Nonostante siano estratti su scala industriale in un solo Paese - gli USA - il light tight oil e lo shale gas sono ormai da almeno 5 anni i principali market movers globali nel settore dell'energia. I giacimenti non convenzionali da cui vengono estratti con tecniche di perforazione e trivellazione avanzate hanno, infatti, una caratteristica che li ha resi un game-changer straordinario: la produttività.

Gli strati porosi in cui sono intrappolati il light tight oil e lo shale gas devono essere stimolati attivamente per rilasciare il petrolio e il gas. Di conseguenza, prima di procedere all'estrazione, viene pompato un liquido ad alta pressione nel giacimento, destinato a fratturare le argille e liberare il loro prezioso contenuto. Quando la formazione argillosa collassa, spinge la mistura di petrolio/gas, liquido di fratturazione e proppant (una sostanza, molto spesso sabbia, utilizzata per agevolare il processo) verso la superficie, attraverso il pozzo. Proprio per questo motivo, la produttività di un pozzo non convenzionale nei primi due anni di attività è decisamente superiore a quella di uno convenzionale ma poi scema rapidamente. Di conseguenza, mentre un pozzo non convenzionale ha un tempo di ritorno compreso tra 6 e 12 anni, un pozzo non convenzionale ha un tempo di ritorno compreso tra 6 mesi e 4 anni. In un momento caratterizzato da volatilità e prospettive incerte, questa caratteristica si è dimostrata un vantaggio competitivo fondamentale.

Mentre la domanda di petrolio e gas nei mercati emergenti perdeva slancio - scatenando un violento ribasso delle quotazioni di riferimento e una marcata contrazione degli investimenti strutturali nel settore degli idrocarburi convenzionali - il light tight oil e lo shale gas hanno operato da camera di compensazione, evitando che il mercato andasse incontro a shock legati alla penuria di offerta.

I consumi nelle economie avanzate sono oramai stagnanti o in declino e quindi il mercato confidava nelle economie emergenti come volano della domanda fino al 2040, quando i consumi mondiali di greggio dovrebbero raggiungere il picco. L’improvviso e simultaneo rallentamento di alcune delle principali economie emergenti (Cina, India, Brasile, Indonesia) ha scoraggiato le major del settore a intraprendere progetti a medio e lungo periodo. Gran parte delle grandi compagnie petrolifere ha optato per progetti brownfield, e cioè destinati al potenziamento di giacimenti già in corso di sfruttamento, piuttosto che in progetti di ricerca e sviluppo di nuovi giacimenti, che richiedono anni e tanto denaro prima di entrare in produzione.

Gli investimenti nei giacimenti non convenzionali USA, invece, hanno seguito una traiettoria del tutto diversa. Nel giro di pochi anni la produzione di light tight oil ha toccato 6,5 milioni di barili al giorno, e quella di shale gas ha superato i 500 miliardi di metri cubi l’anno. Offrendo un ritorno a breve termine, gli investimenti nei giacimenti non convenzionali hanno compensato - e in parte alimentato - l’emorragia di investimenti nel segmento upstream convenzionale.

Il light tight oil e lo shale gas hanno permesso al settore di navigare a vista, rivelandosi strumenti ideali di risk management per i grandi operatori finanziari statunitensi. E infatti non è possibile non rimarcare come i giacimenti non convenzionali americani abbiano potuto giocare questo ruolo da protagonisti nel sistema energetico mondiale non solo grazie alle loro caratteristiche peculiari ma anche grazie a quelle dell'economia americana.

Nel corso degli anni i produttori di light tight oil e shale gas hanno potuto contare su un continuo ribasso dei costi di produzione legato alla razionalizzazione dei cicli produttivi, all’afflusso di capitali, al potenziamento della logistica e al costante miglioramento della tecnologia. Un vantaggio competitivo connaturato, quindi, alla varietà e al dinamismo del tessuto industriale americano. Le compagnie attive nel settore, inoltre, hanno adottato strategie di hedging avanzate, che gli hanno permesso di continuare a produrre anche quando il prezzo di mercato scendeva al di sotto dei loro costi di produzione. Anche in questo caso, un’opportunità legata alle caratteristiche intrinseche dell’economia USA.

Il punto su cui oggi si interrogano gli esperti, però, è: per quanto potrà durare?

Secondo la US Energy Information Administration (EIA), i giacimenti non convenzionali accompagneranno il mercato fino al Peak Oil del 2040, assicurando un declino della produzione tradizionale morbido e ordinato. Le riserve stimate dalla EIA ammontano a circa 80 miliardi di barili di greggio e 18.000 miliardi di metri cubi di gas nei soli Stati Uniti. Allargando lo sguardo ad altri 45 Paesi in cui l’agenzia USA ha svolto stime preliminari, si raggiunge la ragguardevole cifra di 420 miliardi di barili di greggio e 420.000 miliardi di metri cubi di gas. Ovviamente si tratta di stime. E alcune organizzazioni internazionali ritengono che siano troppo ottimistiche. Il Post Carbon Institute, per esempio, ha contestato la metodologia con cui la EIA ha realizzato le stime, giudicandole eccessivamente generose, e anche la International Energy Agency (IEA) ha sollevato qualche perplessità.

Le recenti scoperte nel bacino Permiano, tuttavia, hanno ridotto marcatamente la distanza tra riserve note e riserve stimate negli USA, segnando un punto a favore della EIA.

Certo è che se le proiezioni della EIA si rivelassero sovrastimate o se il modello USA non si rivelasse esportabile, il mercato andrebbe inevitabilmente incontro a una crisi dell’offerta, dato che al momento gli investimenti nei giacimenti convenzionali rimangono ampiamente al di sotto del livello necessario ad assicurare - già entro 5 anni - l’attuale base produttiva. E un pozzo tradizionale può impiegarci anche più di un anno prima di entrare in produzione.

Non deve stupire, quindi, se il mercato guarda con più attenzione del solito ai dati sulla produzione USA.