La reazione della NATO, a seguito delle esplosioni che hanno danneggiato i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 e provocato la conseguente fuoriuscita di gas naturale con un impatto ambientale significativo per l’ecosistema del Mar Baltico (LINK ARTICOLO TRENTA), è stata immediata e perentoria, espressione di una volontà comune di garantire e tutelare la sicurezza delle infrastrutture energetiche critiche (gasdotti, oleodotti, elettrodotti, rigassificatori, raffinerie, centrali nucleari, ai quali si aggiungono centrali idroelettriche, parchi eolici ed impianti solari).
Nello stringato comunicato ufficiale rilasciato il 29 settembre, il Consiglio dell’Alleanza Atlantica parla apertamente di “atto deliberato, sconsiderato ed irresponsabile di sabotaggio” condotto in acque internazionali a danno dei due gasdotti sottomarini che collegano direttamente la Russia con la Germania attraverso il Mar Baltico. Inoltre, la NATO si è dichiarata pronta a difendere gli Alleati e la loro sicurezza energetica, affermando che “attacchi deliberati contro le infrastrutture critiche degli Alleati verranno affrontati con una risposta unita e determinata”.
In questa dichiarazione, la NATO non addebita ad alcun attore statale o non statale la responsabilità di quanto accaduto, che verrà eventualmente accertata nelle prossime settimane: secondo una prospettiva prettamente energetica, si può rilevare come questo atto di sabotaggio renderà impossibile nel lungo periodo utilizzare questi gasdotti, privando la Germania e gli altri stati dell’Europa Centrale di una capacità pari a 55 mld mc/a di gas russo (Nord Stream 1), che in prospettiva sarebbero dovuti raddoppiare con l’oramai tramontata entrata in funzione di Nord Stream 2.
La compattezza dell’Alleanza Atlantica nel condannare il sabotaggio e l’impatto economico-ambientale dello stesso riflette la rilevanza che ha assunto il concetto di sicurezza energetica in ambito NATO, in quanto l’interruzione degli approvvigionamenti - ascrivibile all’azione di attori ostili, statali o non statali - viene interpretata come una minaccia alla sicurezza dei paesi membri ed alle operazioni militari dell’Alleanza. In particolare, la protezione delle infrastrutture energetiche critiche è diventata una priorità strategica, progressivamente accentuatasi con il deteriorarsi delle relazioni con la Russia a seguito del conflitto russo-ucraino.
Nel concetto di sicurezza energetico formulato dalla NATO, la protezione degli elettrodotti riveste un’importanza fondamentale in quanto la distribuzione di energia elettrica “pulita” (ovvero prodotta da fonti rinnovabili) risulterà essenziale per portare a compimento con successo la transizione energetica.
La dimensione transfrontaliera delle infrastrutture di approvvigionamento energetico (oleodotti, gasdotti ed elettrodotti in primis) evidenzia chiaramente la “criticità” insita nel garantire l’obiettivo della loro sicurezza e protezione, evitando interruzioni improvvise al flusso regolare di energia: inoltre, in quanto infrastrutture che attraversano diversi stati, un eventuale attacco di una forza ostile, statale o meno, implica delle ripercussioni che oltrepassano i confini nazionali.
Nonostante la protezione delle infrastrutture sia competenza e responsabilità dei singoli stati, le forze NATO dipendono dalle infrastrutture energetiche civili e quindi contribuiscono a garantire la sicurezza attraverso attività di addestramento ed esercitazioni, supportando le autorità nazionali al fine di rafforzare la loro resilienza contro le interruzioni degli approvvigionamenti che possono intaccare il sistema di difesa nazionale e collettivo.
Nelle ore immediatamente successive al sabotaggio del Nord Stream, alcuni stati europei membri della NATO hanno rafforzato le misure di sorveglianza e controllo delle infrastrutture energetiche critiche. La Norvegia, che si affaccia nel Mar Baltico e quindi pericolosamente vicina all’area interessata dalle esplosioni, ha mobilitato la marina nazionale e l’aviazione a protezione dei giacimenti petroliferi offshore, mentre l’esercito è stato dispiegato per attività di controllo sulle infrastrutture energetiche onshore (raffinerie e terminal d’esportazione) per prevenire incidenti: attualmente la Norvegia è il maggior fornitore di gas per l’Europa e uno dei principali fornitori di petrolio. A conferma dell’elevato livello di allerta, lunedì 3 ottobre si sono riuniti i ministri della difesa nell’ambito del Joint Expeditionary Force - gruppo creato al summit della NATO in Galles del 2014 e guidato dal Regno Unito che include le forze armate di dieci nazioni dell’Europa Settentrionale che si affacciano sul Mare del Nord e Baltico (compresi i nuovi membri NATO Finlandia e Svezia) -con l’impegno di svolgere attività congiunta di monitoraggio e protezione delle infrastrutture energetiche sottomarine.
Anche l’Italia si è mossa rapidamente in questo senso: il ministro della Difesa Guerini e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, hanno deciso di rafforzare l’attività di monitoraggio e controllo - condotta dalla Marina Italiana con sottomarini teleguidati, piccoli robot, e palombari - nelle aree più sensibili e vulnerabili, ovvero i tratti di mare attraversati dalle arterie strategiche sottomarine che garantiscono parte dell’approvvigionamento energetico della Penisola. Ovviamente le acque del Mediterraneo centrale che circondano la Sicilia sono quelle maggiormente interessate, per la presenza del gasdotto sottomarino Transmed che trasporta gas naturale dall’Algeria (ora principale fornitore di gas naturale per il nostro paese) verso Mazara del Vallo e del gasdotto Greenstream dalla Libia, ma le attività si estendono anche nel tratto del Mar Ionio attraversato dal gasdotto TAP che porta in Puglia gas naturale estratto dall’Azerbaigian. Nel caso italiano non si tratta di una reazione alla situazione contingente, in quanto sin da febbraio 2022 unità della Marina e mezzi dell’aeronautica sono stati dispiegati nel Mediterraneo e nello Ionio in capillari attività di pattugliamento e prevenzione, volte a controllare i movimenti della flotta russa che transitava nel “Mare Nostrum”. Sulla base di quanto accaduto nel Mar Baltico, l’attività di prevenzione deve focalizzarsi sulle minacce subacquee, ovvero controllare l’eventuale presenza ed attività dei sottomarini.
In definitiva, il sabotaggio del gasdotto Nord Stream inciderà sull’evoluzione del concetto NATO di protezione delle infrastrutture energetiche, passando dall’elaborazione di contromisure per fronteggiare minacce cyber o ibride ad iniziative volte a contrastare attacchi concreti, materiali, con danni economici, ambientali ed energetici alle infrastrutture ed ai paesi che le ospitano.