FRELP (Full Recovery End of Life Photovoltaic) è tra i primi progetti al mondo che punta a realizzare un impianto di recupero integrale dei materiali che compongono i pannelli fotovoltaici. Dopo una prima fase di sviluppo avvenuta tra il 2013 e il 2016, il prototipo industriale è stato recentemente oggetto di ulteriori modifiche e verrà presentato dal 5 all’8 novembre a Rimini, durante la fiera Ecomondo/KeyEnergy. Abbiamo chiesto al suo ideatore, Lodovico Ramon, di spiegarci meglio di cosa si tratta e quali prospettive vi sono per una sua futura implementazione.

Quando e come nasce il progetto FRELP? Quale lo stato dell’arte attuale?

Il progetto FRELP (Full Recovery End of Life Photovoltaic) nasce nel 2013 per conto della Sasil S.r.l., con il supporto della Stazione Sperimentale del Vetro di Murano e di PV CYCLE all’interno del programma LIFE della Commissione Europea. L'idea è stata, fin da subito, quella di creare un piccolo prototipo industriale di impianto di trattamento e recupero dei materiali che compongono i pannelli fotovoltaici giunti a fine vita. L’innovazione rispetto alle attuali linee di smaltimento sta nel concetto di recupero integrale del pannello, ossia in un riutilizzo del 98/99% delle materie prime originali. Così, negli anni, abbiamo elaborato un processo che si articola in quattro fasi. La prima fase permette il recupero del vetro, dell'alluminio e del connettore. La seconda consiste nell’eliminazione della plastica e nel recupero dell’alluminio come conduttore sulla superficie del wafer. La terza nel recupero del silicio e la quarta dei metalli (argento e rame) inizialmente associati al silicio. Nel 2015, tuttavia, ci siamo resi conto che i volumi di pannelli esausti richiesti per avviare un impianto industriale di recupero economicamente sostenibile non erano presenti in un mercato come quello italiano. Per avviare un primo impianto pilota, infatti, sarebbe stato necessario un volume minimo di circa 5.000 tonnellate all'anno, mentre all'epoca si faceva fatica a racimolare 1.000 t/anno. Come Sasil S.r.l., quindi, nel 2016 abbiamo deciso di non proseguire questa esperienza. Nel 2019, in seguito ad una nuova analisi dei mercati asiatici, statunitensi ed europei, e alla credibilità che nel frattempo il progetto FRELP era andato conquistandosi in tutto il mondo mediante la partecipazione a vari convegni, abbiamo deciso di riprovarci, questa volta come Tialpi, una società partecipante nella Sasil attraverso la Minerali Industriali S.r.l.. Il nuovo nome che abbiamo voluto dare al progetto è "FRELP By Sun" perché al prototipo iniziale sono state aggiunte importanti modifiche. In particolare, oltre ai macchinari e all'impiantistica, durante la fiera Ecomondo/KeyEnergy che si terrà a Rimini dal 5 all’8 novembre, verrà presentato il progetto dell'intero edificio che potrebbe ospitare l’impianto (padiglione B7, stand 065): 2.000 mq completamente ricoperti di pannelli fotovoltaici in una maggiore ottica di circolarità, autosufficienza energetica e sostenibilità ambientale.

La separazione dei materiali avviene quindi attraverso quattro fasi: ci racconta come funzionano?

La prima fase è costituita da un processo meccanico automatizzato che consiste nella separazione della cornice di alluminio, del connettore e della base di vetro ed è la più importante da un punto di vista del peso perché permette il recupero dell'88% del volume totale (70% vetro e 18% alluminio). Le fasi successive si concentrano sul cosiddetto sandwich(6/7% plastica e 4% silicio metallico) a partire da un trattamento termico che separa il silicio metallico dalla plastica e permette di recuperare i conduttori in alluminio. La terza e la quarta fase intervengono, infine, sul restante 4% di silicio che ancora si trova in forma grezza e che al suo interno contiene argento e rame. Questi vengono recuperati tramite processi chimici che riducono il “wafer” fotovoltaico in polvere (

Vi è già un prototipo industriale per tutte le fasi?

Ad oggi vi è un prototipo completo che riproduce la prima fase, mentre sulla seconda fase sono stati effettuati dei test con risultati che fanno ben sperare per quanto riguarda una riproduzione all'interno di un ciclo industriale. La terza e la quarta fase sono state testate in laboratorio e contiamo di sviluppare un primo modello di prototipo entro il prossimo anno. In occasione di Ecomondo, a inizio novembre, presenteremo il progetto a potenziali investitori con almeno le prime due fasi. Anche in base alla risposta del mercato capiremo quanto velocemente riusciremo a sviluppare e realizzare il primo impianto di trattamento completo di tutte le quattro fasi.

Venendo all’aspetto economico, quanto vale il materiale che si recupera da un pannello?

Come detto, se guardiamo al peso e al volume dei materiali recuperati, le prime due fasi contano per quasi il 90%. Se guardiamo i costi di sviluppo e di realizzazione, le prime fasi richiedono un esborso minore poiché si tratta di processi industriali relativamente semplici. Tuttavia, da un punto di vista del valore economico, le ultime due fasi sono quelle che assicurano una maggiore remunerazione dell'investimento, restituendo le materie prime di maggior valore. Se immaginiamo una linea di smaltimento da 5.000 tonnellate all'anno di pannelli, ossia circa 280.000 pannelli, prevediamo un valore dei materiali recuperati all'incirca di 2,7 milioni di euro: l'argento conta per il 40%, l'alluminio per un altro 37%, il silicio per il 12%, il vetro per il 10% e il rame per l'1%. Come possiamo facilmente intuire, la terza e la quarta fase restituiscono un valore aggiunto equivalente se non maggiore rispetto alle prime due fasi. A fronte però di un investimento più elevato poiché, appunto, si tratta di processi più complessi e ancora da sviluppare su larga scala.