"Non è mai troppo tardi!" Così, con la riedizione di un refrain televisivo degli anni ’60, potremmo esultare all’affermazione in Europa dei mercati della capacità produttiva. Dunque, Capacity Market sia: un’idea tutta italiana sin dal 2011, ispirata su alcune esperienze pionieristiche nei mercati energia degli Stati Uniti ed adattata al contesto europeo, è stata approvata nel 2018 dalla Commissione europea ed implementata nel nostro Paese già dal lustro scorso. Ora, quel concept italiano può farsi largo anche in quegli Stati membri rimasti ostili alla tematica per più di un decennio, Germania in primis, a ben guardare le bozze del nuovo Regolamento Electricity Market Design (EMD) concordate dai co-legislatori europei nel dicembre scorso.
Il ravvedimento di Berlino in materia di Capacity Market è tutto da ascrivere alla necessità tedesca di investire per più di 20 GW in nuovi cicli combinati a gas (e/o ad idrogeno in futuro) per sopperire al loro phase-out dell’elettronucleare – già attuato – ed al phase-down del termoelettrico a carbone, garantendo al contempo l’adeguatezza di copertura della domanda elettrica in forte ascesa.
Quel ravvedimento sulla strada dei Capacity Market ha di conseguenza sbloccato il netto cambiamento di posizione della Commissione europea a favore dei medesimi, dopo anni di ostracismo radicato nel precedente pacchetto sui mercati elettrici nn. 943-944 del 2019 in cui l’opzione Capacity Market era messa in marcata “salita” per quegli Stati membri che, alla data, non ne fossero ancora dotati. Era infatti derubricata ad opzione residuale, non attivabile se non dopo aver obbligatoriamente esperito una nutrita serie di misure di rafforzamento dei mercati energy-only (il c.d. implementation plan). Quest’ultimo, da solo, avrebbe dovuto mettere ogni Stato membro nelle condizioni di promuovere gli investimenti in capacità produttiva senza accedere all’inviso Capacity Market. Tutto ciò con l’eccezione dell’Italia in quanto, come detto, era ed è depositaria di un’autorizzazione espressa al Capacity Market di durata decennale sino al 2028.
Il casus belli per rivedere la regolamentazione europea dei mercati europei e riformare l’approccio inibitorio nei riguardi dei Capacity Market è figlio - come sempre - dei tempi del caro-prezzi energia, anche perché con l’alibi della crisi si è in grado di ben mascherare ravvedimento e cambiamento appena richiamati senza far trasparire troppa incoerenza. Anche la narrazione nei Consideranda del nuovo Regolamento EMD sembra un perfetto lavoro a tesi per sdoganare il Capacity Market in Europa. Non che questo disturbi più di tanto: è comunque una bella notizia per noi italiani. Anzi, è la conferma che, nell’energia, sempre più concept italiani diventano best practice in UE, ancor più se sancite ope legis europea. Seguiamo il fil rouge del ragionamento europeo.
Le premesse del Regolamento EMD prendono le mosse dal constatare che “… si sono registrati prezzi elevatissimi in termini di livello e di volatilità a partire dal settembre 2021…” e continuano con la necessità di “…identificare potenziali aree di miglioramento della regolamentazione dei mercati”, associandovi “l’intenzione [dei co-legislatori, n.d.a.] di valutare le predette aree in vista di un [ulteriore prossimo] emendamento del quadro legislativo europeo”. E ciò non tanto in termini di provvedimenti emergenziali quali tetti ai prezzi, revenue cap, etc., cioè il copioso armamentario di regole d’urgenza per raffreddare l’eventuale ripresentarsi del caro-prezzi, bensì quanto a misure strutturali nei mercati per l’accompagnamento ed il potenziamento della transizione energetica. Beninteso: questa strutturalità non può che riferirsi alla promozione di investimenti in a) sostenibilità dell’energia ed in b) decarbonizzazione degli usi finali energetici nonché in c) adeguatezza/sicurezza dell’energia.
I co-legislatori – quanto a sostenibilità dell’energia e penetrazione della decarbonizzazione negli usi finali - non possono che assumere come primo riferimento il segmento delle rinnovabili, per la cui integrazione nel sistema elettrico (Energy System Integration) riconoscono la necessità di disporre di “Mercati di breve termine efficienti e ben funzionanti come strumenti principe per l’integrare le rinnovabili e le risorse di flessibilità che facilitino l’Energy System Integration al minimo costo possibile”. Questo equivale ad assegnare al mercato a pronti energy-only un irrinunciabile valore per raggiungere la massima efficienza possibile, evidenziando il prezzo corretto dell’energia in ragione dei vincoli spazio-temporali del sistema elettrico.
Tuttavia, tornando agli investimenti in rinnovabili, il Regolamento EMD afferma in maniera chiara che, dovendo l’Unione europea incrementare decisamente il passo di sviluppo di fonti rinnovabili elettriche rispetto a quanto sin qui realizzato, la regolamentazione dei mercati – tra l’altro - dovrebbe garantire “… in aggiunta ai mercati energy-only, che vengano a stabilirsi meccanismi di mercato che assicurino segnali di prezzo di lungo-termine [su cui possono fare affidamento i nuovi investimenti in fonti rinnovabili]”. In altri termini, per le rinnovabili, vi è un giudizio di non sufficienza dei mercati a pronti che devono essere affiancati da strumenti ad hoc per rendere certa la traiettoria di remunerazione degli investimenti, sterilizzando per quanto possibile la volatilità dei prezzi nemica degli investimenti. Un passaggio su tutti: “I meccanismi di lungo termine [Contratti per differenze e Power Purchase Agreement] assicurano la stabilità dei prezzi nel lungo termine per il consumatore e la necessaria certezza per il produttore per prendere le decisioni di investimento.”
Ma se quella precedente è la cura emendativa al quadro della regolamentazione dei mercati per le rinnovabili ai fini della sostenibilità dell’energia e la decarbonizzazione degli usi finali, perché non seguire lo stesso approccio per l’adeguatezza/sicurezza dell’energia?
Infatti, a tale proposito, si incontra la chiave di volta del cambiamento nel ragionamento contenuto nel Regolamento EMD: “Stante la necessità di limitare le distorsioni nel mercato unico dell’energia potenzialmente introdotte da meccanismi diversi e non coordinati di Capacity Market, essi possono giocare un ruolo decisivo nell’assicurare l’adeguatezza/sicurezza dell’energia, in particolare durante la transizione energetica verso un sistema a zero emissioni…”, concludendo che “i Capacity Mechanism non devono più essere considerati come misure residuali o di ultima ratio [dunque finalmente sdoganati come misura ordinaria], mentre la loro necessità ed il loro disegno dovrebbero essere periodicamente valutati alla luce delle evoluzioni del contesto e delle situazioni di mercato.” Promossi quindi a pieno titolo, auspicando che vi sia un’armonizzazione dei Capacity Market a livello europeo e che la loro necessità sia valutata dinamicamente. Ciò si traduce nell’articolato del Regolamento EMD in tranche di 10 anni in cui un meccanismo di Capacity Market è da considerarsi stabile ed affiancato ai mercati energy-only. Guarda caso proprio il lasso di tempo del Capacity Market autorizzato all’Italia, a riprova che il nostro meccanismo sta facendo scuola in Europa.
Di più. Nei Consideranda finali del Regolamento EMD, viene reiterata l’intenzione di riformare il processo di adozione del Capacity Market da parte di uno Stato membro interessato, semplificando e linearizzando le procedure in modo tale che “lo Stato membro possa in tempo rapido affrontare le proprie criticità nazionali in termini di adeguatezza/sicurezza delle risorse e di accompagnamento della transizione…” A tal fine, viene previsto anche un provvedimento della Commissione europea che definisca la nuova stagione dei Capacity Market nello stabilire modalità e condizioni secondo cui un meccanismo nazionale di Capacity Market possa essere approvato dalla Commissione stessa.
Vi è un’ultima somiglianza del nuovo stereotipo di Capacity Market del Regolamento EMD con il meccanismo pionieristico italiano. È quella relativa alla partecipazione al Capacity Market di tutte le risorse in grado di contribuire all’adeguatezza, non solo le nuove installazioni, ma anche le centrali esistenti. Così come nel caso del nostro Paese, anche per i Capacity Market europei “I meccanismi di capacità produttiva devono essere aperti alla partecipazione di tutte le risorse in grado di fornire le performance tecniche richieste, inclusi i cicli combinati a gas, atteso che i medesimi soddisfino i limiti di emissioni climalteranti.” Un bel risultato per il nostro concept definito nel 2011.
In conclusione, non resta che essere soddisfatti di questa evoluzione europea in cui vi è sicuramente “più Italia” nel quadro regolamentare. Finito quindi il nostro compito? No di certo. È tempo di studiare necessità e disegno di nuovi Capacity Market con emissioni di CO2 “abbattute” in grado di “accompagnare e potenziare la transizione energetica”, coniugando le risorse di produzione elettrica a gas con gli investimenti in cattura e stoccaggio di CO2 o attraverso produzione elettrica ad idrogeno. Quasi si dovesse aggiungere a quelli normali un apposito comparto di Capacity Market DECA(rbonizzato). Questo argomento viene meglio trattato in questo numero di RiEnergia nell’articolo di Hannelore Rocchio.