La principale vocazione del “GNL di piccola taglia” - dall’inglese Small Scale LNG - è certamente quella che lo vede impegnato come combustibile nei trasporti marittimi, terrestri pesanti, ferroviari (linee che non conviene elettrificare), missilistici (miscelato con l’ossigeno) e, forse in futuro, nei droni. Le sue performance in termini di efficienza energetica e impatto ambientale lo rendono preferibile ai derivati del petrolio, la sua sicurezza e accessibilità lo rendono un possibile concorrente dell’elettrico targato eolico e solare. Salvo qualche possibile salto tecnologico (idrogeno, fusione e/o nuova fissione nucleare), quindi, stiamo parlando del combustibile intermedio ideale in quella fase che siamo soliti chiamare “transizione energetica”. Ma non finisce qui.

Nel corso degli anni, infatti, è andata consolidandosi l’idea che la diffusione del GNL tramite autobotti e container ferroviari potesse costituire la soluzione ottimale per le industrie e le utenze civili isolate, quindi prive di allacciamento alla rete gas. Convinzione supportata da una serie di ragioni: 1) Miglioramenti tecnologici, grazie alla miniaturizzazione delle tecnologie in uso da oltre 50 anni per il “big LNG” (liquefazione, trasporto con metaniere, rigassificazione). 2) Abbondanza della materia prima, grazie alla cosiddetta rivoluzione dello shale gas che ha portato gli Stati Uniti a diventare da Paese importatore ad esportatore di GNL, provocando una riduzione generalizzata dei prezzi. 3) Liberalizzazione del mercato e maggior grado di concorrenza fra gli operatori. 4) Maggiore sicurezza, sia per la difficile difesa di infrastrutture fisiche lunghe migliaia di chilometri, sia per il rischio commerciale creato dal legame tra due paesi uniti da un gasdotto non sostituibile.

A queste si aggiungono le ragioni di natura ambientale - viste le migliori performance in termini di emissioni a parità di resa energetica rispetto agli altri combustibili fossili (meno 15/20% di CO2, abbattimento di zolfo, azoto e polveri sottili) - e un’ampia capacità di utilizzo. Con il GNL trasportato su strada, infatti, si possono oggi rifornire efficientissimi impianti anche trigenerativi (elettricità, calore e raffrescamento) in qualsiasi area del Paese. In più il GNL, che si usa a circa 160 gradi sotto zero, può fornire direttamente anche il freddo, utilissimo, ad esempio, nelle industrie della conservazione. Non a caso l’ingegneria è al lavoro per usare il GNL nei grandi pescherecci che potranno congelare con costi praticamente nulli i prodotti ittici in navigazione.

In Italia, il settore degli usi finali del GNL diversi dal trasporto sta muovendo i primi passi, con un mercato ancora di non grandi dimensioni in ragione di una rete di gasdotti molto diffusa - ma non per questo irrilevante. Esistono molte aree del nostro paese, basti pensare alle realtà alpine e appenniniche, in cui è incerta o non conveniente la posa di gasdotti di distribuzione da collegare a quelli più grandi. Inoltre, sono più di 1.300 le cittadine in cui il metano non arriva o dove ci sono già reti alimentate da altri tipi di gas e combustibili, come il GPL (Gas di Petrolio Liquefatti) o il gasolio. Parimenti, ci sono molte industrie necessariamente situate in aree isolate, basti pensare all’industria delle acque minerali o alle cartiere. In alcuni contesti industriali nazionali nelle stesse condizioni si usa ancora l’olio combustibile, il più inquinante dei derivati petroliferi, anche per la cogenerazione di elettricità e calore.

Ad oggi, sono circa una ventina le industrie già alimentate a GNL e pochi mesi fa a Molveno, cittadina turistica vicina a Trento, è stata inaugurata una rete del gas alimentata da un serbatoio criogenico rifornito con autobotti. Questo caso è molto interessante, perché la domanda di gas varia molto durante l’anno e il sistema basato sul GNL sta dimostrando le sue doti in termini di flessibilità. Un’altra realtà di rete isolata con GNL riguarda il centro turistico di Mezzana, Marilleva 1400, in funzione dal 2014.

Altri progetti sono già stati presentati, nonostante vi siano ancora delle criticità che frenano gli investimenti: 1) L’incertezza regolatoria, legata sia alle gare per l’affidamento del servizio sia agli aspetti tariffari. 2) La mancanza di punti di approvvigionamento in Italia, che grava direttamente sul prezzo. Il punto più vicino per rifornirsi è il rigassificatore di Marsiglia, subentrato recentemente a quello di Barcellona (dove alcuni si continuano a rifornire fino a scadenza dei contratti). Altri carichi arrivano dal Nord Europa, dai rigassificatori e depositi di Zeebrugge (Belgio) e Rotterdam (Olanda) con autobotti o container via treno. Per questo le molte iniziative industriali sono tutte ubicate nelle regioni del Nord Italia e dell’Emilia Romagna. I settori produttivi riguardano caseifici, acque minerali, centrali del latte, mangimifici, agroalimentare, lavanderie, ceramiche. L’Italia meridionale per ora è presente con un solo un progetto che, se realizzato, vedrà un grande ospedale della Calabria utilizzare il GNL per generare calore e raffrescamento.

Infine, c’è il caso della Sardegna, la cui insularità ha fino ad ora impedito la diffusione del metano, ad eccezione di un unico caso, quello della cooperativa casearia 3 A di Arborea (Oristano) che usa il GNL che gli arriva in autobotte via traghetto da Valencia, in Spagna. L’impianto è stato realizzato dalla società emiliana CPL Concordia, pioniera in Italia nel GNL di piccola taglia.

La Regione Sardegna, dopo aver scartato negli anni le ipotesi di un gasdotto dall’Algeria e poi dalla Toscana e anche la realizzazione di un grande rigassificatore (non giustificato dai bassi consumi complessivi dell’isola), ha optato per il GNL di piccola taglia. Saranno realizzati alcuni depositi costieri di GNL, riforniti da apposite navi, che a loro volta alimenteranno i vari servizi di distribuzione su strada o via gasdotto. Il primo di questi depositi, con una capacità di 9.000 metri cubi di GNL sta per essere costruito nel porto di Santa Giusta (Oristano).

La domanda di gas naturale per le reti già presenti in Sardegna ma alimentate prevalentemente con GPL, così come per le industrie che oggi usano derivati del petrolio, anche se ridotta rispetto ai consumi medi nazionali, è sufficiente per garantire la convenienza economica dei depositi costieri, che poi saranno fondamentali quando crescerà, nei prossimi anni, la domanda di GNL per navi e camion. Contare su consumi “sicuri” e sulla flessibilità della tecnologia del GNL di piccola taglia, che permette di ingrandire nel tempo i depositi costieri aggiungendo serbatoi tra 1.000 e 2.000 metri cubi di capacità, senza dover affrontare subito la spesa complessiva, offre alla Regione la possibilità di diventare un grande e importante hub mediterraneo del GNL.

In conclusione, nonostante la difficoltà di prevedere il futuro dei consumi di reti cittadine e industrie, è possibile stimare un discreto scenario di crescita. Secondo il Quadro strategico nazionale di sviluppo del metano liquido, elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico, nel 2030 è previsto un consumo di GNL tra 1 e 2 milioni di tonnellate all’anno per le industrie e tra 300.000 e 600.000 tonnellate per le reti cittadine. Governo e industrie del settore prevedono inoltre per i prossimi anni una produzione potenziale di circa 8 miliardi di metri cubi di biometano, una parte dei quali sarà trasformata in bioGNL. Si tratta di un combustibile a zero impatto, ottenuto con la trasformazione dei rifiuti organici e degli scarti agricoli e zootecnici. Questo combustibile potrebbe avere un grande seguito da parte di quelle imprese che tendono a contenere l’impronta ecologica complessiva delle proprie attività, trasporto compreso.