Una fotografia preoccupante quella che mette in evidenza Legambiente attraverso la seconda edizione del Rapporto Scacco Matto alle Rinnovabili. Un racconto che mette in luce due facce dello stesso Paese, fatte, da una parte, da imprese pronte a realizzare impianti con oltre 303 GW di richieste di connessione a Terna, e dall’altra di regole, burocrazie, normative e procedure non adeguate alla sfida che abbiamo di fronte. Emergenza climatica, caro energia, crisi sociale e obiettivi di decarbonizzazione dovrebbero essere al centro delle politiche di Governo, che però al momento sono, invece, concentrare nel trasformare l’Italia nell’hub del gas per l’Europa.

Il primo importante campanello d’allarme, lanciato da Legambiente, arriva proprio dalla continua lentezza delle installazioni che ormai da quasi un decennio caratterizza il nostro Paese. Appena 3.035 MW nel 2022, che si accompagnano all’incapacità produttiva del parco rinnovabile complessivo il quale, nell’anno appena concluso, ha fatto registrare importanti riduzioni nella produzione, a causa soprattutto del ridotto apporto dell’idroelettrico, che ha fatto registrare una riduzione del 37,7% e a cui si aggiunge il calo del 13,1%  di produzione da pompaggi. Pertanto  il contributo delle rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, chiude al 32%, ovvero ai livelli del 2012. Un dato allarmante e che diventa ancora più impressionante se ai -16,9 TWh di produzione da idroelettrico, rispetto al 2021, associamo l’aumento pari a +61,4% della produzione energetica elettrica da carbone. Un vero ritorno al passato!

Il secondo dato preoccupante è che questa assurda lentezza non è certamente responsabilità delle imprese, che anzi con i 303 GW per oltre 4.000 richieste di connessioni a Terna e gli oltre 1.300 progetti in attesa di valutazione hanno ampiamente dimostrato di essere pronte alla sfida. Ma neanche dei cittadini o delle cittadine, che anche quando sotto effetto Nimby rappresentano una minoranza, comunque, sono espressione della mancanza di regole certe, chiare e trasparenti in grado non solo di guardare, nel loro insieme, agli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050, ma anche a una giusta e corretta integrazione con il paesaggio e al protagonismo dei territori. A partire prima dal Governo Draghi e oggi con il Governo Meloni sono stati fatti sicuramente passi avanti importanti, come il potenziamento delle due Commissioni VIA-VAS per i progetti legati al PNRR. Ma in questo percorso sarà fondamentale, visto che nessuna delle semplificazioni entra in modo strutturale sulle normative esistenti, non solo vedere gli effetti a livello nazionale, ma anche quelli sulle Regioni, che, come racconta il Rapporto Regions di Elemens, oggi sono responsabili di ben 11 processi autorizzativi sui 13 possibili, e che rappresentano il più importante collo di bottiglia.

Entrando nel merito dei numeri del report Scacco Matto alle rinnovabili, a fine febbraio 2023, gli impianti che si trovavano in fase di VIA, di verifica di Assoggettabilità a VIA, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale sono complessivamente 1.364, di cui il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Di questi solo il 41% delle istanze relative agli impianti fotovoltaici nell’anno 2019 ha ricevuto l’autorizzazione, il 19% nel 2020, il 9% nel 2021 e l’1% nel 2022. Va peggio per l’eolico on-shore che vede una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, dell’1% nel 2021 e dello 0% nel 2022. Non a caso il Rapporto Scacco Matto alle Rinnovabili 2022 mette in evidenza almeno 4 normative nazionali e 13 regionali che creano seri ostacoli allo sviluppo di queste tecnologie. Numeri che si affiancano alle 44 storie simboliche di opposizioni che arrivano dai territori e che sottolineano uno spaccato del Paese che necessita non solo di regole al passo con i tempi, ma anche di una narrazione nuova fatta di alleanze tra territori, imprese e politica. Perché se è vero che non esiste l’impianto perfetto, è altrettanto vero che questi impianti possono essere integrati al meglio ed essere valore aggiunto per i cittadini e le cittadine che vivono quei territori.

Diverse le opposizioni locali e regionali più o meno velate. Si va dall’approvazione di leggi che nella teoria dovrebbero sostenere un settore, ma che inseriscono lunghi elenchi di “principi di presunta idoneità” come in Veneto, con Legge Regionale n.17 del 19 luglio 2022, generando solo incertezze e confusione tra le imprese e gli stessi uffici pubblici. In Umbria, invece, il Regolamento Regionale n.4 del 12 luglio 2022 limita le installazioni di impianti fotovoltaici e agrivoltaici in aree agricole e industriali imponendo limiti di occupazione di suolo in alcuni casi più stringenti rispetto a quelli ad oggi in vigore. Problemi che non riguardano solo i grandi impianti, come si potrebbe facilmente pensare, ma anche i piccoli. Infatti, sempre rimanendo in Umbria, sebbene il Decreto Energia 2022 semplifichi l’installazione degli impianti fotovoltaici e termici sugli edifici, classificando tali procedure come manutenzione ordinaria non subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi, la Regione non ha ancora aggiornato il proprio regolamento edilizio regionale che attualmente esclude tali semplificazioni, con tanto di bocciatura da parte dell’Assemblea legislativa della mozione per la modifica del Regolamento.

Le opposizioni e gli ostacoli arrivano anche in fase di valutazione, con commissioni di VIA che presentano fino a 64 richieste di integrazione. È il caso toscano, alla fine arrivato ad essere autorizzato, con l’impianto eolico del gruppo Agsm Aim nei Comuni di Vicchio e Dicomano, a cui si aggiungono le ulteriori 360 richieste di integrazione pervenute dall’inchiesta pubblica. Tanti e diversi i problemi raccontati nel rapporto che coinvolgono Comuni, Regioni, Sovrintendenze - che spesso sono vere proprie protagoniste dei blocchi alle rinnovabili, mentre per i rigassificatori, che in questo Paese si approvano in 6 mesi contro i 6 anni di un parco eolico, si richiede solo la modifica del colore dello scafo.