Uno studio recente del Joint Research Centre della Commissione europea dimostra come l’uso della plastica riciclata, in sostituzione di quella vergine, potrebbe evitare ogni anno in Italia l’emissione di 7,2 milioni di tonnellate di CO2. Si tratterebbe di un contributo straordinario alla decarbonizzazione, da solo capace di far centrare all’Italia l’obiettivo di abbattimento delle emissioni fissato dal Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il settore gestione rifiuti entro il 2040.

Tale potenziale, tuttavia, è ben lungi dall’essere espresso a causa di un quadro regolatorio ancora troppo penalizzante per i riciclatori di plastica. Un quadro che per certi versi ha del paradossale. Da un lato, infatti, le policy europee spingono verso target di circolarità sempre più ambiziosi, come dimostra anche il nuovo regolamento imballaggi europeo (PPWR), che impongono alle filiere del riciclo ulteriori investimenti in termini di innovazione e capacità produttiva. Dall’altro però, i riciclatori, nelle mani dei quali è riposta una parte importante di tali obiettivi, si trovano a scontare una rilevante disparità competitiva. Sia rispetto ai produttori di plastica vergine, i cui costi industriali sono strutturalmente più bassi rispetto alle filiere del riciclo; sia rispetto alla plastica riciclata di provenienza extraeuropea, che entra nel nostro packaging in assenza di qualsiasi controllo di tracciabilità che ne certifichi la sicurezza per il consumatore finale.

Al danno, potremmo dire, si aggiunge poi la beffa di uno Stato italiano che versa ogni anno all’Unione Europea circa 800 milioni di euro in relazione alle quantità di imballaggi plastici nazionali non avviati a riciclo (la cosiddetta plastic tax europea). Una cifra che potrebbe essere assai ridotta da un potenziamento dell’industria del riciclo.

In questo quadro complicato, Aliplast è riuscita, in ogni caso, a mantenere capacità competitiva e propensione alla crescita grazie agli investimenti su qualità e tracciabilità di prodotto (ad esempio, le certificazioni RecyClass Recycling Process e Recycling Content), innovazione (in corso a Modena la realizzazione del nuovo polo di riciclo delle plastiche rigide) e accordi di filiera (di particolare importanza le collaborazioni con Coripet per favorire la raccolta selettiva del PET e Cosmetica Italia sulla progettazione di packaging beauty riciclabili al 100%).

In assenza però di un quadro regolatorio chiaro e vincolante per tutti i soggetti e di una scelta politica decisa verso la plastica decarbonizzata, tali sforzi perdono di efficacia. In questo senso, ritengo di grande interesse la proposta avanzata recentemente al Governo da Assorimap e Utilitalia di premiare l’azione virtuosa delle aziende impegnate nel recupero di materia, attraverso un sistema incentivante basato sulla negoziazione di crediti di carbonio risparmiato all’ambiente. In questo modo, si favorirebbe il mantenimento della competitività delle materie plastiche riciclate e, allo stesso tempo, si introdurrebbe un fattore di stabilità e certezza nelle congiunture di maggior volatilità del mercato. Ma soprattutto, verrebbe dato un ulteriore, sostanziale, contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti, peraltro con un saldo positivo sulle casse pubbliche, in ragione della verosimile diminuzione del contributo annuale italiano in conto plastic tax.