Secondo il rapporto Ember “Electricity Review 2023”, globalmente*, nel 2022 tra le rinnovabili la produzione idroelettrica occupava ancora il primo posto con 4.311 TWh (15% del mix produttivo globale), seguita dall’eolica (2.160 TWh, 7,6%), dalla fotovoltaica (1.284 TWh, 4,5% dalle bioenergie (672 TWh, 2,4%), con le altre rinnovabili allo 0,4%, e con il 61% ancora coperto da combustibili fossili. Nello stesso anno, però, si è  registrata una crescita record della generazione fotovoltaica ed eolica, il cui contributo complessivo è salito al 12% dal 10% dell’anno precedente. La prima è cresciuta del 24%, confermandosi la tecnologia con gli incrementi più elevati in tutti gli ultimi 18 anni, la seconda del 17%. Sono più di sessanta le nazioni che nel 2022 hanno prodotto più del 10% di elettricità con impianti alimentati dall’energia eolica o solare.

Poiché mediamente negli ultimi dieci anni la produzione di eolico e fotovoltaico è cresciuta ogni anno del 15-20%, già alla fine del 2023 potrebbe superare l’incremento della domanda elettrica globale. Essere ormai arrivati in prossimità di questo traguardo rappresenta un risultato di grande rilevanza per il processo di decarbonizzazione, dato che l’incremento della domanda elettrica sarà in buona parte determinato dalla crescente elettrificazione dei trasporti e dei consumi termici. Queste cifre riflettono due dati di fatto. Sul pianeta le due fonti primarie (sole e vento) sono largamente disponibili; in particolare, le prevedibili riduzioni dei costi del fotovoltaico renderanno conveniente il suo utilizzo sulla parte della superficie terrestre dove risiede circa l’80% della popolazione mondiale.  Eolico e fotovoltaico sono le due tecnologie il cui costo è diminuito più velocemente negli ultimi vent’anni.

Secondo il Net Zero Emissions scenario del “World Energy Outlook 2000” dell’IEA, per raggiungere la neutralità climatica, tra il 2021 e il 2040 all’incremento della produzione elettrica “pulita” il solare dovrebbe contribuire per il 39%, l’eolico per il 36%, l’idroelettrico e le altre rinnovabili ciascuna per il 7%, il nucleare per il 6%, idrogeno/ammoniaca e carbone/gas abbinati a sistemi di CCUS (Carbon Capture, Utilisation and Storage) ciascuno per il 3%. Ma, per conseguire questo risultato, nel 2039 solare ed eolico dovrebbero coprire il 41% della produzione elettrica globale, mentre, secondo le previsioni del rapporto IEA “Renewables 2022”, saranno ben al di sotto di tale traiettoria, dato che nel 2027 arriveranno a coprire solo il 20% del mix produttivo globale.

Nell’Unione Europea la produzione elettrica è molto meno dipendente dai combustibili fossili che, con 1.102 TWh, nel 2022 ne coprivano solo il 39%, oltre tutto con un mix di combustibili meno climalterante della media mondiale: 20% con gas (556 TWh), 16% con carbone (446 TWh), 3,6% con altri fossili. Inoltre, un altro 22% (613 TWh) veniva dal nucleare.  Complessivamente, le fonti rinnovabili contribuivano pertanto per il 39%, con eolico e fotovoltaico così rampanti da arrivare insieme al 22%

(624 TWh), con la restante parte coperta dall’idroelettrico (10%, 282TWh), da bioenergie e geotermoelettrico (7%, 197 TWh).

L’obiettivo europeo al 2030 è però molto più ambizioso. L’accordo recentemente raggiunto tra Commissione europea, Europarlamento e Consiglio europeo   include un obiettivo giuridicamente vincolante per “aumentare la quota di energia rinnovabile nel consumo energetico complessivo dell’UE al 42,5% entro il 2030”. I Paesi dell’UE possono però integrare questo obiettivo con “un’ulteriore 2,5% che consente di raggiungere il 45%”. Si tratta di più del doppio del risultato conseguito fino al 2020 (20%), oltre tutto con i Piani Nazionali Energia e Clima, presentati alla fine dello scorso decennio con un obiettivo più limitato (32%), che sono ancora in fase di aggiornamento.

Questi obiettivi sono ancora più sfidanti per l’Italia, dove il rapporto di Terna sulla produzione energetica del 2022 mette in evidenza un consistente calo dell’energia prodotta con fonti rinnovabili. I tempi anormalmente lunghi delle procedure autorizzative e le tardive, spesso inefficaci, misure di semplificazione adottate negli anni scorsi hanno impedito di installare una capacità annuale di nuovi impianti (per la maggior parte eolici e fotovoltaici) pari ad almeno 7 GW, necessaria per coprire, come minimo, l’80% dei consumi elettrici nel 2030.  I numeri sconfortanti. Nel 2020: 0,79 GW; nel 2021: 1,35 GW. In pratica, fino al 2021 la domanda soddisfatta dalle rinnovabili elettriche è sempre oscillata intorno al 40%.

Nel 2022 si sono finalmente installati oltre 3,2 GW di nuova capacità elettrica rinnovabile, ma contemporaneamente si è verificato un prolungato periodo di siccità nelle regioni settentrionali, con il conseguente calo della produzione idroelettrica (- 37,7% rispetto al 2021).  Nel 2022, su un totale di 316,8 TWh la produzione elettrica rinnovabile è stata pertanto pari a 98,4 TWh, con un calo del 13% rispetto al 2021, cui in parte ha contribuito anche la minore produzione eolica (-1,8%) e geotermica (-1,6%). Unica eccezione, il fotovoltaico, che l’anno scorso ha fatto registrare una crescita dell’11,8%, grazie alla capacità aggiuntiva installata. Questo segnale di ripresa, confermato anche nei primi mesi del 2023, rischia però di scontrarsi con la replica, se non addirittura con un peggioramento della siccità, e con l’iniziativa, mentre scrivo, limitata a tre regioni -Sicilia, Calabria, Lazio – che, in assenza di adeguati contributi finanziari ai governi regionali, hanno dichiarato una moratoria per l’installazione di nuova capacità rinnovabile.

Insomma, l’ottimismo di alcuni esponenti del governo, almeno per il momento sembra fuori luogo.

*Il rapporto di Ember analizza i dati elettrici di 78 paesi, che assorbono il 93% della domanda elettrica globale e fa una stima di quelli mancanti.