Nella prospettiva di una progressiva scomparsa degli incentivi alle fonti rinnovabili elettriche (FER), è la possibile combinazione di bancabilità e addizionalità degli investimenti legati a un Power Purchase Agreement (PPA) a suscitare l’attenzione dei policy makers. Specie negli Stati Uniti, dove il fenomeno è maggiormente diffuso e la quota della nuova potenza rinnovabile associata a PPA con clienti finali è arrivata a coprire quasi la metà del totale degli investimenti in FER.

Due sono i fattori che hanno portato a questi risultati: 1) il coinvolgimento di società come Google, Microsoft, Facebook e Apple che uniscono consumi elettrici elevati e in crescita, enormi disponibilità finanziarie e forte impegno alla sostenibilità dei loro business; 2) la piena compatibilità dei progetti rinnovabili associati a PPA con gli incentivi federali. Stando alle ultime previsioni fatte dalla Energy Information Administration (EIA) sulla base di informazioni raccolte presso gli operatori, alla fine del 2020 dovrebbero registrarsi nuovi record per le installazioni di impianti eolici, dovuti più che alla loro competitività alla “expiration” dell’incentivo: “Operators have scheduled 18.5 GW of wind capacity to come online in 2020, surpassing the record level of 13.2 GW set in 2012 (…) Expiration of the U.S. production tax credit (PTC) at the end of 2020 is driving the large wind capacity addition. The phase-out of the PTC extension is also reflected in the amount of wind capacity additions that came online in 2019, which EIA expects will total 11.8 GW.“

Le elezioni presidenziali di novembre hanno convinto in extremis l’amministrazione Trump a prorogare di un anno la scadenza del PTC. Con un’ulteriore sorpresa “elettorale”: il taglio dell’incentivo per il 2020 sarà meno gravoso di quello applicato agli impianti che hanno avviato le opere di realizzazione nel 2019. E questo spiega buona parte dei quasi 7 GW in più attesi nell’anno in corso.

Nonostante il potenziale di approvvigionamento da FER dei clienti industriali sia ritenuto notevole da parecchi osservatori, molti paesi non si sono ancora dati una cornice politica e regolatoria adeguata. E’ quello che il Governo italiano avrebbe dovuto fare con il nuovo PNIEC, che prospetta per i PPA un contributo addizionale annuo di 0,5 TWh nel prossimo decennio. Rispetto alla generazione addizionale cumulata al 2030 di oltre 70 TWh si tratta di un un contributo inferiore al 10%, che pare comunque sfidante da centrare con le poche misure previste: favorire il dialogo tra le parti e confidare nella spinta iniziale di alcuni contratti di fornitura con la pubblica amministrazione passati attraverso la piattaforma Consip.

Lo stato dell’arte delle tecnologie di generazione e della regolazione dei mercati elettrici, la carenza nel tessuto industriale italiano di aziende nelle quali coesistono consumi elettrici elevati e adeguata disponibilità di risorse finanziarie e di competenze giuridiche inducono a ritenere poco credibile che si possa avere, come si vorrebbe da parte del Governo, un qualsiasi contributo dai PPA senza oneri aggiuntivi per lo Stato e per i consumatori. In un articolo apparso sull’ultimo numero di Energia del 2019 si ricostruiscono le ragioni addotte da ARERA contro qualunque forma di incentivo a supporto dei PPA. La posizione di ARERA è stata recepita integralmente nel decreto ministeriale del 4 luglio 2019, al punto di impedire la partecipazione alle aste e ai registri previsti per l’accesso agli incentivi agli impianti che si iscriveranno alla piattaforma di negoziazione per i PPA che il GME dovrà approntare nei prossimi mesi.

Comprensibilmente poco soddisfatti, gli aderenti a un Comitato a sostegno dei PPA rinovabili hanno avanzato una serie di richieste per modificare il decreto che prevedono: un prezzo minimo di garanzia; un acquirente di ultima istanza in caso di fallimento dell’acquirente o di scadenza del contratto; incentivi da concedere agli acquirenti sotto forma di crediti fiscali. Di tutte queste richieste non si trova alcuna eco nell’ultima revisione del Pniec pubblicata lo scorso dicembre.

Le esperienze di maggior successo dimostrano che lo strumento dei PPA ha funzionato bene quando è stato integrato in un regime di incentivi. Se sparisce la stampella degli incentivi, tutte le opzioni progettuali sul tavolo saranno valutate nella loro totale esposizione alle incertezze dei mercati che, sic stantibus rebus, saranno maggiori nelle reti dove è più alta la penetrazione delle FER. E’ certamente indispensabile procedere al più presto a un riassetto dei mercati per allinearli alle caratteristiche tecniche ed economiche della generazione rinnovabile.

Nell’attesa di questa complessa riforma, lo strumento dei PPA potrebbe, grazie alla sua flessibilità, aiutare la transizione in vari modi. Molti paesi si troveranno presto ad affrontare la fine dei primi e più generosi regimi di incentivazione delle FER. Buona parte della potenza eolica installata in Italia fu realizzata grazie ai certificati verdi: circa 7,5 GW su un totale di 10 GW. Entro il 2028 non sarà più versato alcun incentivo in base a questo meccanismo. Per tenere in esercizio molti di questi impianti al termine dei venti anni di incentivi sarà inevitabile valutare qualche opera di rifacimento incluse le opzioni più radicali, che porterebbero incrementi significativi di produzione nei siti esistenti. A tale riguardo il Pniec afferma che “l’orientamento è fornire sostegno prevalentemente tramite misure di semplificazione e chiarimento del quadro normativo, con un ricorso agli strumenti di sostegno solo laddove tali misure non si rivelassero sufficienti.”

Ora, può essere che anche in Italia come in Germania in molti siti non sia praticabile alcun potenziamento dei parchi eolici per modifiche introdotte ai piani territoriali. Una volta chiarito il quadro normativo su questi aspetti, andrà affrontato il problema delle congestioni e del rischio di curtailment. La mancata eliminazione dei colli di bottiglia esclude la fattibilità dei potenziamenti per gli impianti eolici ad essi prossimi. Superate queste due barriere, e solo se fosse indispensabile dare un sostegno a questi potenziamenti, perché non sfruttare la flessibilità con la quale il PPA ha dimostrato di adattarsi a forme di sussidio diverse, sia per quanto riguarda il meccanismo di erogazione dell’incentivo sia per quanto riguarda i possibili beneficiari?