Ripensare radicalmente i processi di produzione industriale e contribuire ad un cambio di mentalità che porti a vedere nei rifiuti nuove risorse continuamente riutilizzabili. Sono questi i presupposti fondamentali su cui si basa la transizione verso un modello di economia circolare, fondamentale per “estendere” la vita di materie prime e risorse naturali attraverso il riciclo, il riuso, una maggiore durata dei prodotti (per il tramite di una progettazione più efficace che ne favorisca la riparabilità) e grazie alla condivisione.

Una filosofia in cui il Gruppo Hera crede fermamente, tanto da renderla uno dei fondamenti del suo agire quotidiano. Un’impostazione d’eccellenza riconosciuta anche a livello internazionale: la multiutility bolognese, attiva nei settori ambientale, idrico ed energetico, con un fatturato 2016 di circa 4,5 miliardi di euro e 4,4 milioni di persone servite in oltre 350 comuni tra Emilia-Romagna, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia, è diventata infatti la prima realtà industriale italiana ad entrare nel CE100, programma della Fondazione Ellen MacArthur che comprende le organizzazioni mondiali capaci di distinguersi nella transizione verso il modello dell’economia circolare. E lo scorso ottobre è stata anche invitata a partecipare ai lavori della Fondazione Global Compact Network Italia, dedicati all’implementazione in Europa degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs), tema sul quale la società opera da tempo in piena coerenza con le priorità dell’Agenda Globale ONU al 2030.

Del resto l’approccio “circolare” permea a più livelli tutti i business del Gruppo, come dimostra l’utilizzo di sola energia elettrica rinnovabile per i consumi derivanti dalle attività di Hera in Emilia-Romagna e in estensione agli altri territori serviti dal Gruppo. Alla scelta delle fonti, in questo senso, si aggiunge anche un lavoro fondamentale di efficientamento dei processi che, dopo aver raggiunto l’obiettivo complessivo di riduzione dei propri consumi energetici del 3% nel 2017, punta a ottenere il -5% entro il 2020. Ma economia circolare, per il Gruppo Hera, vuol dire anche investimenti, infrastrutture e impianti. Basti pensare ai tre biodigestori di Rimini, Lugo (RA) e Cesena, che nel solo 2016 hanno consentito di recuperare fertilizzante per l’agricoltura biologica e hanno soprattutto coperto i consumi elettrici di 8.000 famiglie producendo energia dai rifiuti organici. Sempre di organico si servirà l’impianto di Sant’Agata Bolognese per la produzione di biometano, che sarà completato entro il 2018 consentendo di far fronte ai consumi di altre 6.000 famiglie, nonché di ottenere biocarburante per i veicoli a metano. E lo stesso modello, applicato al ciclo idrico, mira al riutilizzo dell’acqua per usi non potabili, in particolare industriali, e a produrre biogas dai fanghi.

Ma non è tutto. Un contributo qualificante alle performance “circolari” è derivato anche dalla recente acquisizione della società trevigiana Aliplast, che ha permesso a Hera di entrare nella filiera del riciclo della plastica attraverso uno degli attori più importanti del settore. Ogni giorno, infatti, Aliplast trasforma i rifiuti plastici in risorse, raccogliendoli, riciclandoli e realizzando nuovi materiali compatibili con standard elevati, coniugando così la massima sostenibilità e il minimo impatto ambientale.

Nell’ultimo anno Hera, che opera sia nel biocycle (organico e biomasse) sia nel technical cycle (materie non organiche, carta, plastica, ecc.), è quindi riuscita anche a dare ulteriore impulso alle sue performance ambientali, portando al 94,6% la raccolta differenziata recuperata e a 9 miliardi di euro la ricchezza generata attraverso la filiera del riciclo che conta 80 impianti di prima destinazione e 174 di recupero finale, dando lavoro complessivamente a circa 19 mila persone. Risultati e numeri molto positivi e di rilievo, rispetto ai quali l’azienda ha scelto di rilanciare continuando a incentivare le buone pratiche dei cittadini, attraverso il progressivo incremento dei territori interessati dalla tariffa puntuale (con l’obiettivo di coprire tutti i comuni serviti in Emilia-Romagna entro il 2021) e attraverso progetti educational sviluppati in collaborazione con le scuole (“La grande macchina del mondo”, “Un pozzo di scienza”) per offrire ai più giovani una visione diversa delle tematiche ambientali.

Da segnalare, infine, anche l’ottima resa delle attività finanziate dal green bond lanciato nel 2014 (prima società in Italia a farlo), la cui raccolta da 500 milioni di euro ha reso possibili 26 progetti di sostenibilità, già completati per la quasi totalità, che hanno spaziato dalla lotta al cambiamento climatico alla riduzione delle emissioni, dalla qualità della depurazione delle acque alla gestione dei rifiuti. Solo una parte degli 1,3 miliardi di euro circa che la multiutility ha investito dal 2009 al 2016 per migliorare la sostenibilità ambientale del Gruppo e del territorio, dando così concretezza a un impegno che qualifica la mission aziendale e i valori a cui continua a ispirarsi sin dalla sua fondazione. 

“Accelerare nel percorso di transizione verso un modello di economia circolare è una sfida etica, culturale e di business – è il commento di Tomaso Tommasi di Vignano, Presidente Esecutivo del Gruppo Hera –. È nostro dovere ripensare a tutti i livelli i processi industriali, affinché i beni, una volta giunti a fine vita, possano essere recuperati per altri usi, ottenendo così il duplice risultato di salvaguardare le materie prime ed eliminare gli sprechi: si tratta di una evoluzione in atto in tutto il sistema economico e che può rivelarsi vincente da tutti i punti di vista”.