Prendere decisioni in un contesto d’incertezza è l’incubo peggiore di chi di queste decisioni porta la responsabilità, che si tratti di un imprenditore, un manager, un politico o un padre/madre di famiglia. Ma è proprio questo che si è oggi chiamati a fare, prendere decisioni difficili in un quadro complesso, estremamente incerto e imprevedibile. E l’edizione 2025/2026 di Rapporto Macrotrends di Harvard Business Review Italia si focalizza, a questo scopo, sugli scenari in continua mutazione all’interno dei quali ci troviamo a operare.

Lo sottolinea il titolo di questa edizione: Oltre il disordine. I compiti dei leader e delle imprese per competere in un mondo diviso. L’intento non è infatti solo di descrivere la situazione guardando ai trend futuri, ma di indicare le direttrici su cui operare per non restare ingabbiati nelle difficoltà delle crisi e nelle complessità delle possibili soluzioni.

E che si tratti di uno scenario globale percorso da crisi di portata planetaria, che in parte si intrecciano e in buona parte si cumulano, non è in dubbio. Da alcuni anni a questa parte lo scenario geopolitico ha preso a condizionare in modo decisivo il quadro geoeconomico, finanziario e commerciale. E le sue ombre si proiettano anche su scala nazionale, spesso generando onde d’urto che mettono in discussione gli equilibri democratici, almeno nei Paesi più fragili.

I conflitti maggiori in atto in questo periodo – la crisi russo-ucraina e quella mediorientale – non hanno necessariamente innescato la frammentazione del quadro globale, ma certamente ne stanno fortemente condizionando l’evoluzione. Rapporto Macrotrends mette in primo piano non solo le conseguenze del ritorno delle politiche di potenza – che vedono crescenti antagonismi tra Usa, Cina, Russia e Ue, sia pure in secondo piano – ma anche l’allentamento del quadro multilaterale dei rapporti internazionali e la crisi delle grandi istituzioni sovranazionali. Appare, infatti, chiaro che un organismo come l’Onu non abbia oggi la credibilità e l’autorità sufficienti per incidere in modo significativo sui conflitti in atto. Né la World Trade Organization ha la possibilità di limitare e contrastare il forte e malaugurato ritorno al protezionismo.

La conseguenza è che nei prossimi anni, anche senza tenere conto di possibili crisi economico-finanziarie e bolle legate all’impetuosa affermazione delle nuove tecnologie, la crescita economica sarà meno dinamica di quella recente e gli scambi internazionali meno intensi rispetto all’esperienza degli scorsi decenni.

Lo studio si sofferma anche su un nuovo sviluppo che avrà rilevante impatto in futuro: l’estendersi degli accordi del cosiddetto “Sud globale”, ossia dell’aggregazione di Paesi come India, Brasile, Arabia Saudita e altri, che non si sentono rappresentati né dal blocco condotto dagli Stati Uniti né da quello che fa riferimento a Cina e Russia. Per ora ancora relativamente debole perché frammentato, questo nuovo blocco potrà incidere in misura crescente sugli equilibri geopolitici e sull’evoluzione economica e commerciale mondiale.

Un punto estremamente rilevante di attenzione è quello relativo alle trasformazioni tecnologiche in atto. È, in primo luogo, ben chiaro che sulle nuove tecnologie, specie quelle basate sull’intelligenza artificiale, si sta giocando una partita planetaria in cui il dominio di questo fattore consentirà, e in parte già consente, un’egemonia di carattere strategico, militare, economico e finanziario. In secondo luogo, gli innovatori, quasi sempre gigantesche organizzazioni private, controlleranno porzioni crescenti del quadro economico e d’impresa su scala mondiale. Ci si riferisce alle cosiddette “big tech”, le imprese private come Nvidia, OpenAI, Microsoft, Tesla e altre che hanno una capitalizzazione di mercato che supera il PIL di molti Paesi e che sono in grado di condizionare l’evoluzione tecnologica e lo sviluppo dei mercati.

Si tratta, con ogni evidenza, di realtà che hanno un impatto estremamente utile e positivo in termini di innovazione tecnologica, ma potenzialmente negativo in termini di controllo del mercato, abuso di posizione dominante, influenza sugli sviluppi industriali e possibili minacce agli equilibri democratici.

Un elemento crescentemente rilevante è quello del consumo energetico richiesto dalle infrastrutture digitali dedicate in particolare alla gestione e diffusione degli strumenti di IA, ormai vicini a consumare fino a un decimo della produzione elettrica globale. Uno sviluppo che occorre tenere sotto stretta osservazione non solo in sé, ma anche perché si inquadra nel processo di transizione nel passaggio dalle fonti fossili di energia a quelle rinnovabili. Una transizione che resta articolata e complessa e che si inquadra in un periodo di crescente incertezza per quanto riguarda le politiche di sostenibilità. Rapporto Macrotrends mette, infatti, in primo piano l’allentamento degli accordi, e degli impegni, internazionali riferiti alle politiche per il climate change, come messo in evidenza anche dalle recenti decisioni in seno alla Cop30.

Nell’insieme, tuttavia, lo studio pone gli sviluppi tecnologici al centro degli scenari globali, come elemento di estrema positività, in grado anche di compensare molti dei fattori geopolitici e geoeconomici che puntano verso un marcato rallentamento dello sviluppo. In questo senso, il rapporto parla di “affermazione dell’era della tecnologia trionfante”, capace di apportare grandi benefici alla società nel suo insieme e di generare enormi cambiamenti nelle strategie d’impresa.

L’intelligenza artificiale, assieme al quantum computing e agli sviluppi delle tecnologie energetiche (in primis, l’energia nucleare da fusione) è vista dal rapporto come il singolo fattore di cambiamento più potente per i prossimi 5-10 anni. E le imprese dovranno imparare a gestirne gli effetti, tanto nella gestione dello sviluppo quanto nella gestione delle persone.

Se, infatti, i cambiamenti strutturali potranno essere estremamente rilevanti, non minori lo saranno per le competenze dei lavoratori, che dovranno essere continuamente adeguate alle nuove realtà tecnologiche. Con un’implicazione fondamentale: l’esigenza di una formazione reiterata e continua a ogni livello, per contrastare l’obsolescenza delle competenze e assicurare un’adeguata employability in un mercato che sarà sempre più dominato dalla presenza, collaborativa ma anche competitiva, delle macchine.