La transizione verso l’economia circolare è ormai avviata e, nel nostro Paese, il settore dei rifiuti sta affrontando una serie di importanti riforme strutturali per garantire il raggiungimento dei target fissati dall’Unione europea. Restano, tuttavia, ancora alcune criticità da affrontare per attivare gli investimenti necessari a colmare il fabbisogno impiantistico e a superare la frammentazione gestionale. Circolarità delle risorse, nodi da sciogliere e la consueta fotografia del sistema di gestione dei rifiuti urbani: sono questi gli argomenti chiave dell’undicesima edizione del Green Book, la monografia di riferimento del settore, promossa da Utilitalia e curata dalla Fondazione Utilitatis.

Le principali questioni da affrontare riguardano il completamento della governance locale in alcune aree del Paese e il superamento del gap infrastrutturale, per garantire la corretta gestione dei rifiuti urbani.

Partiamo dal primo punto. Il processo di attuazione dei modelli di governance locale previsto dalla normativa in diverse Regioni risulta ancora incompleto. Sul fronte gestionale, principalmente al Centro Sud, il settore si mostra caratterizzato da una forte frammentazione sia orizzontale, dovuta al gran numero di operatori attivi in territori comunali, sia verticale, con la presenza di numerosi gestori specializzati nelle fasi a monte o a valle della filiera e pochi grandi operatori in grado di chiudere il ciclo. L’analisi dei bandi di gara (2014-2023) conferma le difficoltà nella standardizzazione delle dimensioni e delle tempistiche di affidamento dei servizi di igiene urbana a livello nazionale. Oggi, l’87% delle gare viene bandita per affidare il servizio in un singolo Comune mentre, guardando alla durata degli affidamenti, oltre la metà risultano in scadenza tra il 2023 e 2024, di cui il 75% al Sud. Questo si traduce in un repentino cambio di gestione nei territori che, in assenza di una governance locale forte e di una pianificazione di lungo periodo, può incidere sui possibili livelli di miglioramento della gestione e sicuramente sulla possibilità di attuare consistenti piani di investimento.

Passando al secondo elemento, nel 2022 la produzione nazionale dei rifiuti urbani si è attestata a 29,1 milioni di tonnellate, in calo dell’1,8% rispetto al 2021. Mentre la percentuale di raccolta differenziata ha raggiunto il 65% (+1,2 punti rispetto al 2021) con una crescita in tutte le macroaree del Paese, la percentuale di riciclaggio è stata pari a circa il 49%. Permane dunque un’ampia forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di effettivo riciclaggio, che peraltro tende negli ultimi anni ad allargarsi: ciò a riprova del fatto che, oltre al prioritario ecodesign per favorire la riciclabilità di materiali ed imballaggi, la raccolta differenziata, pur rappresentando uno step di primaria importanza, deve garantire qualità ed essere accompagnata dalla disponibilità di un adeguato sistema impiantistico. Serve dunque un’ulteriore accelerata senza la quale sarà impossibile raggiungere i target Ue al 2035 che prevedono, sul totale dei rifiuti raccolti, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota non superiore al 10%. Il Mezzogiorno, in particolare, continua a presentare un significativo deficit impiantistico che non consente la corretta chiusura del ciclo, contribuendo al differenziale di spesa per il servizio di igiene urbana: a causa del maggiore costo principalmente sostenuto per il trasporto dei rifiuti verso impianti fuori Regione ed esteri, il Sud registra la Tari più alta del Paese con 378 euro/abitante medi nel 2023, staccando Centro (347 euro) e Nord (284 euro).

Secondo una stima di Utilitalia, mentre il Nord del Paese (anche se non in tutte le regioni) e la Sardegna dispongono di un sufficiente parco impiantistico, il Centro, il Sud peninsulare e la Sicilia soffrono già oggi di un deficit che costringe ad esportare i rifiuti verso il nord e all’estero. Questa situazione, verosimilmente, si aggraverà nei prossimi anni con l’atteso sviluppo delle raccolte differenziate nelle zone oggi in ritardo; ciò porterà alla raccolta di maggiori quantità di rifiuti organici che necessitano di impianti adeguati per il loro riciclo e valorizzazione energica producendo biogas o biometano, e alla produzione di scarti che, unitamente alle frazioni residue, dovranno essere trattate in impianti di recupero energetico al fine di mantenere il ricorso allo smaltimento in discarica al di sotto del 10%.

Il Green Book 2024 approfondisce, inoltre, il tema delle materie prime critiche. Per favorire la transizione ecologica, infatti, nei prossimi anni si prevede un aumento esponenziale della domanda di materie prime critiche, di fondamentale importanza per l’industria europea, ma esposte a un rischio più elevato di approvvigionamento, anche a causa del difficile scenario geopolitico. Lo sviluppo di filiere per il recupero di materie prime critiche e strategiche è fondamentale per contribuire a garantire la sicurezza nell’accesso alle risorse: gli impianti rinnovabili (fotovoltaici, eolici e i sistemi di accumulo ad essi associati), che nei prossimi anni andranno a decommissioning (circa 400 mila tonnellate di rifiuti provenienti solo dal fotovoltaico al 2035), rappresentano una vera e propria miniera urbana.

Da questo punto di vista il corretto riciclo dei RAEE può rappresentare un’opportunità per ridurre la dipendenza da Paesi terzi. Tuttavia, nel 2023, la raccolta nazionale complessiva dei RAEE proveniente dai nuclei domestici si è attestata a circa 349mila tonnellate, in calo del 3,1% rispetto al 2022. I livelli di raccolta, pari a circa 6 kg per abitante, sono ancora lontani dagli obiettivi stabiliti dall’Europa (12 kg per abitante) e non consentono di incidere sull’economicità del recupero di materie prime critiche. Visto il loro valore strategico e le difficoltà nell’approvvigionamento di tali materiali, appare indispensabile potenziare la raccolta che sembra essere il vero volano di sviluppo della filiera e per garantire gli investimenti necessari alla completa estrazione della catena del valore di tale flusso. Per fare ciò occorre rivedere i meccanismi di finanziamento della raccolta da parte degli schemi di responsabilità estesa del produttore.

La crescente domanda di beni di consumo e la necessità di efficientare l’impiego di risorse e di materiali nella produzione rende evidente l’importanza del riciclo, del recupero e reimpiego di Materie Prime Secondarie (MPS). A tal proposito, Utilitalia ed Enea hanno realizzato un progetto per valutare il risparmio energetico associato all’utilizzo di MPS rispetto alla materia prima vergine: l’analisi LCA, effettuata secondo l’approccio “from cradle to market”, ha dimostrato che l’utilizzo di MPS comporta un vantaggio in termini di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di CO2.

La valorizzazione del risparmio energetico e delle emissioni tramite Titoli di Efficienza Energetica Circolare (TEEC) e Crediti di Carbonio (3C), infine, renderebbe le Materie Prime Secondarie più competitive, incentivando una più efficiente domanda dei materiali e migliorando la raccolta e il riciclo dei rifiuti. Stimolando la creazione di un mercato adeguato delle MPS e valorizzando i benefici ambientali, questo meccanismo potrebbe, inoltre, favorire l’infrastrutturazione industriale, spingendo le imprese verso modelli di approvvigionamento virtuosi.