Nord Stream 2, sanzioni, embargo, rapporti con la Cina. Il conflitto russo-ucraino ha posto tanti interrogativi che riguardano il settore energetico a livello globale e acceso un serrato dibattito in cui si sovrappongono opinioni diverse. Ne abbiamo parlato con Professore Associato presso la University of Eastern Finland e fondatore della società di consulenza Balesene, che ci fornisce la sua chiave di lettura degli eventi di questi ultimi giorni.

Partiamo dall’inizio. Esiste qualche correlazione diretta fra il ritardo e la sospensione del processo di messa in funzione del gasdotto Nord Stream 2 con l’escalation del conflitto?

No, non c’è una correlazione. Al contrario, i dibattiti sorti sul nesso fra Nord Stream 2 e sicurezza appaiono futili e privi di logica. Nei fatti, le autorità russe non hanno atteso l’operatività del nuovo gasdotto per intraprendere l’azione militare in Ucraina. Sembra quasi che lo stesso tema della sicurezza sia stato disconnesso dagli interessi economici. Si può anche quasi immaginare che l’intero blocco economico del governo russo (Banca Centrale e Ministero dell’Economia e delle Finanze) non sia stato informato dei piani del Cremlino in materia di sicurezza. Se la Banca Centrale avesse saputo delle intenzioni di Putin, avrebbe certamente pensato a come diversificare gli asset russi localizzati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa. Invece, l’attività sanzionatoria dei paesi Occidentali non solo ha congelato questi asset, ma ha tolto alla Banca Centrale Russa la capacità di controbilanciare il collasso del rublo, crollato dell’80% dall’inizio di marzo. Un crollo a cui la cui svalutazione delle riserve monetarie non riesce a sopperire. Ancora, la Banca Centrale ha imposto tassi di interesse del 20% (!) senza neppure informare la stampa. Questo da contezza di come non sono stati tenuti in considerazione gli interessi economici, neppure quelli legati a Gazprom. Dopo tutto, il Nord Stream 2 non è un gasdotto necessario dal punto di vista tecnico per incrementare la capacità di trasporto verso l’Europa.  La Russia ha una sovracapacità in termini di export e di fatto anche il ruolo dell’Ucraina come paese di transito era già stato ridotto al minimo.

Che tipo di effetti prevede sul settore energetico russo nel breve e nel medio-lungo periodo a causa delle sanzioni?

Le sanzioni producono un effetto reale. Il più immediato è visibile sul settore dell’aviazione, dove le compagnie russe utilizzano Boing e Airbus attraverso contratti di leasing che ora sono stati cancellati. Questo minaccia l’intero settore russo. Anche se le compagnie non restituissero i velivoli, necessiterebbero di attrezzature e riparazioni, portando l’intero settore alla crisi. Le sanzioni tecnologiche nel campo dell’Oil and Gas, poi, si stanno rivelando particolarmente dure per la Russia. Le restrizioni ora si applicano a tecnologie che richiedono un supporto digitale e che solo un piccolo numero di compagnie americane possono offrire. Di recente, le compagnie russe hanno siglato nuovi contratti con controparti cinesi, ma per rispettarli avranno bisogno di sviluppare nuovi giacimenti. Tuttavia, visto che le tecniche di perforazione profonda non saranno disponibili a causa delle sanzioni, è verosimile ipotizzare che i russi non riscuriranno   a rispettare gli accordi. Inoltre, bisogna tener conto dei danni al settore che discendono dalla dipartita dalla Russia delle majors straniere nonché delle difficoltà di compagnie come Surgutneftegaz e Zarubezhneft ad allocare sul mercato i propri prodotti petroliferi. Chi vi è riuscito, è stato costretto a vendere il proprio petrolio circa 30 dollari al barile in meno rispetto al Brent.

Quali politiche sta introducendo la Russia per proteggere il proprio settore dagli effetti negativi delle sanzioni? Esiste qualche differenza fra petrolio e gas naturale?

Per ora le misure sono ancora in fase di elaborazione. Visto che l’intero blocco economico del governo non era pronto a questi sviluppi, i vari ministeri sono stati incapaci di calcolare i rischi e produrre le necessarie misure per ridurre gli effetti avversi. I rappresentanti russi stanno accusando l’Occidente di condurre una guerra economica e alcuni esperti, come Sergei Utkin dal think tank IMEMO, hanno scritto un articolo sul giornale russo Kommersant in cui si mettono in discussione tutte le misure implementate precedentemente dai ministri per modernizzare l’economia. Tuttavia, al momento, le misure sanzionatorie non stanno riguardando direttamente le esportazioni di petrolio e gas: queste ultime particolarmente necessarie per le casse dello Stato. Merita, fare però, una distinzione fra petrolio e gas. Nel caso del gas, vista la struttura dei contratti a lungo termine, paesi come Germania e Italia sono contrari a imporre un embargo, al fine di evitare effetti disastrosi per le economie europee.  Nel caso del petrolio, invece, la situazione è diversa: il greggio può essere facilmente trasportato da qualsiasi luogo e l’Europa potrebbe iniziare ad importare anche altre tipologie di petrolio, diverse da quello russo.

Come gestirà la Russia la propria relazione con i partner asiatici, ora che pare siano soltanto questi a voler instaurare rapporti nel lungo termine?

È difficile poterlo dire in questo momento. Il Giappone ha partecipato in parte alle sanzioni, ma le compagnie giapponesi non vogliono uscire velocemente dal progetto Sakhalin LNG, da cui importano gas. Le banche cinesi hanno avvertito che non aiuteranno le compagnie russe colpite dalle sanzioni, ma allo stesso tempo Pechino rimarrà altrettanto distante dall’Occidente. Al momento è complicato dire se la Cina sarà capace di approfittare della situazione economica per acquisire giacimenti petroliferi o gassiferi russi, o addirittura investire nel debito russo. Per ironia, mentre la Russia prova a diventare una grande potenza alla pari degli Stati Uniti, rischia di divenire il partner minoritario della Cina. Penso che questo non sia ciò che il Cremlino desideri oggi.