La Direttiva sulla Prestazione Energetica nell’Edilizia (Energy Performance of Buildings Directive - EPBD) delinea il percorso europeo per la decarbonizzazione del parco immobiliare entro il 2050, guidando gli Stati membri nei loro sforzi verso questo obiettivo. Definisce altresì un quadro normativo che prevede per gli Stati membri un divieto di installazione di nuove caldaie alimentate a combustibili fossili dal 2040. Il testo definitivo della Direttiva, approvato dal Parlamento europeo, offre maggiore flessibilità rispetto alle versioni preliminari, lasciando agli Stati membri la scelta degli strumenti e dei tempi per attuare la transizione. Tuttavia, è stato attribuito alla Commissione europea il compito di emanare linee guida volte a chiarire alcune disposizioni della Direttiva, tra cui la definizione di “caldaie alimentate a combustibili fossili”. Questo conferisce all’Esecutivo comunitario un potere molto rilevante: sebbene le linee guida non abbiano carattere vincolante, esse esercitano comunque una significativa influenza normativa sugli Stati membri, senza passare dal vaglio del Parlamento. Invero, il rispetto in concreto del principio di neutralità tecnologica nella formulazione delle linee guida potrà determinare il successo o il vanificarsi degli sforzi compiuti in fase politica di elaborazione della Direttiva stessa.
In questa fase è quindi cruciale individuare criteri che riconoscano il crescente contributo dei gas rinnovabili — biometano, bioGPL e rDME — nella riduzione delle emissioni derivanti dai consumi residenziali, centrali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del settore. La definizione di “caldaia alimentata a combustibili fossili” data dalla Commissione risulterà determinante per il futuro di questa tecnologia e del ruolo dei gas rinnovabili.
Partendo dal caso italiano, si può chiaramente dimostrare l’essenzialità della tecnologia delle caldaie a gas per la decarbonizzazione dei consumi termici residenziali.
In Italia, infatti, il gas (sia naturale sia GPL) è centrale nel mix energetico, grazie a un’infrastruttura capillare che interessa il 90% dei Comuni e copre il 100% delle comunità con l’apporto del GPL. Ciò ha favorito la diffusione del gas nei diversi usi finali, consolidandone il ruolo nel settore civile e residenziale.
Oggi il gas è la fonte prevalente in un comparto caratterizzato da un parco residenziale anziano (oltre il 70% edificato prima degli anni ’80), inefficiente (50% in classi energetiche F-G) e diversificato per clima e architettura (50% in zone climatiche fredde E-F).
In questo scenario le caldaie possono svolgere un ruolo essenziale nella transizione ecologica: si tratta di una tecnologia competitiva sul piano economico, applicabile a tutti gli edifici senza interventi strutturali e efficiente grazie all’utilizzo dell’infrastruttura gas esistente.
Già solo la sostituzione delle caldaie tradizionali con modelli a condensazione consentirebbe al sistema italiano di:
- di traguardare già oggi gli obiettivi di riduzione dei consumi previsti dalla EPBD, garantendo un risparmio tra il 19 e il 22% (a fronte di un target del 16%);
- di conseguire risultati anche in termini di riduzione delle emissioni grazie all’integrazione di percentuali crescenti di biocombustibili come il biometano e bio GPL;
- di offrire al consumatore un’opzione economicamente sostenibile e percorribile in ogni contesto abitativo;
- di sostenere la competitività della relativa value chain, prevalentemente europea.
In assenza di soluzioni tecnicamente ed economicamente accessibili, il cittadino tenderà a mantenere lo status quo, ostacolando il progresso verso la decarbonizzazione.
Dallo studio di BIP Consulting sulla decarbonizzazione dei consumi residenziali in Italia, che analizza le soluzioni in relazione al patrimonio immobiliare, al contesto socio-demografico ed economico italiano, emergono infatti i seguenti aspetti:
- con riferimento al patrimonio abitativo, la marcata anzianità degli immobili (e di conseguenza, la limitata coibentazione termica e inefficienza), la prevalenza di abitazioni in condominio con riscaldamento autonomo e la presenza di limitati spazi esterni: si tratta di elementi che, dal punto di vista tecnico, pongono difficoltà per l’installazione di pompe di calore;
- dal punto di vista demografico, una popolazione con età media particolarmente elevata, che dispone di redditi più alti e della quota maggiore di immobili in proprietà: tali circostanze incidono e limitano la propensione all’investimento;
- a livello tecnico, il processo di installazione di una pompa di calore richiede una maggiore specializzazione – poco diffusa tra gli installatori – e tempistiche nettamente superiori rispetto all’installazione di una caldaia a condensazione, elementi che influenzano l’inclinazione all’investimento insieme alla necessità di interventi importanti sull’intero edificio/abitazione;
- sul piano economico, l’analisi del TCO fa emergere una rilevante maggiore competitività delle soluzioni basate sull’installazione di una caldaia a condensazione, a cui si associano significativi benefici ambientali se questa viene alimentata con gas rinnovabili (è l’unica soluzione che abilita un salto in classe A e il livello di emissioni più basso in caso alimentazione al 100% con green gas).
Dallo studio emerge quindi come l’elettrificazione rappresenti una soluzione non sempre percorribile dal punto di vista tecnico e rispetto alla quale fattori legati alla situazione socio-demografica e alla disponibilità economica rappresentano ulteriori elementi ostativi.
Quel che emerge dallo studio è che la transizione energetica del comparto residenziale, se affidata a un’unica soluzione, rischia di essere fallimentare in partenza: l’elettrificazione rappresenta una valida soluzione in determinati contesti ma occorre offrire alternative nell’ottica della complementarità e della pluralità di tecnologie e vettori per coinvolgere l’intero patrimonio abitativo.
Da queste evidenze deriva l’urgenza di una definizione normativa certa: una caldaia potrà essere classificata come «fossile» soltanto se alimentata esclusivamente da combustibili tradizionali. È importante infatti chiarire che a determinare l’impatto ambientale non è la caldaia in sé, bensì il tipo di combustibile impiegato: una stessa caldaia può ad esempio funzionare indifferentemente con gas naturale, GPL, biometano, bioGPL o rDME. Il termine “fossile” è da riferire esclusivamente all’origine del combustibile e non alla tecnologia dell’apparecchio.
Invero, nelle prime bozze di linee guida diffuse, la Commissione sottolinea che, tra le misure previste per adempiere a quanto previsto al 2040 circa il divieto di installazione di nuove caldaie alimentate a combustibili fossili da quella data, rientra la sostituzione dei vettori energetici tradizionali con alternative rinnovabili, nel pieno rispetto del principio di neutralità tecnologica. Tuttavia, le citate bozze continuano al tempo stesso a promuovere la sostituzione della tecnologia delle caldaie - piuttosto che il passaggio al vettore rinnovabile - come uno strumento di decarbonizzazione; un approccio, come già osservato, profondamente errato, che rischia di precludere concrete opportunità di ridurre le emissioni del parco immobiliare.
Occorre quindi sottolineare con fermezza che la sostituzione tout court della tecnologia delle caldaie è assolutamente da evitare: non è il dispositivo in sé a determinare il profilo emissivo, bensì il vettore energetico impiegato.
Pertanto, le recenti bozze delle linee guida dovrebbero essere profondamente modificate, eliminando ogni riferimento al “replacing” delle caldaie come strumento di decarbonizzazione degli edifici.
Su tale aspetto va infatti ben chiarito ed evidenziato che nelle previsioni della direttiva EPBD è prevista non la sostituzione delle caldaie già esistenti bensì un divieto di installazione di nuovi apparecchi alimentati a combustibili fossili dal 2040.
In tal senso, le linee guida dovranno concentrarsi esclusivamente sulla progressiva integrazione dei combustibili fossili con soluzioni bio e rinnovabili, nell’ottica di garantire i criteri di sostenibilità fissati dalla direttiva RED III (sulla promozione delle fonti rinnovabili di energia), senza “bandi” alle diverse tecnologie.
Come emerge infatti dallo Studio, solo potendo far affidamento su tutte le tecnologie (comprese quindi le caldaie) sarà possibile garantire un’effettiva riduzione delle emissioni del parco residenziale, preservando al contempo la neutralità tecnologica e offrendo agli Stati membri la flessibilità necessaria per individuare le soluzioni più idonee al proprio contesto climatico, infrastrutturale e socio-economico.
Questa incoerenza normativa, infatti, genera incertezza interpretativa: gli Stati membri, temendo possibili sanzioni, già oggi stanno riducendo il sostegno a queste tecnologie. In Italia, ad esempio, nell’ultima legge di Bilancio è stata approvata una specifica disposizione che elimina le detrazioni fiscali “per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili”.
A prescindere dalle difficoltà di concreta applicazione della citata disposizione, la stessa risulta basata sull’applicazione delle linee guida adottate dalla Commissione europea nell’ottobre del 2024 (C(2024) 7161 final), adottate sulla base della specifica norma della direttiva EPBD (v.d. l'articolo 17, paragrafo 15) che prevede che a partire dal 1º gennaio 2025 gli Stati membri non possano concedere incentivi finanziari per l’installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili.
Operando come si è fatto nella recente legge di Bilancio italiana e, analogamente, in altri Paesi europei in concreto sono state eliminate le forme di sostegno all’acquisto delle caldaie (anche se le stesse sono certificate per essere alimentate a gas rinnovabili), impedendo il processo di svecchiamento del parco tramite la sostituzione con le moderne caldaie a condensazione che possono essere alimentate già da oggi con biometano o bioGPL, fornendo contemporaneamente un segnale completamente errato agli investitori impegnati a far crescere la disponibilità di gas rinnovabili.
Ciò si pone in netto contrasto con gli obiettivi di riduzione dell’impronta carbonica del settore residenziale e dei principi di efficienza energetica, oltre a non garantire il rispetto del principio di pluralità e neutralità tecnologica.
In realtà, tutte le soluzioni alternative disponibili devono invece essere riconosciute e beneficiare di incentivi fiscali e misure di supporto. Ne consegue che le caldaie certificate per essere alimentate a gas rinnovabile devono poter beneficiare degli incentivi, senza essere penalizzate dall’individuazione di soglie percentuali di combustibile rinnovabile al momento irraggiungibili, in rapporto alla disponibilità attuale di prodotto la cui crescita va invece incentivata e sostenuta.
In quest’ottica, occorre mantenere aperta l’opzione delle caldaie e dei gas rinnovabili anche oltre il 2040, adeguando incentivi e agevolazioni in funzione dell’evoluzione del mercato delle miscele e alle specificità del patrimonio immobiliare di ciascuno Stato Membro, lasciando a ciascuno di essi la libertà di individuare il percorso più adatto alle proprie esigenze.
È in questo scenario che l’azione politica si dovrà inserire per:
- garantire parità di trattamento a tutte le soluzioni di riscaldamento ambientalmente sostenibili, in linea con il principio di neutralità tecnologica;
- potenziare la produzione e la distribuzione di gas rinnovabili (biometano, bioGPL, rDME);
- avviare una campagna informativa chiara e trasparente sui reali benefici ambientali ed economici di tutte le tecnologie sostenibili.
Solo così si potrà onorare l’impegno europeo di decarbonizzazione, promuovere la diversificazione tecnologica e offrire ai cittadini soluzioni efficaci, convenienti e rispettose dell’ambiente.



















