Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua, sono stati presentati i dati del Blue Book della Fondazione Utilitatis, realizzato in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e Istat e con il supporto di Utilitalia. Lo studio evidenzia come la gestione ottimale della risorsa idrica è un obiettivo imprescindibile per il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari ed ha impatti sociali, ambientali ed economici.

In Italia gli investimenti e la qualità del servizio idrico stanno migliorando: si stima, infatti, per il 2020-2021 un valore pro capite di 49 euro, un dato in aumento del 22% rispetto al 2017 (40 euro per abitante) e di oltre il 47% rispetto al 2012, anno dell’avvio della regolazione ARERA. A partire proprio dal 2012, dopo anni di instabilità, gli investimenti realizzati hanno registrato una crescita costante. Tuttavia, si tratta di un dato ancora molto lontano dalla media europea che è di circa 100 euro.

Un aspetto importante da considerare è quello delle gestioni in economia, ovvero quelle gestioni dove il servizio non è stato affidato a un gestore industriale ma è svolto direttamente dall’ente locale. In queste gestioni gli investimenti sono particolarmente bassi, stimati dall’osservatorio della Fondazione Utilitatis in 8 euro per abitante. Il dato ha un impatto negativo molto ampio in quanto sono più di 8 milioni le persone residenti in Comuni dove almeno un servizio tra quelli di acquedotto, fognatura e depurazione, è gestito direttamente dall’ente locale.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, però, potrebbe rivelarsi una grande opportunità, dal momento che destina alla Tutela del territorio e della risorsa idrica 4,4 miliardi di investimenti (di cui 3,5 miliardi per le aziende del servizio idrico integrato). Per il raggiungimento degli obiettivi indicati sono già stati finanziati su tutto il territorio nazionale 75 progetti di manutenzione straordinaria e di potenziamento e completamento delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura primaria, per un totale di 2 miliardi. Inoltre, sono già state assegnate risorse pari a circa 300 milioni di euro, dedicate alla riduzione delle perdite di rete e digitalizzazione delle infrastrutture nelle regioni del Sud Italia. La mancata attuazione e operatività dell’assetto del servizio idrico integrato derivante dal Decreto Sblocca Italia del 2014, rende però generalmente difficile giungere a una gestione efficiente del servizio, e mette a rischio il recepimento dei fondi del PNRR, proprio in quelle aree che ne trarrebbero maggiore beneficio per recuperare il ritardo con il resto del Paese.

Purtroppo, continuano a permanere ancora grandi differenze tra le aree del Paese. La stima degli investimenti realizzati dai gestori industriali nel biennio 2020-2021 è pari a 65 euro l’anno per abitante per il Centro, seguito dal Nord-Ovest (52 euro) e dal Nord-Est (48); decisamente più bassa la stima per il Sud, pari a 35 euro l’anno per abitante. La disparità nei livelli di investimento provoca delle differenze evidenti nella qualità del servizio. Tutti gli indicatori di performance mostrano valori peggiori al Sud: il dato relativo alla dispersione di acqua dalle reti (40% di media nazionale) risulta differenziato a livello geografico, con il Nord più virtuoso (32% di perdite) e il Sud meno (50% di perdite). L’importanza e la gravità di questo dato è confermata anche dalla analisi della destinazione degli investimenti realizzati, che mette in luce come l’obiettivo prioritario sia proprio il contenimento dei livelli di perdite idriche che assorbe quasi un terzo degli investimenti realizzati (32%).

Indicatore M1b perdite idriche percentuali

Fonte: Utilitatis, elaborazione su dati gestori RQTI

Nonostante alcune delle criticità del servizio accennate, in merito alla percezione della qualità del servizio, così come risulta nelle indagini di Istat relative al 2021, l’86% delle famiglie è risultato molto o abbastanza soddisfatto del servizio di fornitura di acqua potabile. Tuttavia, ancora una volta, le  differenze nelle diverse aree del Paese sono tante: sono molto o abbastanza soddisfatte circa il 92% delle famiglie residenti al Nord, l’84,1% nel Centro e l’82,4% nel Sud; mentre nelle Isole la percentuale scende a poco meno del 70%.

Il settore idrico è in continua evoluzione per migliorare la salvaguardia della risorsa idrica e garantirne il riuso grazie anche al ricorso alle nuove tecnologie, ma molto resta da fare. La sostenibilità ambientale è inscindibilmente legata al ciclo dell’acqua che, infatti, rappresenta pienamente il paradigma dell’economia circolare: la risorsa idrica, una volta prelevata e utilizzata, dopo gli opportuni trattamenti, deve essere restituita all’ambiente anche in altre forme. Inoltre, il cambiamento climatico in atto implica inevitabilmente la variazione della disponibilità della risorsa idrica.

In questo contesto, l’Italia si attesta come Paese a stress idrico medio, ma nonostante ciò, il consumo pro capite di acqua potabile si mantiene molto elevato, ovvero 236 litri per abitante al giorno nei Comuni capoluogo e Città metropolitane (Istat), contro una media europea di circa 125 litri (Euroeau). Questo comporta la necessità, nell’immediato, di garantire il diritto all’accesso all’acqua potabile e, al contempo, di definire e implementare strategie di lungo periodo che coinvolgano tutti i principali utilizzatori della risorsa (civili, industriali, agricoli) ai fini della sua tutela.