Nonostante i proclami di una rinascita nucleare, dettati dalla disponibilità di nuove tecnologie a basso costo e dalla necessità di rimpiazzare i combustibili fossili con una generazione elettrica low-carbon, gli ordini di nuove centrali nucleari scarseggiano. E non da oggi ma da 30 anni a questa parte. Con la maggior parte dei reattori prossimi al fine vita, se non già oltre, e nonostante le proroghe concesse in alcuni paesi, si prospetta un consistente calo della capacità di produzione elettrica da nucleare nei prossimi anni.
Se già gli incidenti di Chernobyl e Fukushima hanno minato il futuro di questa fonte a livello globale, fattori economici, consistenti costi di costruzione – oltretutto in aumento - e la riluttanza degli investitori a finanziare nuovi progetti sono le principali ragioni alla base della scarsità degli ordinativi. I mercati storici dell'energia nucleare, Europa e Stati Uniti, sembrano incapaci di invertire la tendenza in atto ed è improbabile che riescano a garantire un numero significativo di ordini nei prossimi decenni, considerando che anche tra i loro fornitori domina il caos. Pertanto, se l’industria nucleare sopravviverà, sarà grazie agli ordini che arriveranno da nuovi mercati, forniti principalmente da Russia e Cina, oppure grazie a nuove tecnologie attualmente non ancora disponibili.
Venti anni fa il target economico del nucleare era essere competitivo rispetto alla generazione a gas, quel che richiedeva un costo di costruzione di soli $1.000/kW; a posteriori, possiamo dire che un simile obiettivo non aveva speranza di essere raggiunto. Da allora, la scarsità di ordini dimostra quanto sia difficile stimare i costi di costruzione, che oggi sembrano arrivati a superare i $7.000/kW. Con l'attuale enfasi sulla riduzione dei gas ad effetto serra, il vero concorrente del nucleare sono diventate le rinnovabili, in particolare eolico e solare, che in precedenza venivano considerate molto più costose dei combustibili fossili. Tuttavia, la rapida riduzione dei prezzi ha fatto sì che queste fonti risultassero, in alcuni mercati, competitive al pari delle fossili, divenendo un target economico non facile da raggiungere per il nucleare.
Altrettanto dannosa per la credibilità del nucleare è l’esperienza di costruzione di nuove centrali negli ultimi due decenni. Extra costi e ritardi ben documentati dei nuovi progetti con design occidentale, forniti da Westinghouse e Areva (che è ora tornata al suo nome precedente Framatome), sono stati i principali fattori del crollo finanziario di entrambe le società. In Europa, i due reattori EPR in costruzione di Areva, Olkiluoto e Flamanville, hanno accumulato più di 10 anni di ritardo con costi 3-4 volte superiori al budget iniziale. Negli USA, dei quattro reattori AP1000 in costruzione di Westinghouse, due (Virgil Summer) sono stati abbandonati dopo quattro anni a causa dei ritardi accumulati e dei costi elevati mentre il completamento degli altri due (Vogtle) è incerto per gli stessi motivi. Nonostante entrambe le società siano state salvate dalla bancarotta dai nuovi proprietari, la loro credibilità potrebbe essere irrimediabilmente distrutta. Questa esperienza ha rafforzato il giudizio dei finanziatori sul fatto che i progetti nucleari siano economicamente troppo rischiosi senza adeguate coperture.
Tutto ciò avvantaggia Russia e Cina che diventano i fornitori maggiormente in grado di aggiudicarsi nuovi ordini, anche se per molti mercati comprare da questi paesi non sarebbe politicamente fattibile. Entrambi si sono imposti intorno al 2007, prima come i maggiori mercati per nuovi reattori e in seguito come fornitori di tecnologia nel mercato internazionale. In Russia, la domanda interna è venuta meno dopo solo una manciata di ordini, così Rosatom ha iniziato a sponsorizzare la propria tecnologia (AES-2006) affermando che soddisfacesse tutti i requisiti di sicurezza imposti in Europa e Stati Uniti. La Russia si è anche messa a disposizione per fornire i finanziamenti necessari e, sebbene l’apparente costo di costruzione non fosse molto inferiore a quello offerto da Westinghouse e Areva, è riuscita a vincere oltre 30 ordini di esportazione, spesso in paesi senza alcuna esperienza commerciale nel campo dell’energia nucleare come l’Egitto, il Bangladesh e la Turchia. Generalmente, si sono accumulati lunghi ritardi, superiori ai 5 anni, tra la firma dell’accordo e l’avvio dei lavori di costruzione che sono iniziati solo su due di questi ordini: in Turchia e Bangladesh. È ancora troppo presto per determinare come stiano andando i lavori in questi siti, in quanto sono partiti solo da 1-2 anni. Tuttavia, si può affermare che l’esperienza in territorio russo non è molto incoraggiante, considerando che tutti i quattro reattori che utilizzano questa nuova tecnologia hanno avuto almeno 4 anni di ritardi.
Guardando alla Cina, tra il 2007 e il 2010 il mercato interno era enorme, con 7 o più reattori in costruzione all’anno. Nonostante ciò, il nucleare rappresenta ancora oggi solo il 4% dell'elettricità cinese (dato 2018). La maggior parte di queste centrali utilizzava una tecnologia francese degli anni ‘70 che chiaramente doveva essere sostituita. La Cina pianificava di importare un piccolo numero di AP1000 (quattro reattori) ed EPR (due reattori) così da “indigenizzare” la tecnologia riducendo i costi e rendendoli competitivi. Ciò non è accaduto e gli impianti importati hanno presentato ritardi e problematiche inusuali per gli standard cinesi. Questo, insieme al disastro di Fukushima, ha contribuito ad arrestare gli ordini in Cina dal 2011 ad oggi, nonostante le continue previsioni governative di una ripresa dei lavori di costruzione. Il problema non sono solo i costi, ma anche la crescente opposizione pubblica, specie verso la costruzione di siti nell'entroterra - tutti gli ordini esistenti riguardano siti costieri -, uno stallo nella crescita della domanda di elettricità e una drastica riduzione dei costi delle energie rinnovabili.
Intorno al 2012, i due principali fornitori cinesi, CGN e CNNC hanno proposto di lanciare loro design avanzati ma il governo cinese ha preteso che i due design venissero fusi per formare il Hualong One che, con ogni probabilità, rappresenterà la maggior parte degli ordini nel mercato interno e in quello internazionale nel prossimo decennio. I ritardi accumulati dal completamento degli impianti AP1000 e EPR insieme agli alti costi sostenuti portano a concludere che nessun EPR verrà più pianificato in Cina e che i progetti che avrebbero dovuto usare la tecnologia AP1000 verranno convertiti in modo da consentire l’uso del Hualong One.
Tuttavia, il notevole impegno in diversi mercati di esportazione non ha portato ad un numero significativo di nuovi ordini per la Cina, a parte un paio di reattori in Pakistan. Non è chiaro perché la Russia abbia avuto così tanto successo nell'acquisire ordini di esportazione rispetto al paese asiatico, considerando che anche quest’ultimo offre finanziamenti per i progetti. Con le energie rinnovabili divenute competitive rispetto al nucleare cinese e con pochi ordinativi aggiudicati all’estero, è difficile capire perché la Cina continui ad impegnarsi così tanto su questo fronte.
Nonostante tutte le cattive notizie su costi e costruzioni, l’interesse per l’energia nucleare rimane elevato in molti paesi. Intorno al 2000, i mercati principali erano gli Stati Uniti e il Regno Unito considerati i pionieri del nucleare. Tuttavia, degli oltre 30 reattori pianificati intorno al 2010 per gli Stati Uniti, solo quattro sono stati portati avanti e tutti si sono rivelati disastrosi sotto il profilo economico; ci vorrà quindi molto tempo prima che vengano presi in considerazione nuovi ordini per reattori di grandi dimensioni. Il Regno Unito ha programmato la costruzione di 11 nuovi reattori entro il 2030 ma di questi solo due sono in corso (e solo uno è attualmente in costruzione); altri due dipendono da una forma di finanziamento ancora da approvare che prevede di trattare gli impianti come strutture di monopolio riconoscendo ai proprietari un predefinito tasso di ritorno dell'investimento. Gli altri sette progetti sono stati abbandonati. Altrove in Europa occidentale non sembrano esserci grandi possibilità di nuovi ordini.
Nell'area del Pacifico, Taiwan e Corea hanno adottato politiche di graduale phase-out dei reattori e il Giappone potrà semmai rimettere in funzione qualche reattore esistente dopo Fukushima, ma è improbabile che ne costruisca di nuovi. L’unica speranza risiede in alcuni paesi in via di sviluppo e nell'Europa orientale. Per i paesi in via di sviluppo, l'offerta di finanziamenti da parte di Russia e Cina sembra risolvere un problema, ma l’alto costo dei reattori per Stati che non sono in grado di permettersi energia costosa potrebbe compromettere la maggior parte di questi piani.
L’Europa orientale, in particolare Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria, continua a tornare sull'opzione nucleare nonostante i fallimenti dei programmi lanciati negli ultimi dieci anni. Solo l’Ungheria ha ottenuto un ordine (con Rosatom) ma costi elevati e difficoltà di finanziamento rendono difficile capire perché gli sforzi attuali dovrebbero avere più successo di quelli precedenti.
Come sempre, quando le cose vanno male per l’energia nucleare c'è chi sostiene che il problema è quel particolare design e che la risposta risiede nelle nuove tecnologie. Attualmente, l’attenzione è sugli Small Modular Reactors (SMRs) che si prevede produrranno meno di 300 MWe e saranno costruiti in fabbrica come moduli, mentre sul sito verrà eseguito solo il montaggio. Dal punto di vista tecnologico, esiste una vasta gamma di design, essenzialmente versioni più piccole dei reattori ad acqua pressurizzata (PWR) e ad acqua bollente (BWR) che rappresentano la maggior parte dei reattori operativi. È difficile sostenere che il ricorso a reattori più piccoli possa portare ad una riduzione dei costi dato che, nel corso della sua storia, l'industria nucleare ha aumentato la dimensione dei reattori proprio per ridurne i costi. L’assunzione di costi inferiori fa perno sulla costruzione di un numero elevato di piccoli reattori attraverso linee di produzione. Tuttavia, la validità di questa affermazione può essere valutata solo una volta che sarà stato costruito un numero elevato di SMR aventi un determinato design. È probabile che ciò richieda ingenti somme di denaro pubblico da destinare al finanziamento del design e delle strutture di produzione ma è difficile capire se i governi saranno disposti a rischiare in tal senso per tecnologie ad oggi solo ipotetiche.
La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui.