo diverso, ad un tema fondamentale come quello dell’energia, sia da condannare nella maniera più assoluta. Ho prima menzionato il tema del cambiamento climatico e delle emissioni di gas serra, rispetto al quale condividiamo pienamente la necessità di progettare un processo di transizione del settore energetico che ne riformuli i paradigmi e rivaluti il ruolo del settore stesso, elevandolo da causa a soluzione.
È altrettanto condivisibile, però, che un approccio scientifico ad un problema di tale portata non possa essere basato su delle valutazioni di tipo puntuale, ma debba contemperare un’analisi di più ampia prospettiva. Ritengo, infatti, che la vera sostenibilità risieda nel coniugare esigenze ambientali, sociali, sanitarie ed infine anche economiche.
È con queste premesse che abbiamo deciso di commissionare al Politecnico di Milano uno studio che potesse analizzare le diverse fonti energetiche impiegate nel settore del riscaldamento, sia nelle applicazioni di carattere domestico che in quelle industriali, valutandone gli impatti lungo l’intero ciclo di vita a cominciare proprio dal prodotto da noi rappresentato e cioè dal GPL.
La metodica scelta per effettuare quest’analisi comparativa è stata quella dell’LCA (Life Cycle Assesment) che, oltre ad offrire un’analisi delle singole filiere energetiche, quantificandone gli impatti “dalla culla alla tomba”, ha consentito di valutarne contemporaneamente i contributi sia in termini di emissioni di gas climalteranti che di sostanze inquinanti.
Riteniamo infatti di fondamentale importanza individuare strategie di intervento in grado di coniugare soluzioni al tema del cambiamento climatico con quelle di carattere locale, in riferimento ad esempio al tema della qualità dell’aria. Rispetto a quest’ultimo punto mi preme sottolineare come la complessità della tematica implichi la necessità di una maggiore sinergia tra le diverse Amministrazioni, adottando un approccio multisettoriale e corroborando le misure di carattere regionale con la definizione di una politica nazionale di carattere organico.
Coniugando questa necessità al tema della qualità dell’aria, ed in particolar modo analizzando gli impatti del settore del riscaldamento domestico, un chiaro esempio di mancata sinergia è rappresentato dalle politiche che regolano il consumo di biomassa legnosa. Sebbene l’Italia sia stata più volte condannata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per ripetute violazioni in tema di qualità dell’aria, l’utilizzo di questo prodotto energetico gode ancora oggi di alcune misure incentivanti, nonostante le numerose evidenze sulle elevate concentrazioni di polveri sottili e di sostanze cancerogene nelle emissioni degli impianti residenziali alimentati a legna e pellet.
In riferimento a questo aspetto, i risultati dello studio del Politecnico di Milano confermano quanto già dimostrato da studi precedenti: dall’analisi comparativa tra i diversi prodotti energetici, emerge chiaramente il considerevole impatto della filiera del pellet caratterizzata, nel raffronto con quella del GPL, da notevoli incrementi di impatto sulla categoria tossicità umana cancerogena e sulla categoria assunzione materiale particolato. Si tratta di dati tecnici ormai evidenti e che richiamano l’esigenza di una forte azione istituzionale che inverta la rotta delle politiche di incentivazione fin qui poste in essere che, invece di disincentivare l’utilizzo di questa fonte, ne hanno supportato l’impiego e la diffusione.
Oltre ad effettuare i confronti tra le diverse filiere energetiche, lo studio ha permesso di identificare potenziali di miglioramento ambientale per la filiera GPL, in modo da individuare le condizioni abilitanti di una gestione futura più sostenibile nell’intero ciclo di vita del combustibile. A tale proposito mi preme sottolineare i concreti impegni e investimenti (in termini di ricerca e sviluppo) di soluzioni bio e rinnovabili da miscelare al GPL per ridurne in modo consistente – già dal 2030 – l’impronta carbonica, con obiettivo ancora più sfidante al 2050 in un’ottica di azzeramento delle emissioni nette di CO2.
L’auspicio è che le Istituzioni politiche, regolatorie e di gestione siano al nostro fianco a livello nazionale, ma anche e soprattutto comunitario, per far “vincere” ancora una volta l’Italia e le sue eccellenze industriali.