Il 21 agosto scorso a Rimini è stato arrestato uno dei sabotatori ucraini coinvolti nell’esplosione del gasdotto Nord Stream nelle acque internazionali tra Svezia e Danimarca nel settembre 2022. Nei quasi tre anni trascorsi dal sabotaggio, il clima di insicurezza attorno alle infrastrutture critiche subacquee non ha accennato a diminuire, ma anzi ha visto un aggravamento progressivo. Già poche settimane dopo l’evento, alcune condutture sono state misteriosamente tagliate al largo di Marsiglia e nei pressi delle isole Shetland in Scozia. Negli anni successivi, almeno dieci cavi sottomarini e tre gasdotti hanno subito danneggiamenti in circostanze poco chiare nel Mar Baltico. A questo si aggiungono i danni causati indirettamente dagli Houthi ad alcune infrastrutture poggiate sui fondali del Mar Rosso e i numerosi avvistamenti di navi da ricerca oceanografica russe nei pressi delle condutture sottomarine europee. Il ventaglio delle possibili minacce comprende quindi attori sia statuali, come la Russia e la Cina, coinvolte in diversi danneggiamenti in circostanze ambigue tramite navi commerciali, sia non statuali, come la milizia sciita yemenita.
Il sabotaggio delle infrastrutture sottomarine costituisce un pericolo particolarmente significativo per l’Italia. La Penisola, a causa della sua posizione geografica, annovera diversi collegamenti subacquei fondamentali per i flussi energetici e di dati tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Oltre ad essere il quarto Paese al mondo per numero di cavi internet sottomarini, l’Italia ospita sui suoi fondali diverse infrastrutture energetiche, sia elettrodotti che gasdotti. In termini di energia elettrica, vi sono sei condutture attualmente operative, quattro interamente all’interno delle acque territoriali italiane e due interconnessioni con l’estero, nello specifico con la Grecia e il Montenegro. Per l’approvvigionamento di gas, invece, sono presenti tre gasdotti: la Trans Adriatic Pipeline (TAP), che trasporta in Europa il gas naturale proveniente dall’Azerbaijan, il TransMed, che collega l’Algeria alla Sicilia attraverso la Tunisia, e il GreenStream, proveniente dalla Libia. A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e del peggioramento dei rapporti diplomatici italiani ed europei con Mosca, questi tre gasdotti hanno assunto un ruolo fondamentale per garantire l’approvvigionamento europeo e ridurre la dipendenza energetica dalla Russia. Nello specifico, il corridoio energetico con il Nord Africa è destinato a diventare ancora più strategico alla luce degli sforzi dell’UE per la transizione green. La sponda Sud del Mediterraneo ha infatti un enorme potenziale in termini di energia rinnovabile, nello specifico solare. Nel prossimo futuro, è quindi probabile un aumento del numero di elettrodotti nelle acque italiane, come già testimoniato dal progetto Elmed destinato a connettere Italia e Tunisia. Anche i gasdotti esistenti potrebbero essere interessati dalla transizione energetica, venendo adattati per il trasporto di idrogeno.
I tre tipi di condutture subacquee attualmente presenti sui fondali italiani—cavi internet, elettrodotti e gasdotti—presentano specifiche vulnerabilità in termini di resistenza fisica, ridondanza (numero di collegamenti alternativi), capacità di riparazione e possibili impatti sull’interruzione del servizio.
- La rete di cavi internet risulta tra quelle meno esposte a interruzioni significative, poiché la fragilità di tali infrastrutture è ampiamente compensata dall’alto numero di collegamenti alternativi e da tempi di riparazione sostanzialmente ridotti. Nel caso italiano, ad esempio, i circa trenta cavi sottomarini in arrivo sulle coste della Penisola rendono molto facile reindirizzare il traffico dati su altre infrastrutture in caso di danneggiamento o guasto di una conduttura.
- La rete elettrica è generalmente progettata per sostenere un guasto su uno dei due nodi (landing points) senza che ci siano interruzioni nella fornitura del servizio. Nonostante ciò, la bassa ridondanza e un sistema di manutenzione e riparazione poco sviluppato rendono gli elettrodotti più vulnerabili rispetto ai cavi internet.
- I gasdotti, pur avendo una resistenza fisica molto più elevata rispetto a cavi internet ed elettrodotti ed essendo costruiti in acciaio e talvolta rivestiti in cemento, risultano tra le infrastrutture subacquee più esposte alle conseguenze di un sabotaggio. A causa della bassa ridondanza e dei tempi di riparazione molto elevati, un danno significativo a una pipeline può causare la completa interruzione della fornitura, con importanti ripercussioni sul mercato e sull’approvvigionamento energetico di un Paese. Ad esempio, il danneggiamento del gasdotto Balticconnector nel Mar Baltico nell’ottobre 2023 ha causato un importante aumento dei prezzi del gas in Finlandia per tutto l’inverno successivo.
Resilienza e ridondanza delle infrastrutture subacquee

Fonte: RAND Europe
Parallelamente al tipo di infrastruttura, un altro aspetto essenziale nell’influenzare la sicurezza delle condutture subacquee è la profondità di installazione. Con il variare della batimetrica, varia anche la tipologia di sabotaggio che un attore ostile può perpetrare contro l’infrastruttura. Come visibile dalla figura 2, elaborata da ricercatori del NATO CMRE di La Spezia, fino ad una profondità di circa 200 m è possibile sabotare un’infrastruttura anche con capacità subacquee non avanzate, ovvero tramite il piazzamento di esplosivi da parte di sommozzatori (modalità impiegata nel caso del Nord Stream) o con mezzi meccanici come il trascinamento delle ancore (casistica più volte evidenziata nel Baltico). Con l’aumentare della profondità, raggiungere e danneggiare le condutture diventa più difficile e richiede l’impiego di mezzi avanzati come sottomarini specializzati o droni subacquei (UUV).
Possibili minacce ad un cavo sottomarino in base alla profondità

Fonte: Sensors
In questo contesto, la relativa facilità di raggiungere infrastrutture poco profonde e la rilevanza strategica delle condutture presenti possono combinarsi e rendere alcuni chokepoint (colli di bottiglia) particolarmente esposti e vulnerabili ai sabotaggi. Il caso più chiaro è quello del Mar Baltico, i cui bassi fondali ospitano diverse infrastrutture critiche per l’Europa, tra cui diversi gasdotti e numerosi elettrodotti impiegati per trasmettere l’energia prodotta dagli impianti eolici offshore. Per l’Italia un chokepoint energetico cruciale è lo Stretto di Sicilia. Come anticipato, la crescente necessità di trasferire energia dal Nord Africa rende essenziale attraversare quel tratto di mare. In alcune zone situate in acque internazionali, le infrastrutture sono adagiate a profondità poco elevate, come ad esempio nel Banco Avventura, dove il fondale si trova soltanto ad una profondità tra gli 80 e 30 m. Questo rende possibile per attori ostili sabotare queste infrastrutture anche soltanto con l’impiego di sommozzatori o trascinamento dell’ancora. In questo senso, la Federazione Russa, che ha già mostrato un ampio ricorso a tattiche di sabotaggio e grey zone in Europa, potrebbe essere interessata a colpire infrastrutture fondamentali per ridurre la dipendenza energetica europea da Mosca. Pur avendo a disposizione avanzate capacità subacquee tra cui navi da ricerca oceanografica e sottomarini specializzati, la relativa facilità di raggiungere le condutture con mezzi poco avanzati, economici e in grado di complicare l’attribuzione dell’azione, potrebbe essere un incentivo. A questo va aggiunto che, a causa della chiusura dell’unica base navale russa sul Mediterraneo, a Tartus in Siria, dopo la caduta del regime di Assad, non sono attualmente presenti sottomarini russi nelle acque mediterranee e un loro eventuale ingresso nel bacino probabilmente non passerebbe inosservato. Collegato al pericolo di sabotaggi “low tech” da parte del Cremlino, va sottolineato che il Mediterraneo vede un'alta concentrazione di navi appartenenti alla cosiddetta Shadow Fleet, ovvero una flotta clandestina di centinaia di mercantili usata da Mosca per aggirare le sanzioni sulle esportazioni petrolifere. Tali navi sono già state coinvolte nel danneggiamento di infrastrutture energetiche subacquee europee, come nel caso dell’elettrodotto Estlink, danneggiato nello scorso dicembre.
Tali minacce verso le infrastrutture critiche subacquee italiane ed europee hanno spinto diversi Paesi a prendere provvedimenti e misure al fine di proteggere i fondali marini dalle azioni di attori ostili. In questo senso, l’Italia è tra gli attori maggiormente coinvolti, con un approccio basato su più fronti. Dal punto di vista militare, la Marina è impegnata nell’Operazione Fondali Sicuri, con cui garantisce il pattugliamento degli spazi marittimi in cui sono presenti le infrastrutture critiche di interesse strategico nazionale. A metà luglio 2025, la Direzione Generale degli Armamenti Navali/NAVARM ha anche reso nota l’intenzione di acquisire dal mercato civile un’Unità Polivalente per la Sorveglianza della Dimensione Subacquea (UPSDS), la cui funzione principale sarà il trasporto, la messa in mare, l’impiego e il recupero di droni subacquei e di superficie (USV) autonomi e a pilotaggio remoto. Dal punto di vista scientifico, è stato lanciato il Polo Nazionale della dimensione Subacquea, che ha tra le sue priorità la promozione e lo sviluppo, attraverso finanziamenti pubblici o partnership pubblico-private, di tecnologie volte alla protezione e alla sorveglianza dell’ambiente sottomarino. Infine, sul piano istituzionale, il Senato ha approvato il Disegno di Legge sulle attività subacquee, che disciplina la dimensione sottomarina, stabilendo regole per l'accesso agli spazi marini e la protezione delle infrastrutture energetiche e di comunicazione sott'acqua. L'obiettivo è migliorare i controlli, prevenire danni accidentali o dolosi, velocizzare le reazioni agli incidenti e colmare il gap normativo che fino ad ora caratterizzava il dominio subacqueo. Tali iniziative costituiscono una solida base da cui partire, possibilmente integrando e modellando gli sforzi con i partner europei e transatlantici, vista la transnazionalità di molte infrastrutture sui fondali. La NATO ha lanciato la missione Baltic Sentry per pattugliare le acque del Baltico con mezzi di superficie e sottomarini, oltre che veicoli senza equipaggio (USV e UUV). Per quanto riguarda l’UE, la Commissione Europea nel febbraio scorso ha prodotto l’EU Action Plan on Cable Security, con cui ha proposto una serie di misure volte alla protezione del dominio subacqueo. Partendo da queste iniziative nazionali ed europee, è essenziale continuare e implementare gli sforzi verso una maggiore sorveglianza e protezione dei nostri fondali. Un tema, come sottolineato da un recente policy brief del Center for Security Diplomacy and Strategy (CSDS) di Bruxelles, che rimane strettamente legato alle attuali dinamiche ed equilibri internazionali oltre che a considerazioni strategiche, tecniche e legali.



















