La sfida legata alla riduzione delle emissioni climalteranti ha portato negli ultimi anni a un continuo aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che in Italia oggi raggiunge circa il 33% dei consumi. La presenza consistente di fonti non programmabili (oggi circa il 50% della produzione rinnovabile complessiva) come il solare fotovoltaico e l’eolico crea però problematiche legate alla stabilità della fornitura di energia elettrica. Non sempre infatti è possibile consumare l’energia nello stesso istante in cui viene prodotta, rendendo via via più complessa la gestione della rete a fronte dell’ulteriore installazione di impianti a fonti rinnovabili non programmabili. Il ruolo di queste ultime sarà tuttavia sempre più importante per soddisfare i prossimi obiettivi energetici nazionali ed europei, riportati per esempio nella Strategia Energetica Nazionale (SEN).

La soluzione a queste problematiche si trova nell’accumulo di energia, utilizzato per bilanciare i flussi energetici sulla rete, accoppiato alla flessibilizzazione degli impianti convenzionali. Una delle tecnologie proposte è l’accumulo tramite batterie. Nonostante il loro notevole sviluppo, specie di quelle al litio, i flussi energetici in gioco sono estremamente elevati, rendendo l’utilizzo su vasta scala di questi accumulatori una soluzione dispendiosa. Gli accumuli di grande scala utilizzano ad oggi la tecnologia consolidata del pompaggio in impianti idroelettrici, o in qualche caso l’accumulo sotterraneo di aria compressa (CAES), la cui applicabilità è tuttavia molto legata alla conformazione del territorio.

Una promettente alternativa è la conversione dell’energia elettrica in energia chimica, come ad esempio quella contenuta in combustibili quali l’idrogeno, il metano o idrocarburi più complessi. In questo quadro si inserisce il concetto della conversione Power-to-Gas (P2G), basata su sistemi elettrolitici che nella versione più semplice utilizzano elettricità per scindere molecole di acqua nei loro componenti basilari (idrogeno e ossigeno). Gli elettrolizzatori sono una tecnologia nota da decenni, in particolare nella tipologia basata su elettroliti alcalini, a fianco della quale sono in forte sviluppo altre tecnologie innovative. Ad esempio, sono presenti le prime unità commerciali basate su elettroliti polimerici (PEM), più compatte e flessibili, o ceramici ad alta temperatura (SOEC), che permettono una riduzione dei consumi tramite il recupero di calore da fonti esterne e la possibilità di sintetizzare altri combustibili (co-elettrolisi).

L’idrogeno così prodotto può essere utilizzato nell’industria chimica (chimica verde, produzione di biocombustibili) o direttamente nella mobilità, in veicoli basati sulla tecnologia delle celle a combustibile. In tale modo si contribuirebbe contemporaneamente alla riduzione delle emissioni connesse a questi settori ed alla gestione del sistema elettrico in presenza di quantità crescenti di fonti rinnovabili. Questi usi finali però richiedono un’infrastruttura di distribuzione che, per quanto siano presenti forti investimenti, è ancora in fase di sviluppo: al momento sono presenti in Europa circa 70 stazioni di distribuzione idrogeno che servono piccole flotte dimostrative, comprendenti decine di autobus a idrogeno (in qualche caso anche in Italia, con due autobus del servizio pubblico regolarmente circolanti a Milano) e diverse centinaia di veicoli passeggeri. Una soluzione intermedia per l’utilizzo dell’idrogeno è sfruttare la rete di distribuzione del gas naturale esistente, immettendo frazioni crescenti di idrogeno o metano sintetico. In Germania, dove sono attivi i primi impianti pilota per l’immissione di idrogeno in rete, il limite per la presenza di idrogeno è pari al 5% (con eccezioni locali al 2%), ma alcuni studi hanno indicato come frazioni fino al 20% non abbiano influenza sulla sicurezza del sistema e non richiedano interventi strutturali. Il volume della rete e del gas trasportato e costantemente distribuito sul territorio consente di immagazzinare enormi quantità di energia, contribuendo a ridurre le emissioni di CO2 del settore termico domestico, industriale e terziario: se il 10% del gas contenuto nella rete italiana fosse idrogeno, il suo contenuto energetico corrisponderebbe all’intera produzione attuale da rinnovabili. La presenza di idrogeno nell’infrastruttura gas inoltre non è una novità, se ricordiamo che in Italia fino agli anni ’60 gran parte del gas distribuito era gas sintetico detto “gas di città” costituito in gran parte da idrogeno. La sostituzione con il gas naturale usato ancora oggi è avvenuta a causa della riduzione dei costi, dello sviluppo di una rete nazionale di gasdotti e dell’inquinamento generato dalla produzione in loco del gas a partire da oli combustibili o carbone. Per superare le limitazioni massime prevedibili per l’immissione in rete, l’idrogeno può essere convertito in metano sintetico (SNG) in appositi reattori di metanazione con l’aggiunta di anidride carbonica che può avere origine organica (es. da purificazione del biogas) o essere recuperata da gas di scarico di impianti tradizionali. La conversione in combustibili liquidi (Power-to-X) è un’ulteriore possibilità che permette la sostituzione parziale dei combustibili fossili per autotrazione con altri di origine rinnovabile, senza interventi strutturali.

Integrazione delle tecnologie P2G nel sistema energetico e interazioni con la rete elettrica e l'infrastruttura del gas naturale

Fonte: adattata da G.Guandalini et al., Int J Hydrogen Energy 42 (2017)

Un’alternativa è infine la riconversione diretta in energia elettrica, in particolare con celle a combustibile (Power-to-Power), che oltre a consumare l’energia rinnovabile non programmabile quando risulta in eccesso, la può restituire quando necessario. Nonostante il rendimento complessivo inferiore a quello di una batteria (a seconda delle tipologie di eletrolizzatori e fuel cell, il 40-60% dell’energia viene perso nel processo, contro il 20% dissipato da un sistema a batteria), la conversione in combustibile può risultare conveniente in termini di dimensioni dell’impianto e di capacità di mantenere l’energia immagazzinata per lunghi periodi.

Uno studio preliminare delle potenzialità dei sistemi Power-to-Gas, basato sulle previsioni di evoluzione di lungo periodo della produzione da fonti rinnovabili e della penetrazione di veicoli alternativi per la mobilità (veicoli elettrici sia a batteria che a fuel cell), evidenzia come l’utilizzo di sistemi P2G si sposi benissimo con le necessità di entrambi i settori. Scenari riferiti al 2050 infatti prevedono una presenza di rinnovabili in Italia pari a circa 150 GW e una ripartizione praticamente uniforme fra veicoli convenzionali, elettrici e a idrogeno. In queste condizioni, più del 60% della produzione elettrica può essere di origine rinnovabile e l’installazione di 25 GW di sistemi Power-to-Gas consentirebbe di coprire circa l’80% della domanda di idrogeno per la mobilità passeggeri (735 kton/anno). L’utilizzo alternativo per la mobilità pubblica (autobus) consentirebbe la sostituzione dell’intero parco veicoli attuale (circa 98.000 autobus) con veicoli a cella a combustibile, riducendo ai minimi termini l’impatto sull’inquinamento locale. Su un orizzonte temporale più di breve termine, come quello presentato dalla SEN 2017 per l’anno 2030, la presenza di circa 100 GW di fonti rinnovabili consente una copertura di circa il 40% della domanda elettrica; il ruolo del Power-to-Gas risulta allora legato soprattutto al contributo alla risoluzione di problematiche legate al bilanciamento elettrico, con un parco circolante di veicoli a idrogeno ancora limitato (pochi punti percentuali).

Le previsioni di installazione di impianti Power-to-Gas a livello mondiale sono molto positive, con un incremento previsto fino a diverse migliaia di MW; mentre ad oggi si assiste alla presenza di molti impianti pilota di piccola taglia, per circa 100 MW complessivi.

Previsioni di capacità annuale installata P2G e produzione cumulata di idrogeno, per regione, 2017-2026

Fonte: Navigant Research

 

Giulio Guandalini, Stefano Campanari e Politecnico di Milano – Dipartimento di Energia – Gruppo GECOS (www.gecos.polimi.it)