Per decommissioning si intende la fase finale del ciclo di vita degli asset appartenenti alla filiera dell’Oil&Gas e, in generale, degli impianti industriali. E per questo è da considerarsi quale parte fondamentale del processo di investimento e può avere importanti risvolti economici, sociali e ambientali nel contesto in cui è realizzata. Nonostante in passato quest’attività abbia trovato poco risalto in termini di visibilità, negli ultimi anni, grazie anche a una maggiore consapevolezza generale, l’interesse degli stakeholder è andato progressivamente crescendo. Il decommissioning rappresenta infatti un’opportunità sia in termini occupazionali sia di rigenerazione di materie prime e/o asset che, alla fine del ciclo di vita industriale per il quale erano stati progettati, hanno ancora il potenziale per essere riconvertiti e riutilizzati – in toto o in parte – in favore di altre iniziative.

Il decommissioning va quindi inteso come una rappresentazione perfetta dei concetti di efficienza, di economia circolare e di sostenibilità. La trasformazione di asset non redditizi o in dismissione, a cui viene data una nuova vita ed un futuro sostenibile low carbon è parte della strategia di Eni, insieme alla ricerca di soluzioni innovative, di processi e prodotti finalizzati al riutilizzo e alla valorizzazione di materiali di scarto, per rendere il sistema economico più efficiente, minimizzando al contempo il consumo di risorse e di energia. Eni è consapevole dell’importanza delle attività di decommissioning e delle opportunità che ne derivano. Per questo motivo, oltre ad essere imprescindibili, queste attività avranno in futuro un impatto sempre maggiore nel quadro generale delle attività della società.

In Italia, la normativa che regola le attività di decommissioning ha trovato solo recentemente un riferimento normativo puntuale con l’emissione delle Linee Guida del 15 febbraio 2019 riguardanti la dismissione delle piattaforme offshore. Per quanto riguarda la parte onshore, invece, non esistono specifiche norme bensì procedimenti autorizzativi che fanno riferimento principalmente agli Enti locali preposti. In tale ambito è importante sottolineare come i procedimenti autorizzativi debbano avere tempi certi al fine di poter rispettare la programmazione delle attività. Eni già da alcuni anni è attiva in progetti di chiusure minerarie e decommissioning di aree industriali e, recentemente, ha avviato importanti progetti di riconversione green di siti industriali dismessi come ad esempio la riconversione delle raffinerie a ciclo tradizionali in green refinery a Marghera e a Gela.

Eni ha già ottemperato a quanto previsto nelle linee guida presentando a marzo 2019 le prime tre strutture da rimuovere o da riconvertire per altri usi. Il Ministero dello Sviluppo Economico, nel comunicato del 4 settembre 2019 , ha annunciato che due di queste sono potenzialmente riutilizzabili e che i soggetti interessati al riutilizzo delle piattaforme disponibili, in possesso dei requisiti indicati nelle stesse linee guida, possono presentare istanza di riutilizzo.

Una pianificazione che parte da lontano

Eni pianifica e valuta annualmente il proprio impegno nelle attività di decommissioning e dal punto di vista del bilancio dispone di un apposito fondo abbandono per i costi necessari alla dismissione di tutti gli impianti al termine della loro vita produttiva. In particolare, nella valutazione economica di un progetto, unitamente ai costi tecnici vengono inclusi anche i costi di abbandono. Al termine della vita utile del campo, i costi relativi al decommissioning saranno coperti dall’utilizzo del fondo accantonato. I fattori più importanti nella costituzione di un adeguato fondo di abbandono sono la stima corretta dei costi, da aggiornare periodicamente e la definizione della tempistica di esborso.

Per assicurare un coordinamento unitario ed organico delle attività di decommisioning, Eni si è dotata di un dipartimento dedicato che ha il compito di presidiare il processo e di capitalizzare il know how associato alle attività che presentano una complessità analoga ai progetti di costruzione e sviluppo.

Il dipartimento Eni di Decommissioning, ubicato presso la sede di San Donato Milanese, presidia le attività per tutti gli asset per i quali esiste un’obbligazione di abbandono ed un futuro onere associato in Italia e all’estero. Si parla quindi di strutture, pozzi, impianti, sia onshore sia offshore, per ognuno dei quali è definita una data di fine vita e un costo associato di decommissioning. Un sistema informatico specifico è in grado di gestire questa rilevante quantità di dati, tenere aggiornati i costi e consentire pianificazione, sinergie ed ottimizzazioni. La struttura di sede si avvale di unità operative che si trovano direttamente presso le Business Unit e che hanno il compito di eseguire le attività di decommissioning. Il dipartimento, inoltre, sviluppa l’ingegneria delle diverse iniziative grazie all’esperienza maturata, soprattutto all’estero, in progetti di grandi dimensioni e tecnicamente impegnativi (Mare del Nord, Golfo del Messico, Africa …) attingendo anche a competenze esterne e confrontandosi con altri operatori del settore e associazioni.

In tale ambito, è in corso una collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche per lo sviluppo di modelli di valutazione dei siti e quantificazione degli impatti dovuti alla rimozione di piattaforme.

Relativamente all’offshore italiano, la dismissione delle piattaforme rappresenterà un grande impegno per Eni nei prossimi anni. L’attività è già iniziata con il programma di chiusure minerarie, propedeutico alla rimozione delle piattaforme, che prevede nei prossimi anni l’intervento su circa 40 pozzi offshore, di cui 2 in corso.

A titolo di esempio, nel settore upstream il piano di decommissiong offshore relativo al Distretto di Ravenna prevede un impegno economico di circa 150 milioni di euro nei prossimi anni con 33 pozzi da chiudere e 15 strutture da dismettere, in funzione del rilascio delle necessarie autorizzazioni.

Più in generale, per quanto riguarda le strutture onshore i lavori di decommissioning sono già in uno stato avanzato. Quasi tutte le strutture dismesse, che hanno ricevuto le necessarie autorizzazioni, sono già state demolite e rimosse, ed è in corso, laddove prescritto, il processo di bonifica delle matrici ambientali che rappresenta una fase successiva al decommissioning. Importanti risultati sono già riscontrabili presso quelle aree che ospitavano grandi complessi petrolchimici, come ad esempio Assemini (CA), Porto Marghera (VE), Priolo (SR), Brindisi, Crotone, solo per citarne alcune, dove quasi tutti gli impianti dismessi sono stati completamente rimossi.

Il decommissioning rappresenta una grande opportunità per una pluralità di stakeholder. Le aree liberate dalle strutture rimosse possono, infatti, essere restituite al territorio per nuovi utilizzi o nuove iniziative industriali, trovandosi già in contesti dove sono presenti infrastrutture e servizi che ne favoriscono il reimpiego. Le strutture offshore che non saranno rimosse potranno essere riutilizzate da altri soggetti per scopi di natura scientifica, per il monitoraggio ambientale, nell’ambito delle energie rinnovabili o per iniziative di altra natura.

Grazie inoltre ai significativi investimenti previsti, vi saranno importanti ricadute in termini di occupazione. In tale ambito, per rendere più efficiente l’esecuzione delle attività e massimizzare le ricadute sul territorio è di particolare importanza la costituzione di raggruppamenti in grado di offrire un servizio integrato, soprattutto per la parte offshore, dalle operazioni in mare agli spazi di deposito e lavorazione a terra per finire con le operazioni di recupero e smaltimento. A tal proposito Eni, al fine di dotarsi delle migliori competenze sul mercato e in coerenza con la normativa, ha già emesso un bando di qualifica di natura pubblicistica che si chiuderà nel mese di settembre 2020 per i lavori di decommissioning che si prevede di realizzare in Italia e più in generale in Europa.

Il decommissioning rappresenta un esempio concreto di efficienza, sostenibilità ed economia circolare. Per questo Eni si è posta l’obiettivo di valorizzare il processo trasformandolo in un’opportunità per tutti gli stakeholder coinvolti, perseguendo azioni concrete e promuovendo un dialogo costante e trasparente con tutti gli interlocutori.