In USA viene varato l’Inflation Reduction Act (IRA), un piano di 369 miliardi di dollari, che finanzia gli investimenti industriali nei settori dell'energia pulita (in particolare produzione di veicoli elettrici, batterie, pannelli solari, turbine eoliche) e riserva i crediti d’imposta a chi acquista prodotti green realizzati negli Stati Uniti.

La Commissione Europea risponde con Il Green Deal Industrial Plan, presentato al forum economico di Davos dalla Presidente von der Leyen. Il Piano sarà articolato in due provvedimenti: il Net-Zero Industry Act e il Critical Raw Materials Act. In entrambi i casi sono previste misure finalizzate a rendere competitivi gli investimenti industriali in produzioni coerenti con gli obiettivi europei di decarbonizzazione.

Se l’unico scopo del Green Deal Industrial Plan fosse contrapporre a quello americano un protezionismo europeo giustificato dalla necessità di salvaguardare l’attuazione delle politiche di decarbonizzazione nell’area UE, il Net-Zero Industry Act rischierebbe di rafforzare la chiusura in blocchi contrapposti, che sta affossando il sistema interdipendente e globalizzato prevalso negli ultimi trent’anni, rendendo più difficile la decarbonizzazione su scala mondiale, che può essere realizzata con successo soltanto cercando di recuperare una maggiore cooperazione tra i 197 paesi che hanno sottoscritto l'Accordo di Parigi.

Se si trattasse, invece, di una mossa per avviare  da una posizione di forza  un negoziato con gli USA, finalizzato a rivedere le misure protezionistiche incluse nell’IRA, per favorirne il successo sarebbe stato opportuno aprire prima, o per lo meno contemporaneamente, un  dialogo con altri paesi, a partire dalla Corea del Sud, molto preoccupata per l’impatto negativo dell’IRA sulla propria economia, in particolare per l’eliminazione dei  crediti d'imposta per i veicoli elettrici  prodotti da aziende come Hyundai e la sua affiliata Kia, e indignata per il mancato rispetto  delle promesse di Biden di incrementare i legami economici bilaterali, dopo che le aziende sudcoreane avevano accettato di effettuare importanti investimenti e costruire fabbriche negli Stati Uniti. Ma avviando un analogo dialogo almeno con l’India, la cui crescita economica la porterà in poco tempo a superare la Cina, con la quale ha conflitti anche geopolitici.

Così si rischia di creare diversi fronti ostili con un solo annuncio. 

Non meno preoccupanti sono le conseguenze della proposta in ambito comunitario.

La Presidente della Commissione Europea si è infatti ben guardata dal proporre per il Green Deal Industrial Plan finanziamenti ad hoc come in USA, per non incorrere nelle reazioni negative del governo tedesco e dei paesi “frugali”. Consapevole di incontrare il loro favore, a sostegno degli investimenti ha proposto invece di ridurre i vincoli agli aiuti di Stato, consentendo ai paesi con margini di bilancio più ampi, fra cui proprio la Germania e le nazioni frugali, di aumentare a tal fine i finanziamenti pubblici.  Per contro questa misura sarebbe di fatto impraticabile per gli Stati membri come l’Italia, con elevati rapporti debito pubblico/PIL, aggravando pertanto i divari economici all’interno dell'UE proprio in un settore - quello green - ad elevata innovazione tecnologica e produttiva, con la conseguente frammentazione del mercato interno. 

In un contesto politico estremamente reattivo quando vengono toccati interessi di molto minore rilevanza, mentre scrivo questa nota, solo il ministro Giorgetti ha criticato a una misura contraria  agli interessi del sistema Italia.  

Questo silenzio, perdurando, diventerebbe preoccupante, anche perché nelle sue dichiarazioni la Presidente von der Leyen ha inserito la proposta di un Critical Raw Materials Act, strategico soprattutto per l’Italia che nella gestione dei materiali detiene in Europa primati indiscussi. Ha la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti e, pur essendo il secondo paese manifatturiero, ha il più basso consumo pro capite di materia (quasi dimezzato tra il 2000 ed oggi). 

Prima che sia troppo tardi e di conseguenza si debba assistere all’ennesima replica di esponenti politici e di stakeholder che si indignano per l’approvazione di misure comunitarie considerate contrarie agli interessi del paese, oso sperare che questa volta le critiche di Giorgetti si traducano tempestivamente in un impegno prioritario del governo, che dovrebbe trovare consenziente anche l’opposizione, per premere sulle istituzioni comunitarie  e contemporaneamente ricercare alleati nelle trattative  tra  gli altri paesi europei penalizzati da regole meno severe per gli aiuti di Stato.