In Italia, nella bozza del nuovo decreto per l’incentivazione alle fonti rinnovabili (FER) è evidente un orientamento favorevole alle aste e agli impianti di taglia maggiore. Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che il decreto copre solo il prossimo triennio al termine del quale la strada verso gli obiettivi di produzione FER fissati dalla nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) per il 2030 sarà ancora lunga e tutta da tracciare. Non è un caso se nel testo della SEN ritroviamo fianco a fianco, nell’auspicata market parity, i Power Purchase Agreement (PPA), ovvero il superamento delle aste per gli impianti di taglia maggiore, e l’agevolazione dell’autoconsumo. Considerazioni di tenore simile scaturiscono dalla lettura della nuova direttiva in discussione al parlamento europeo, che contiene elementi di apertura alla piccola generazione distribuita a cui i singoli Stati membri dovranno dare seguito. In una delle ultime versioni che ho potuto leggere compare un emendamento che invita proprio a tenere conto di “different abilities of small and large producers to respond to market signals”. La direttiva si preoccupa della crescente incidenza dell’autoconsumo di energia rinnovabile, che rende “necessario introdurre la definizione di “autoconsumatori di energia rinnovabile” e stabilire un quadro normativo tale da consentire a detti autoconsumatori di produrre, immagazzinare, utilizzare e vendere energia elettrica senza incorrere in oneri sproporzionati”.
L’evoluzione nel prossimo decennio dei mercati dell’energia elettrica, ai cui segnali dovranno rispondere piccoli e grandi produttori, è però oggettivamente indecifrabile. Ed è altrettanto imprevedibile il modo nel quale la regolamentazione accompagnerà questa evoluzione. Oggi possiamo solo provare a mettere in ordine le cose che condizioneranno gli scenari futuri.
Prima di tutto l’organizzazione dei mercati e la valorizzazione che vi troverà l’energia rinnovabile a costo marginale nullo. Superata una certa quota di mercato, alla quale molti Paesi europei sono prossimi, la cannibalizzazione tra FER incentivate e FER non incentivate incombe sui mercati all’ingrosso centralizzati, anche attraverso il meccanismo applicato da molte aste che tiene insieme l’incentivo e il prezzo di mercato dell’elettricità prodotta. Resta da scoprire se e quando spetterà finalmente ai diritti di emissione dell’anidride carbonica promuovere la convenienza e il dispacciamento delle FER rispetto alle fonti fossili tradizionali, magari in combinazione con qualche agevolazione indiretta concessa a chi sottoscrive PPA pluriennali con impianti FER. Anche i mercati del bilanciamento e della capacità che stanno prendendo forma avranno un’influenza sugli investimenti in FER che si manifesterà nel trattamento “non sporporzionato” riservato alla loro energia non programmabile e alla loro potenza “derated”( che rispetto a quella installata, considera la disponibilità effettiva alla punta dell'impianto, che è specifica della tecnologia). Sul lato dei prelievi, e dell’autoconsumo, un ruolo decisivo lo avrà l’evoluzione tecnologica che dovrà rendere fattibile sul piano economico e compatibile con il funzionamento del sistema elettrico una partecipazione più attiva della domanda, che potrebbe in seguito trasformarsi grazie alla digitalizzazione in una vera e propria decentralizzazione della generazione e anche degli scambi.
In questi scenari futuri il “fine tuning” della regolamentazione sarà molto complesso e i dettagli in cui potranno celarsi insidie “diaboliche” saranno più numerosi e più difficili da scovare e neutralizzare. Un paio di esempi aiutano a capire meglio di cosa si sta parlando. Come visto in molte esperienze la regolamentazione dell’autoconsumo “rinnovabile” non è affatto semplice, in particolare non lo è la calibrazione del valore dell’energia autoconsumata da un utente che resta connesso alla rete di distribuzione. Valorizzarlo alla tariffa intera pagata in bolletta e non alla sola quota energia non prelevata dalla rete promuove la sua diffusione ma espone a una pericolosa spirale gli economics dei distributori, i cui costi regolati andranno a scaricarsi in modo crescente e sproporzionato sulle utenze che non hanno ancora optato per il regime di autoconsumo, spingendole con più forza a farlo. D’altra parte, se la regolamentazione limita la valorizzazione dell’autoconsumo alla sola quota energia e, senza che vi siano incentivi di altro tipo, persegue l’obiettivo di diffondere la generazione distribuita, vuol dire che ritiene che il costo totale di produzione dei piccoli impianti “rinnovabili” sia inferiore al costo dell’energia elettrica nella disponibilità dei fornitori.
Nel sostegno alle comunità locali che producono energia rinnovabile, la Germania ha anticipato la nuova direttiva laddove paventa che le caratteristiche di queste comunità “in termini di dimensioni, assetto proprietario e numero di progetti, possono ostacolarne la competitività paritaria con gli operatori di grande taglia, segnatamente i concorrenti che dispongono di progetti o portafogli più ampi.” Le regole delle aste per l’eolico onshore avvantaggiano le cooperative di cittadini rispetto ai big players nella presentazione dei progetti, nei prezzi riconosciuti in caso di vittoria e nelle eventuali penalità per la mancata realizzazione degli impianti. Le cooperative hanno partecipato massicciamente alle prime tre sessioni del 2017, si sono aggiudicate gran parte della potenza messa a gara e sono risultate determinanti per la discesa dei prezzi. Però, forse perché i prezzi medi erano scesi troppo e troppo velocemente (di un terzo in meno di un anno), forse perché i progetti delle cooperative avevano monopolizzato le gare (dei 61 progetti vincitori nella terza sessione 60 erano delle cooperative), forse perché l’insieme di regole ed esiti faceva temere che non tutti i progetti delle cooperative sarebbero stati realizzati nei tempi stabiliti, il Ministro ha deciso di cambiare le regole del gioco per il 2018. E’ bastato revocare la possibilità di prendere parte all’asta senza disporre preventivamente dei permessi perché: la potenza offerta da tutti i partecipanti all’asta di febbraio si riducesse a un terzo di quella presentata nella sessione precedente, i progetti vincitori delle cooperative fossero solo 19 su 83 e i prezzi tornassero a salire. A maggio, per la prima volta da quando in Germania si bandiscono aste per fonti rinnovabili, la potenza offerta dai partecipanti è stata inferiore a quella da assegnare e i prezzi sono tornati ai livelli della prima sessione 2017.
Aggiustare di nuovo le regole di queste aste sarà però difficile poiché si tratta comunque di esiti parziali che attendono la verifica finale dell’effettivo completamento dei progetti previsto per la seconda metà del 2019.