Le persone, le relazioni interpersonali, la curiosità e l’apertura verso il futuro, il senso di responsabilità verso la propria comunità e il territorio. Sono questi i drivers che devono qualificare la nuova impresa, che si fa comunità e sceglie di essere sostenibile non solo perché sostiene parchi solari, microcentrali idroelettriche, sistemi di accumulo e gestione intelligente dei flussi energetici, ma soprattutto perché coniuga economia e ambiente.
Il modulo di gioco della nuova impresa è quello dello sviluppo sostenibile non solo applicato a sé stessa, ma anche rivolto alle comunità industriali e urbane del prossimo futuro, dove l’innovazione tecnologica deve combinarsi con la valorizzazione delle persone, dei luoghi di vita e di lavoro.
Questa difficile transizione verso un futuro che tarda a disegnarsi nei suoi contorni può essere favorita solo se si ricostruiscono dal basso le relazioni all’interno della comunità. E l’impresa, con le energie e la qualità delle risorse che riesce a mobilitare, è uno dei gangli fondamentali sul quale innestare un nuovo sistema di relazioni. A patto che scelga di investire sulle competenze trasversali, di selezionare i progetti da sostenere, e di indicare alla propria comunità quale sarà l’indirizzo da percorrere insieme. È una sfida difficile, ma che proprio l’eterogeneità e la duttilità del profit che opera nel settore energetico, oltre alla necessità delle imprese private di ripensare la propria vocazione e riposizionarsi, rendono affascinante e per nulla indifferibile. Pena l’esclusione e la marginalizzazione dei territori.
Del resto, sulla capacità di rinnovare la narrazione e la comunicazione del lavoro in relazione ai bisogni dei singoli territori e delle comunità, anche in un’ottica di Industria 4.0, si giocherà la grande sfida del prossimo futuro. Che è anche e soprattutto una sfida culturale per contrastare con fatti ed azioni concrete un’anticultura d’impresa che negli ultimi anni sembra essere cresciuta in modo considerevole.
Per troppi anni il sistema delle organizzazioni di categoria e le aziende interessate hanno scelto erroneamente il silenzio. E le attività di responsabilità sociale di impresa, che avevano un impatto significativo sui territori, non venivano percepite come tali solo perché non erano comunicate o concertate con le comunità di riferimento.
I Rab (Residential Advisory Board) promossi da Hera agli inizi del 2000 a Ferrara ed Imola hanno fatto da apripista a questa nuova frontiera del dialogo con i territori e le comunità locali. Non si trattava ancora di esperienze di Csr (Corporate Social Responsability) ma era evidente lo sforzo per costruire una interazione stabile e duratura che permettesse al privato di realizzare le opere e gestire i servizi, ai cittadini di essere costantemente informati e alla Pubblica amministrazione e alla politica di usufruire di un sistema competitivo aperto.
Le iniziative che leggerete in questo numero monografico, invece, affrontano in un’ottica di responsabilità sociale temi di grande attualità. La scelta di raccontare esperienze che si svolgono fuori dai confini dell’Italia apre le porte di un mondo spesso nascosto che tuttavia rivela come le questioni che attanagliano le comunità africane, asiatiche, statunitensi non siano poi così diverse da quelle di casa nostra. Povertà energetica, mobilità efficiente, uso corretto delle risorse idriche, accesso all’istruzione: le politiche di responsabilità sociale delle grandi compagnie Oil&Gas non fanno che sottolineare, e talvolta anticipare, le grandi questioni sociali, ambientali, energetiche che la società odierna si trova ad affrontare con sempre maggiore urgenza.
Il progetto Eco-marathon di Shell è incentrato sull’uso razionale dell’energia nella mobilità, un aspetto che - oltre a costituire una delle priorità in termini di sostenibilità ambientale - diventa fondamentale nel sentiero che porta verso l’innovazione delle città in un’ottica smart. Le campagne sociali Awango di Total e Energy Assistance di Engie si focalizzano invece sul tema della povertà energetica che, in Italia come in altre parti del globo, impatta in modo negativo sulla vita quotidiana di centinaia di migliaia di famiglie che vivono in condizioni di sicurezza, igiene e istruzione precarie. La collaborazione tra Chevron e il Cawelo Water District si inserisce, invece, all’interno della questione dell’utilizzo corretto delle risorse idriche secondo i principi dell’economia circolare: un fattore indispensabile per scongiurare una delle sfide più difficili che l’umanità si trova ad affrontare, vale a dire la scarsità di acqua. Ancora, la formazione degli scienziati di domani e l’espansione dell’offerta formativa nelle aree che più ne abbisognano è tema centrale delle molteplici iniziative di promozione delle materie STEM di ExxonMobil. Se non saremo in grado di istruire e valorizzare le eccellenze in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico ci troveremo sguarniti della principale risorsa che fino ad ora ha garantito i livelli di progresso a cui siamo abituati.
Il modello di responsabilità sociale delle aziende sta cambiando. Fino a qualche decennio fa, chi faceva impresa, specialmente nel campo dell’energia, si chiudeva a riccio per paura di essere attaccato, oppure dotava i territori degli strumenti che il pubblico non riusciva ad individuare per mancanza di risorse e di competenze. Adesso, una maggiore consapevolezza dei cittadini unita ad una migliore predisposizione all’ascolto da parte delle imprese sta portando il rapporto di forza tra il soggetto economico e quello civile verso un sostanziale equilibrio. Per questo la priorità di oggi è individuare quei driver di crescita e sviluppo che guideranno le nostre società nel prossimo futuro. E tra questi la sostenibilità diventa un indicatore di eccellenza. Per le imprese e le comunità.